Il caso: La proprietà di diversi immobili tra cui uno adibito ad albergo ha convenuto in giudizio il Ministero degli Interni perché, a seguito di occupazione abusiva di massa dei locali, questo avrebbe omesso di procedere tempestivamente allo sgombero, provocando al proprietario un danno da lucro cessante ai sensi degli articoli 41 e 42 della Costituzione e dei Trattati istitutivi dell'Unione Europea, tenuto conto del fatto che in sede penale era stato richiesto e ottenuto il sequestro preventivo degli immobili che però tardava ad essere eseguito dall'autorità con conseguente danno del titolare del diritto di proprietà.
Il fatto illecito contestato ex art. 2043 c.c. è di natura omissiva in quanto grava sullo Stato l'obbligo giuridico d'impedire l'altrui illecito e soprattutto di adottare – in un tempo ragionevole – le necessarie misure per porvi fine secondo l'art. 1 L. 121/1981, l'art. 159 c. 2 D.lgs. 112/98, l'art. 1 del TULPS di cui al RD n. 773/1931 oltre che secondo il dettato degli articoli 55 e 380 c.p.p. sull'obbligo di garantire l'osservanza delle disposizioni del codice penale; ed infatti il sequestro preventivo dell'immobile costituisce una misura cautelare reale idonea a scongiurare l'aggravamento o il protrarsi della situazione consentendone lo sgombero e a tale scopo l'autorità amministrativa ha proprio il potere di emanare appositi provvedimenti di carattere anche coercitivo a tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica (art. 2 TULPS).
Nel caso di specie, però, dal provvedimento del Pubblico Ministero che aveva ordinato il sequestro nulla era stato fatto per il ripristino dello status quo ante e a tutela della legalità della situazione come anche disposto dal recente art. 11 del D.L. 14/2017: le forze di polizia incaricate essendo riconducibili al Ministero dell'Interno ai sensi degli articoli 12 e 15 delle disposizioni attuative del codice di procedura penale, si profila una conseguente responsabilità diretta ex art. 2043 c.c. del Ministero stesso in virtù del principio d'immedesimazione organica dei suoi funzionari.
Il lucro cessante è poi in re ipsa discendendo dalla perdita di disponibilità del bene la cui natura è fruttifera e dalla impossibilità – stante la permanente occupazione – di conseguirne l'utilità ricavabile, costituendo una presunzione di danno iuris tantum con la liquidazione dello stesso che può essere operata sulla base di sole presunzioni semplici con riferimento al cosiddetto danno figurativo qual è il valore locativo del bene usurpato (Cass. 16670/2016) determinato nella fattispecie attraverso la nomina di un CTU e con l'applicazione degli interessi come stabilito da Cassazione n. 1712/1995 dal giorno dell'occupazione a quello dell'effettiva liberazione.
In base alla pronuncia in commento c'è a questo punto legittimamente da chiedersi se il ragionamento giuridico espletato dal Tribunale di Roma possa essere applicato per analogia anche a un ipotetico ritardo nell'esecuzione di uno sfratto giudiziale con conseguente richiesta danni al Ministero di Giustizia.