Mentre il diritto al sepolcro iure hereditario è acquistabile secondo le norme del diritto ereditario, la prerogativa sepolcrale originata iure sanguinis rappresenta una prerogativa personale di carattere reale, imprescrittibile e irrinunciabile, non trasmissibile, né inter vivos né mortis causa, che nasce per volontà dell'originario fondatore (o, in mancanza, in ragione del legame di sangue con quello) e si estingue con il decesso del titolare, salva la trasformazione del sepolcro, al momento della sopravvivenza dell'ultimo legittimato, da sepolcro gentilizio in sepolcro ereditario.
Mercoledi 28 Aprile 2021 |
Con ordinanza n. 8020 del 23 marzo 2021, la Sesta Sezione Civile della Cassazione ha statuito che nell'ipotesi di sepolcro gentilizio, qualora manchi apposita disposizione da parte del fondatore del medesimo, lo ius sepulchri spetta a tutti i suoi discendenti o, in mancanza, ai parenti più stretti e ciò in quanto il sepolcro familiare è acquistabile solo sulla base dell'esistenza di un legame familiare con il fondatore, determinandosi tra i vari titolari una comunione indivisibile che esclude ogni potere di disposizione del diritto da parte di taluni soltanto di essi ed anche del medesimo fondatore, così come il potere di alcuno dei titolari di vietare, consentire, o condizionare l’esercizio dello ius inferendi in sepulchrum spettante agli altri contitolari (1).
Il diritto primario al sepolcro (2) si esplicita nel diritto ad essere seppelliti (3) o di seppellire altri in un dato sepolcro (ius inferendi mortuum in sepulchrum). Il diritto secondario, invece, nella facoltà di visitare liberamente l'edificio funerario nel quale sia inumata o tumulata la salma di un proprio congiunto o di un proprio dante causa, nell'ipotesi di sepolcro ereditario.
Nella vicenda sottoposta all'esame della Suprema Corte, il ricorrente conveniva in giudizio i figli del fondatore per chiedere il risarcimento dei danni subiti per avergli impedito la tumulazione della salma della madre nel sepolcro di famiglia, essendo ella nuora della sorella del capostipite.
La Corte d'Appello, in linea con quanto deciso dalla sentenza di primo grado, ribadiva che la madre dell'attore non avesse alcuna priorità, rispetto ad altri, di essere tumulata nella tomba de quo, in quanto non titolare di alcun rapporto di consanguineità con il fondatore, non avendo l'attore dimostrato la sopravvivenza della sorella del fondatore a tutti i fratelli e, perciò, in assenza della prova dell'avvenuta trasformazione dell'originario sepolcro gentilizio in sepolcro ereditario.
Il ricorrente censurava la sentenza – per violazione dell'art. 71 del R.D. n. 1880/42; dell'art. 93 del d.P.R. n. 803/75; dell'art. 94 del d.P.R. n. 285/90 – eccependo la violazione delle disposizioni in tema di polizia mortuaria, per avere la Corte d'Appello erroneamente condizionato il diritto della madre defunta di essere tumulata nel sepolcro familiare alla prova della premorienza di tutti i fratelli della sorella del fondatore del sepolcro e per non aver considerato il legame di familiarità con il fondatore.
La Cassazione ha ritenuto i motivi non fondati ed ha rigettato il ricorso.
Il Collegio ha evidenziato, rifacendosi ad un consolidato orientamento giurisprudenziale (4) che lo ius sepulchri origina da una duplice fonte di legittimazione, vale a dire il sepolcro gentilizio ed il sepolcro ereditario. Il primo è acquistabile solo qualora alla base del rapporto con il fondatore, vi sia familiarità: esso è imprescrittibile, irrinunciabile, intrasmissibile, sia inter vivos che mortis causa e si estingue con il decesso del titolare, a meno che l'ultimo legittimato non lo trasformi in sepolcro ereditario.
Dunque, l'appartenenza alla famiglia, è presupposto indispensabile per acquisire il diritto alla sepoltura, a meno che il fondatore non abbia disposto diversamente. Il sepolcro ereditario, invece, si trasmette nei modi ordinari, per atto inter vivos o mortis causa, dall'originario titolare, anche a persone non facenti parte del proprio nucleo familiare.
A parere della Corte, dunque, il giudice d'appello ha correttamente “escluso il diritto della madre dell'odierno ricorrente ad essere sepolta nella tomba di famiglia, atteso che il corrispondente diritto della sorella del fondatore si estinse con la sua morte ( e la sua tumulazione nel sepolcro gentilizio familiare), senza alcuna possibilità che la madre del ricorrente potesse averne ricevuto la titolarità iure haereditario”. Il giudice di merito aveva, infatti, contestato la mancata prova della premorienza dei fratelli della suocera della madre del ricorrente, motivo per cui non si poteva ritenere che il sepolcro fosse stato trasformato da gentilizio in ereditario, con il consequenziale trasferimento del diritto ad essere ivi tumulati in capo agli eredi della predetta.
Prosegue la decisione: “la nozione di famiglia rilevante ai fini dell'attribuzione dello ius sepulchri d'indole gentilizia, debba ritenersi convenientemente circoscritta, in mancanza di specifiche disposizioni del fondatore, allo stretto nucleo familiare di quest'ultimo, ossia ai suoi discendenti, ovvero, in mancanza, ai suoi consanguinei più prossimi (l'organico nucleo familiare, strettamente inteso, cui apparteneva il defunto al momento della morte), senza indebite e incontrollate estensioni a linee ulteriori di consanguineità”.
In conclusione, per la Corte, in mancanza della:
dimostrazione dell'avvenuta trasformazione del sepolcro, da gentilizio in ereditario;
titolarità, in capo alla madre del ricorrente, del diritto primario al sepolcro familiare;
avvenuta trasmissione per via ereditaria dello ius sepulchri della suocera della madre dell'attore,
nessun diritto in capo a quest'ultima può dirsi sorto, “con la conseguente insussistenza delle ragioni poste dall'originario attore a fondamento della domanda proposta in questa sede”.
Il ricorso è stato rigettato, unitamente alla richiesta di risarcimento danni.
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Note
1. Cfr. Cassazione Civ., 27/1/1986, n. 519; Cassazione Civ. 4/5/1982, n. 2736.
2. L'art. 92 del d.P.R. n. 285/1990, stabilisce che le concessioni cimiteriali sono rilasciate a tempo determinato e comunque non superiore a 99 anni, salvo rinnovo, secondo le modalità stabilite nel Regolamento comunale. Quelle di durata, eventualmente, superiore possono essere revocate trascorsi 50 anni dalla tumulazione dell'ultima salma in caso di mancanza di disponibilità di posti all'interno dell'area cimiteriale. La disposizione trova consenso anche nella giurisprudenza: nella sentenza n. 797/2016, del Tar Basilicata, Sezione I, si sottolinea che l'eventuale norma di un Regolamento comunale il quale preveda l'estinzione delle concessioni perpetue a seguito di estumulazione della salma, non contrasta con il summenzionato art. 92 ed è in perfetta linea con il principio di corrispondenza tra estinzione della concessione ed estumulazione, ex art. 86 d.P.R. n. 285/1990.
3. Consiglio di Stato, Sez., V, n. 4922/2014, “il diritto sul sepolcro già costituito nasce da una concessione da parte dell’autorità amministrativa di un’area di terreno o di porzione di edificio in un cimitero pubblico di carattere demaniale (art. 824 c.c.) e tale concessione, di natura traslativa, crea a sua volta nel privato concessionario un diritto di natura reale (suscettibile di trasmissione per atti inter vivos o mortis causa) e perciò opponibile iure privatorum agli altri privati, assimilabile al diritto di superficie”.
4. Si veda, da ultimo, l'ordinanza n. 17122 del 26.06.2018.
Cassazione civile ordinanza n.8020 2021