Risarcimento danni RCA: spetta al convivente della madre della vittima?

Risarcimento danni RCA: spetta al convivente della madre della vittima?

Con la sentenza n. 8037 del 21 aprile 2016, la Corte di Cassazione esamina la questione del risarcimento del danno non patrimoniale in favore del convivente della madre della vittima.

Martedi 3 Maggio 2016

Il caso: in seguito ad un sinistro stradale perde la vita M.; la madre, il fratello, il convivente della madre e lo zio convengono in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma il responsabile del sinistro, D.L.A., e il suo assicuratore della r.c.a., ovvero la società FATA s.p.a., chiedendone la condanna al risarcimento dei danni rispettivamente patiti.

Il Tribunale accoglie la domanda, mentre in grado di appello la Corte territoriale riduce l'importo del risarcimento in favore di alcune delle parti attrici.

La sentenza d'appello viene impugnata per cassazione dalla FATA s.p.a, che censura, fra l'altro, la sentenza nella parte in cui ha accordato il risarcimento del danno non patrimoniale da uccisione di un congiunto a P., convivente della madre, in violazione dell'art. 2059 c.c. il quale consente il risarcimento del danno non patrimoniale nei soli casi previsti dalla legge.

Infatti P. non era nè padre, nè convivente della vittima: infatti egli ha allegato di essere compagno di fatto della madre della vittima, e pertanto in tale veste, egli non ha titolo per pretendere il risarcimento del danno non patrimoniale in conseguenza della morte del figlio della propria compagna.

La Corte di Cassazione ritiene fondato il motivo di doglianza del ricorrente osservando quanto segue:

1) Il danno non patrimoniale consiste nella violazione di interessi della persona non suscettibili di valutazione economica (Sez. U, Sentenza n. 26972 del 11/11/2008, Rv. 605489). Pertanto, in applicazione della regola ricordata al precedente, in tanto sarà ipotizzabile un danno non patrimoniale risarcibile, in quanto:

(a) sia stato leso un interesse non patrimoniale della persona;

(b) l'interesse leso sia "preso in considerazione" dall'ordinamento.

2) la Corte d'appello ha erroneamente ritenuto che la persona che convive more uxorio con la madre di persona deceduta per colpa altrui abbia diritto, per ciò solo, al risarcimento del danno non patrimoniale sofferto in conseguenza dell'uccisione; ciò contrasta con i principi che regolano il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale di cui all'art. 2059 c.c., ed in particolare contrasta col principio sub (b) sopra richiamato.

3) la Corte d'appello infatti ha ritenuto sufficiente l'esistenza di una relazione more uxorio tra P. e la madre della vittima, relazione che invece è di per sè irrilevante ai fini del riconoscimento del risarcimento del danno non patrimoniale per la perdita della diversa relazione tra lo stesso P. e il figlio della compagna.

4) in teoria è ammissibile che tra il figlio d'una donna che abbia una relazione more uxorio e il compagno della madre possano crearsi vincoli affettivi anche profondi, ma quel che rileva ai fini del risarcimento del danno non patrimoniale da rottura d'un vincolo affettivo non è la mera esistenza di quest'ultimo, ma la sua rilevanza giuridica.

5) il rapporto affettivo tra il figlio del partner e il compagno del suo genitore può dirsi rilevante per il diritto quando si inserisca in quella rete di rapporti che sinteticamente viene qualificata come famiglia di fatto; solo in questo caso, infatti, può dirsi costituita una "formazione sociale" ai sensi dell'art. 2 Cost., come tale meritevole di tutela anche sotto il profilo risarcitorio.

6) una famiglia di fatto, non sussiste solo perchè delle persone convivono: la sussistenza di essa può desumersi solo da una serie cospicua di indici presuntivi, quali il tempo vissuto insieme, la qualità delle relazioni, nonchè l'assunzione concreta, da parte del genitore de facto, di tutti gli oneri, i doveri e le potestà incombenti sul genitore de iure;

7) di conseguenza la Corte di Cassazione cassa sul punto la sentenza impugnata, in applicazione del seguente principio di diritto: “La sofferenza provata dal convivente more uxorio, in conseguenza dell'uccisione del figlio unilaterale del partner, è un danno non patrimoniale risarcibile soltanto se sia dedotto e dimostrato che tra la vittima e l'attore sussistesse un rapporto familiare di fatto, che non si esaurisce nella mera convivenza, ma consiste in una relazione affettiva stabile, duratura, risalente e sotto ogni aspetto coincidente con quella naturalmente scaturente dalla filiazione”.

8) alla luce del suddetto principio, il giudice dovrà accertare in concreto se la persona che domanda il risarcimento abbia concretamente assunto il ruolo morale e materiale di genitore, ad esempio dimostrando di avere condiviso con la compagna le scelte educative nell'interesse del minore, ovvero di avere contribuito a fornirle i mezzi per il mantenimento del figlio.

Testo della sentenza n. 8037

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