Il secondo contratto preliminare prevale sul precedente di segno opposto.

Il secondo contratto preliminare prevale sul precedente di segno opposto.

Nel caso di successione nel tempo di contratti preliminari è il contenuto dell’ultimo a prevalere tranne, nel caso in cui le parti stipulanti abbiano espressamente previsto per iscritto la validità di alcuni punti contenuti nel precedente contratto quando lo stesso abbia ad oggetto beni immobili.”

Questo è quanto ribadito dal Tribunale di Teramo con sentenza n. 1064/2019.

Lunedi 25 Novembre 2019

La vicenda prende le mosse a partire dalla sottoscrizione di due contratti preliminari di compravendita, aventi ad oggetto un bene immobile, originariamente adibito a cinema, sito in Sant’Egidio alla Vibrata (TE).

Parte attrice, promittente venditrice, chiedeva la pronuncia di una sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. per ottenere giudizialmente l’atto di trasferimento del bene a fronte del prezzo pattuito, atto mai concluso. Questo perché si riteneva non rispettato il secondo contratto preliminare.

Parte convenuta, promittente acquirente, eccepiva che si dovesse fare riferimento al primo dei due contratti preliminari di compravendita, non al secondo, e che, oltretutto, tale primo contratto conteneva una condizione risolutiva non soddisfatta che di conseguenza lo rendeva privo di efficacia.

In particolar modo la condizione risolutiva, a cui parte convenuta faceva riferimento, era la mancata approvazione entro un termine di un Accordo di Programma da parte del Comune.

Per maggior chiarezza non si può non sottolineare che il contratto preliminare, anche detto “compromesso”, è un contratto tramite il quale i contraenti si obbligano alla conclusione di un successivo contratto detto definitivo. Se una delle due parti non adempie a tale obbligo, evitando di concludere il contratto di trasferimento definitivo o ne ritarda la conclusione, allora l’altra parte potrà rivolgersi ad un Giudice chiedendo che lo stesso emetta sentenza ex art. 2932 c.c., ovvero che si emetta una sentenza che produca gli stessi effetti che avrebbe prodotto il contratto definitivo non concluso.

Leggendo l’art. 2932 comma 1 c.c. in esso si dispone che “se colui che è obbligato a concludere un contratto non adempie l’obbligazione, l’altra parte qualora sia possibile e non sia escluso dal titolo, può ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso. (…)”.

Nel caso concreto parte convenuta eccepiva che fosse il primo contratto preliminare a regolare il rapporto e che lo stesso contenesse una condizione mai realizzatasi, condizione, invece, non contemplata nel secondo contratto preliminare.

Questo dubbio non può che risolversi a vantaggio del contratto stipulato nel momento successivo, dal quale si presume la volontà attuale delle parti stesse. Infatti, se le parti hanno raggiunto due accordi diversi sullo stesso problema e questi risultano pattuiti in momenti successivi, il secondo, ovvero il più recente ed attuale, sarà quello a cui fare riferimento.

A conforto di questa tesi si è più volte espressa la Cassazione che ha chiarito che “la presunzione di conformità del nuovo accordo alla volontà delle parti, può essere vinta soltanto dalla prova di un accordo posto in essere dalle stesse parti contemporaneamente alla stipula del successivo definitivo dal quale risulti che altri obblighi o prestazioni siano sopravvissute.” (Cass. n. 6223/18, Cass. n. 20541/17).

Nel caso concreto il suddetto contestuale accordo scritto che riproducesse la condizione risolutiva dal primo preliminare al secondo non c’era e non è stato provato.

Quindi per il principio della successione nel tempo del contratto, è stato preso a riferimento il secondo e successivo contratto preliminare nel quale non era presente la clausola risolutiva espressa.

In coerenza con quanto sopra descritto il Tribunale di Teramo ha emesso sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. determinando forzosamente il trasferimento del bene immobile in capo a parte convenuta, condannando la stessa al risarcimento del danno da inadempimento contrattuale pari ad € 50000,00 ed interessi, oltre al residuo prezzo pari ad € 170000,00.

Per la stima del valore del bene oggetto di causa il Giudice ha fatto riferimento ai valori O.M.I. ovvero la banca dati sulle quotazioni immobiliari dell’Agenzia delle Entrate. Le spese legali e di lite sono state accollate alla parte convenuta soccombente, comprensive di spese generali, I.V.A. e C.P.A. .

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