La tutela del rapporto tra madri detenute e figli minori

La tutela del rapporto tra madri detenute e figli minori

La maternità e l'infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti i bambini, nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale”. Articolo 25 Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, 1948

Mercoledi 8 Giugno 2022

Con 241 voti favorevoli e 7 contrari, la Camera dei deputati ha approvato, in prima lettura, la proposta di legge ( C. 2298-A e abb) che mira alla promozione del modello delle case famiglia escludendo che detenute madri e figli di età inferiore agli anni sei, restino reclusi in un istituto carcerario.

In particolare, la proposta di legge reca “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e alla legge 21 aprile 2011, n. 62, in materia di tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori”, introducendo:

- modifiche alla disciplina riguardante le misure cautelari (artt. 275 e 285 bis c.p.p.) e le modalità esecutive delle stesse (art. 293 c.p.p.), finalizzate ad evitare l'applicazione della misura cautelare in carcere per le madri con figli di età inferiore agli anni sei ( ovvero del padre per le ipotesi di decesso della madre o per altro impedimento) e prevedendo la possibilità - per le ipotesi di esigenze cautelari di particolare rilevanza – che il giudice disponga la custodia cautelare negli istituti a custodia attenuata per detenute madri (i cosiddetti ICAM).

A tal proposito ricordiamo che l'art. 275 c.p.p. prevede, al comma quarto, che quando l'imputata sia persona incinta o madre di prole di età non superiore a 6 anni con lei convivente, non può essere disposta né mantenuta la custodia in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza.

La proposta di legge interviene su questo comma eliminando qualsivoglia riferimento alle esigenze cautelari di eccezionale rilevanza e, con la modifica dell'art. 285 bis c.p.p., prescrivendo la sola custodia negli Icam anche nelle ipotesi più complesse. La Corte Costituzionale - nel dichiarare infondate le questioni di legittimità costituzionalele dell’art. 275, co. 4, c.p.p., sollevate, in riferimento agli artt. 3, 13, 24, 31 e 111 Cost., - con la sentenza n. 17 del 2017, ha sottolineato come il divieto di applicazione della misura cautelare carceraria, in presenza di minori di età inferiore agli anni sei, sia “frutto del giudizio di valore operato dal legislatore, il quale stabilisce che, nei termini e nei limiti ricordati, sulla esigenza processuale e sociale della coercizione intramuraria deve prevalere la tutela di un altro interesse di rango costituzionale, quello correlato alla protezione costituzionale dell'infanzia, garantita dall'art. 31 Cost”.

Per ciò che concerne l'art. 293 c.p.p. che disciplina le modalità esecutive delle misure cautelari, la proposta di legge introduce l'obbligo, per gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria incaricati di dare esecuzione alla misura cautelare, che rivelino la sussistenza di una delle ipotesi di divieto di applicazione della custodia in carcere, di cui al sopra richiamato quarto comma dell'art. 275 c.p.p., di darne atto nel verbale di arresto e di trasmetterlo contestualmente all'autorità che ha emesso il provvedimento, prima del trasferimento dell'arrestata nell'istituto di pena;

- intervenendo sull'istituto del rinvio dell'esecuzione della pena, estentendo il beneficio anche al padre di un minore che abbia meno di un anno (laddove la madre sia deceduta o impossibilitata a dare adeguata assistenza al figlio) e alla madre o al padre di un minore portatore di disabilità grave che abbia meno di tre anni;

- intervenendo sulla disciplina delle case famiglia protette, di cui alla legge n. 62 del 2011, prevedendo l'obbligo, ( non più la facoltà!), da parte del Ministro della Giustizia, di stipulare, con gli enti locali, idonee convenzione volte ad individuare le strutture presenti sul territorio da utilizzare come case famiglia protette privilegiando, in particolare, immobili di proprietà comunale e garantendo interventi mirati a favorire il reinserimento sociale delle detenute dopo aver espiato la pena detentiva. Ricordiamo che l'art. 4 della summenzionata legge n. 62, ha previsto l'istituzione di case famiglie protette, quali strutture residenziali destinate all'accoglienza di imputate/i genitori, in stato di gravidanza o con prole infraseienne nei cui confronti l'autorità giudiziaria abbia disposto gli arresti domiciliari presso tali strutture in alternativa alla propria abitazione, luogo di privata dimora o luogo pubblico di cura e di assistenza (art. 284 c.p.p.); madri e padri con prole di età inferiore agli anni dieci, ammessi alla detenzione domiciliare, ex art. 47-ter o alla detenzione speciale, ex art. 47-quinquies.

L'articolo 4 viene, in buona sostanza, modificato attraverso l'eliminazione della clausola “senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”, con ciò prescrivendo il finanziamento pubblico territoriale per l'eventuale realizzazione di case famiglia protette. Il comma 2, aggiungendo il nuovo comma 1-bis all’articolo 5 della legge n. 62 , prevede che alla copertura degli oneri derivanti dalla realizzazione delle case famiglia protette, si provveda avvalendosi della disponibilità della cassa delle ammende di cui all’articolo 4 della legge 9 maggio 1932, n. 547, ente dotato di personalità giuridica che tra i suoi scopi ha il finanziamento di programmi di reinserimento in favore di detenuti ed internati, di programmi di assistenza ai medesimi ed alle loro famiglie e progetti di edilizia penitenziaria finalizzati al miglioramento delle condizioni carcerarie.

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