Sinistro transfrontaliero occorso a cittadino italiano: giurisdizione, legittimazione passiva e diritto applicabile

Sinistro transfrontaliero occorso a cittadino italiano: giurisdizione, legittimazione passiva e diritto applicabile
Mercoledi 27 Aprile 2022

IL CASO

In data 31/10/2015 un cittadino italiano si trovava, quale pedone, su un marciapiede presso una pensilina ad una fermata autobus di Varsavia (Polonia), in attesa di prendere il bus, allorquando un cittadino polacco che si era messo alla guida di un’autovettura dopo aver assunto sostanze alcoliche e psicotrope, procedendo a velocità elevata in centro urbano (calcolata in 104 km/h), perdeva dopo un sorpasso il controllo del mezzo ed improvvisamente saliva sul marciapiede, travolgendo ed uccidendo il cittadino italiano ed altro pedone, cittadino polacco.

Il conducente del veicolo non prestava neanche soccorso ai pedoni travolti, allontanandosi dai luoghi e solo successivamente veniva identificato ed arrestato.

Il Tribunale di Varsavia in sede penale, dopo un’accurata ed approfondita istruttoria, condannava il predetto conducente per l’omicidio dei due pedoni, e la sentenza veniva riformata in peius nel giudizio d’appello, all’esito del quale l’imputato veniva condannato alla pena di otto anni di reclusione, con divieto di guidare veicoli a motore per un periodo di quindici anni.

I prossimi congiunti della sfortunata vittima, cittadino italiano, residenti a Catania, instauravano dinanzi al Giudice italiano la causa civile risarcitoria nei confronti della società mandataria per l’Italia dell’impresa assicurativa estera dell’autovettura investitrice, ex art. 153, comma I, C.d.A..

La società mandataria nel costituirsi in giudizio eccepiva:

  • il difetto di giurisdizione;

  • il difetto di legittimazione passiva;

  • in subordine, l’applicabilità, in ogni caso, del diritto sostanziale polacco.

Interveniva volontariamente in giudizio, ad adiuvandum, la società assicurativa polacca.

Gli attori richiedevano la concessione di una provvisionale ex art.5 L.102/2006.

Il Tribunale, sulle tre questioni pregiudiziali sollevate dalle società assicurative, invitava le parti a precisare le conclusioni provvedendo a decidere con la sentenza non definitiva qui in commento.

1 ^ questione: LA GIURISDIZIONE

La giurisdizione italiana trova conferma nella disciplina europea dettata dal regolamento cd. “Bruxelles Bis”. Ed infatti, per quanto concerne la giurisdizione e la competenza, il combinato disposto degli articoli 11 e 13 del Regolamento UE n.1215/2012 consente espressamente ai soggetti danneggiati da un sinistro transfrontaliero di agire giudizialmente in via diretta contro l'assicuratore straniero del veicolo responsabile dinanzi al proprio foro di residenza, qualora tale azione sia prevista dall’ordinamento nazionale.

In particolare l’art. 11 del Regolamento “Bruxelles I bis” (UE) n. 1215/2012, concernente la competenza giurisdizionale, stabilisce che “L’assicuratore domiciliato in uno Stato membro può̀ essere convenuto: a) davanti alle autorità̀ giurisdizionali dello Stato in cui è domiciliato; b) in un altro Stato membro, davanti all’autorità̀ giurisdizionale del luogo in cui è domiciliato l’attore qualora l’azione sia proposta dal contraente dell’assicurazione, dall’assicurato o da un beneficiario.

L’art. 13.2 prescrive che “le disposizioni di cui agli articoli 10, 11 e 12 sono applicabili all’azione diretta proposta dalla parte lesa contro l’assicuratore, sempre che tale azione sia possibile”.

La previsione di tale azione è contenuta negli artt. 151 e segg. del D.Lgs 209/2005.

2 ^ questione: LA LEGITTIMAZIONE PASSIVA

La questione della giurisdizione è strettamente connessa a quella della legittimazione passiva, sostanziale e processuale, dell’impresa mandataria per l’Italia.

La vittima di un sinistro può convenire in giudizio il mandatario designato dalla compagnia straniera assicuratrice del responsabile civile, essendo il mandatario titolare di una legittimazione passiva sostanziale, non limitata alla sola fase stragiudiziale.

Si è detto che l’azione diretta contro l’impresa mandataria è quella prevista dagli artt. 151 e segg. cda (vedasi in particolare la precisazione, diversamente ultronea, dell’art. 151 ultimo comma cda, secondo cui i danneggiati possono agire direttamente contro l’impresa di assicurazioni).

La legittimazione passiva dell’impresa mandataria si ricava, inequivocabilmente, anche dalla normativa comunitaria.

Ed invero l’art. 21 della Direttiva 2009/103/CE, rubricato “Mandatario per la liquidazione dei sinistri”, sancisce:

  • al comma 1° che “Il mandatario è incaricato della gestione e della liquidazione dei sinistri dovuti a incidenti nei casi di cui all’articolo 20, paragrafo 1.”, ossia nelle ipotesi di risarcimento delle persone lese in seguito a un sinistro avvenuto in uno Stato membro diverso da quello di residenza;

  • al comma 5° che “il mandatario per la liquidazione dei sinistri è dotato di poteri sufficienti a rappresentare l’impresa di assicurazione nei confronti delle persone lese nei casi di cui all’articolo 20, paragrafo 1, e a soddisfare interamente le loro richieste di indennizzo.”.

Alla medesima conclusione è pervenuta anche la Corte di giustizia dell'Unione Europea che, con la decisione del 10 ottobre 2013 (causa C-306/12, Spedition Welter), ha affermato che le norme sul mandatario vanno interpretate nel senso che questi è legittimato a ricevere gli atti di citazione "ai fini dell'introduzione di un procedimento per risarcimento di un sinistro dinanzi al giudice competente".

Ancora, con la recente sentenza del 27 febbraio 2020 la Corte di giustizia dell'Unione Europea (Ottava Sezione) ha statuito che “l’articolo 152, paragrafo 1, della direttiva 2009/138, letto in combinato disposto con l’articolo 151 di quest’ultima e con il considerando 8 del regolamento n. 1393/2007, deve essere interpretato nel senso che la designazione, da parte di un’impresa di assicurazione non vita, di un rappresentante nello Stato membro ospitante include altresì la legittimazione di tale rappresentante a ricevere l’atto introduttivo di un giudizio in materia di risarcimento per un incidente stradale ”.

D’altronde, l’esclusione della legittimazione passiva, anche processuale, del rappresentante, violerebbe gli obiettivi perseguiti dall’ art. 151, paragrafo 1, della direttiva 2009/138 di prevenire qualsiasi discriminazione nei confronti dei soggetti che presentano una domanda di risarcimento e dall’articolo 152 della medesima direttiva, ossia di garantire un efficace risarcimento delle vittime di incidenti stradali.

3 ^ questione: IL DIRITTO SOSTANZIALE APPLICABILE

Questione indubbiamente complessa è l’individuazione del diritto sostanziale applicabile.

Il regolamento CE n. 864/2007 (Roma II) art. 4, comma 1, prevede che: “Salvo se diversamente previsto nel presente regolamento, la legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali che derivano da un fatto illecito è quella del paese in cui il danno si verifica, indipendentemente dal paese nel quale è avvenuto il fatto che ha dato origine al danno e a prescindere dal paese o dai paesi in cui si verificano le conseguenze indirette di tale fatto”.

Il criterio di collegamento utilizzato dal legislatore comunitario in materia di risarcimento del danno extracontrattuale è quindi quello della lex loci damni, ossia del luogo in cui si verifica il danno per il quale si agisce in giudizio, non assumendo rilevanza alcuna quello in cui è avvenuto il c.d. fatto lesivo, ossia il fatto che ha dato origine a tale danno (nel caso in esame il sinistro del 31/10/2015 avvenuto in Varsavia, Polonia).

Ciò premesso, la Corte di giustizia dell’Unione europea del 10 dicembre 2015, così si è espressa:

  • Il danno di cui occorre tener conto, per determinare il luogo in cui esso si verifica, è il danno diretto, come risulta dal considerando 16 del citato regolamento.

  • il paese del luogo in cui il danno diretto si verifica è quello del luogo in cui è stata subita la lesione alla sfera personale o si è verificato il danno patrimoniale.

  • Quanto alle lesioni subite dai congiunti della vittima, queste devono essere considerate come conseguenze indirette dell'incidente di cui al procedimento principale, ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento Roma II.

Ci si permette di sottoporre a critica quest’ultimo enunciato, per una costruttiva revisione, re melius perpensa.

A nostro sommesso avviso, infatti, l’assunto di cui sopra, che muove da premesse corrette, è tautologico ed anche il successivo rinvio operato dalla Corte di Giustizia in parte motiva all'articolo 15, lettera f), del citato regolamento, per confermare tale interpretazione, resta un enunciato privo di motivazione, poiché tale norma si limita a precisare che “la legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali, a norma del presente regolamento, disciplina in particolare….lett. f) i soggetti aventi diritto al risarcimento del danno personalmente subito.

Ma proprio questo è il punto dirimente, i prossimi congiunti della vittima deceduta che agiscano per il risarcimento del danno parentale subito iure proprio, non subiscono un danno meramente riflesso/indiretto.

Sul punto, per una corretta qualificazione della nozione di danno diretto di cui all’art. 4, comma 1, del reg.UE “Roma II”, è doveroso il richiamo all’ordinanza n.7748 del 08/04/2020 con cui la Corte di Cassazione civile, sez. III, nell’esercizio della sua funzione nomofilattica, al fine di garantire l'esatta osservanza e interpretazione della legge, ha riconosciuto dignità e rilevanza (nel caso di macroleso) ai danni non patrimoniali patiti dai prossimi congiunti della vittima di un incidente stradale, precisando che trattasi di DANNI DIRETTI DERIVANTI DA UN FATTO ILLECITO PLURIOFFENSIVO.

Il danno parentale (comprensivo del pregiudizio morale e biologico), costituisce certamente una conseguenza diretta del sinistro mortale, che si è per certo verificato non già in Polonia, ma in Italia, cioè nel luogo ove vivono i prossimi congiunti: qui, infatti, questi ultimi hanno patito il dolore e la privazione della perdita, essendo irrilevante che il sinistro che ha causato la medesima e la morte del cittadino italiano sia avvenuto all’estero

Il precedente della Corte di giustizia datato 2015 non tiene conto, dunque, dell’evoluzione giurisprudenziale (anche in Italia prima si faceva riferimento, ma del tutto erroneamente, al concetto di “danno riflesso”).

In ogni caso (ed è questa la domanda accolta dal Tribunale di Catania), ove si ritenesse applicabile alla fattispecie controversa la legge sostanziale polacca (sulla base dell’asserto che in Polonia la vittima ha riportato le ferite mortali che hanno portato al suo immediato decesso) dovranno, in ogni caso, restare salve le deroghe espressamente previste dalla normativa comunitaria ed interna a tutela dell’ordine pubblico del foro (italiano) e delle relative norme ad applicazione necessaria e di rilievo costituzionale.

Gli attori avevano infatti eccepito in via subordinata la totale assenza nel sistema giuridico polacco di appropriati criteri di riferimento atti a determinare il danno non patrimoniale da essi concretamente patito e quindi l’incompatibilità della legge polacca con l’ordine pubblico del foro, a fronte di un criterio equitativo suscettibile di esiti totalmente arbitrari, inidoneo nel nostro ordinamento a tutelare diritti individuali privilegiati, costituzionalmente garantiti.

LA DECISIONE

Il Tribunale di Catania (Estensore Presidente Dott. Francesco Cardile, tirocinante dott.ssa Marta Biondi), con la sentenza non definitiva in rassegna ha riconosciuto la sussistenza della giurisdizione italiana, la legittimazione passiva dell’impresa mandataria per l’Italia, l’applicabilità del diritto sostanziale polacco e, con separata ordinanza, ha liquidato una provvisionale in favore dei prossimi congiunti della vittima ex art. 5 L.102/2006 ed ammesso la CTU medico-legale e la prova per testi volta a personalizzare la liquidazione dei danni non patrimoniali.

In riferimento alla giurisdizione il Tribunale ha fondato il proprio ragionamento sull’interpretazione teleologica delle disposizioni comunitarie, riconoscendo al danneggiato, ancorché non contraente, assicurato o beneficiario del contratto di assicurazione, il diritto di agire nei confronti dell’assicuratore dinanzi al giudice del luogo di proprio domicilio.

Ha richiamato la pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 13 dicembre 2007 n. 463, che così recita: “l’applicazione di detta regola sulla competenza all’azione diretta della persona lesa non può dipendere dalla sua qualifica quale beneficiario ai sensi dell’art. 9, n. 1, lett. b) del regolamento n. 44/2001, poiché il rinvio a tale disposizione, operato dall’art. 11 n. 2 del regolamento medesimo, consente di estendere la norma sulla competenza a tali controversie al di là dell’inquadramento dell’attore in una delle categorie previste da detta disposizione; (…) infatti, negare alla vittima il diritto della vittima ad agire dinanzi al giudice del luogo del proprio domicilio la priverebbe di una tutela identica a quella che tale regolamento concede alle altre parti considerate deboli nelle controversie in materia assicurativa e si porrebbe, dunque, in contrasto con la sua ratio”.

Ha perspicuamente evidenziato come tale interpretazione trovi conferma, inoltre, nel disposto della direttiva 2000/26 in materia di assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli, come modificata, dopo l’entrata in vigore del regolamento n. 44/2001, dalla direttiva 2005/14; mediante la stessa, infatti, il legislatore comunitario, dopo aver previsto, all’art. 3, l’attribuzione, nei sistemi giuridici degli Stati membri, di un diritto di azione diretta della vittima nei confronti dell’impresa di assicurazione, ha espressamente fatto riferimento al considerando 16-bis, all’art. 9, n. 1, lett b), e all’art. 11, n. 2, del regolamento n. 44/2001, al precipuo fine di evocare il diritto della persona lesa di agire nei confronti dell’assicuratore dinanzi, per l’appunto, al giudice del luogo in cui è domiciliata.

In riferimento alla legittimazione passiva dell’impresa mandataria, richiamando le pronunzie della Corte di Cassazione, sez. III, nn. 10124/2015 e 29352/2019, leading case in materia, ha applicato il principio di diritto secondo cui in tema di risarcimento del danno derivante da incidente stradale avvenuto all’estero, la vittima del sinistro può convenire in giudizio il “mandatario per la liquidazione dei sinistri” designato dalla compagnia straniera assicuratrice del responsabile civile, essendo quest’ultimo titolare di una legittimazione passiva sostanziale, non limitata alla fase stragiudiziale.

Tale conclusione è stata fondata su considerazioni di carattere sia interno (Cass. civ., sez. III, 10124/2015), che comunitario (Cass., civ., sez. III, 29352/2019).

Quanto alle prime, si è rammentato che:

a) l’art. 153, comma 1, cod. ass., nell’attribuire alla vittima il diritto di richiedere il risarcimento del danno al mandatario designato nel territorio della Repubblica, attribuisce un diritto sostanziale, che, nel nostro ordinamento, implica il potere di agire in giudizio a tutela di quel diritto;

b) il mandatario è un rappresentante sostanziale del mandante, com’è provato dal fatto che il pagamento del risarcimento, quale adempimento di un obbligo altrui, ha efficacia liberatoria per il responsabile civile ed il suo assicuratore, sicchè (la Corte dichiara) “egli ha necessariamente il potere rappresentativo processuale, attivo e passivo” (Cass. civ., sez. III, 10124/2015);

c) la negazione della possibilità di convenire in giudizio il mandatario da parte della vittima significherebbe svuotare di qualsivoglia significato l’art. 152 cod. ass..

Quanto, poi, alle considerazioni di carattere comunitario, ad avviso del Tribunale a corroborare la ricostruzione della Cassazione vi è l’impiego dei c.d. criteri interpretativi dell’effetto utile e dell’effetto necessario.

In riferimento, infine, al diritto sostanziale applicabile il Tribunale etneo ha premesso che la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza del 10 dicembre 2015, resa nella causa n. C-350/14, Florin Lazar contro Allianz S.p.A., ha statuito che “quanto alle lesioni subite dai congiunti della vittima, queste devono essere considerate come conseguenze indirette dell’incidente di cui al procedimento principale”.

Ebbene, secondo il Tribunale decidente, tale assunto resiste alla considerazione secondo cui nel diritto italiano la lesione subita dal congiunto fa sorgere in capo ai parenti della vittima un danno non riflesso, ma autonomo e diretto, sulla base dell’assunto che assume rilievo l’intenzione del legislatore comunitario di assicurare la prevedibilità della legge applicabile, “evitando il rischio che il fatto illecito sia scomposto in più parti soggette ad una legge differente a seconda dei luoghi in cui i soggetti diversi dalla vittima diretta subiscono danni” (Corte di giustizia UE, sez. IV, 350/2015).

Tuttavia il Tribunale etneo ha applicato il diritto sostanziale italiano in forza della clausola di salvaguardia ex art. 16 Legge 218/1995 ed art. 26 Regolamento CE, c.d. Roma II, n. 864/2007 (secondo cui “l’applicazione di una norma della legge di un paese designata dal presente regolamento può essere esclusa solo qualora tale applicazione risulti manifestamente incompatibile con l’ordine pubblico del foro”), ritenendo la contrarietà all’ordine pubblico del Foro di una riparazione del torto morale rimessa ai liberi intendimenti del giudice, senza alcun parametro oggettivo di riferimento, come avviene in Polonia.

Pertanto, ha espresso i seguenti principi di diritto:

  • il principio cui occorre rifarsi per liquidare il danno non patrimoniale riguarda, agli effetti del diritto internazionale privato, l’ordine pubblico; esso è inteso quale complesso dei principi fondamentali caratterizzanti l'ordinamento interno in un determinato periodo storico o fondati su esigenze di garanzia, comuni ai diversi ordinamenti, di tutela dei diritti fondamentali dell'uomo, in guisa da impedire l’ingresso nell’ordinamento italiano della norma straniera che vi contrasti. In ossequio a tale criterio la Suprema Corte di Cassazione ha divisato che “esso è ostativo all'applicazione nell'ordinamento italiano dell'art. 1327 ABGB (codice civile austriaco), che limita il risarcimento in favore dei congiunti di persone decedute a seguito di fatto illecito al solo danno patrimoniale ed esclude la risarcibilità del danno cosiddetto parentale, venendo in rilievo l'intangibilità delle relazioni familiari, ossia un valore di rango fondamentale, riconosciuto anche dall'art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e dall'art. 7 della Carta di Nizza, per il quale il risarcimento rappresenta la forma minima ed imprescindibile di tutela" (Cass. civ. sez. III, 19405/2013; Cass. civ. sez. III, 10321/2018).

  • la risarcibilità del danno morale da morte del congiunto è principio di ordine pubblico internazionale, poiché attiene, per l’appunto, alla tutela dei diritti fondamentali della persona nell’ambito della famiglia;

  • l’analisi condotta nel 2016 dal Gruppo Europa- Osservatorio Milano, nel comparare la situazione vigente nei diversi Stati membri in tema di liquidazione dei danni risarcibili ai congiunti in caso di decesso istantaneo della vittima primaria in incidente stradale, ha omesso l’indicazione di dati relativi alla Polonia, stante la variabilità delle liquidazioni previste in base alla giurisprudenza locale, ulteriormente aggravata dai non infrequenti casi di rigetto della domanda di risarcimento del danno parentale, pur nella giurisprudenza successiva (circostanza che ha indotto il legislatore polacco, con la recente riforma del codice civile entrata in vigore il 19 settembre 2021, a modificare l’art. 446 introducendo l’esplicito riferimento, prima mancante, al “rapporto familiare”, così elevandolo a titolo giuridico della pretesa risarcitoria);

  • le tabelle del Tribunale di Milano, pur non essendo fonte di diritto che il giudice è tenuto a conoscere in virtù del potere di qualificazione giuridica dei fatti, integrano il diritto vivente se acquistano la valenza di determinazione del danno non patrimoniale (così Cass. civ., sez. III, 33005/2021).

  • il criterio risarcitorio è, in assonanza con quanto richiesto dal diritto polacco, pur sempre di ordine equitativo ma, essendo offensivamente coinvolto un diritto costituzionale privilegiato, tra l’altro, dall’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dall’art. 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, il suo esercizio deve tenere conto dei consolidati criteri tabellari per il danno rappresentato dalla perdita del rapporto parentale e non può essere arbitrario.

Allegato:

Tribunale Catania Sentenza non definitiva n.1511 2022

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