La misura dell'interdizione legale non può essere imposta al soggetto ancorché costui abbia già rifiutato l'amministrazione di sostegno
Commento alla Sentenza del Tribunale di Udine n. 435 del 25 marzo 2017
Venerdi 16 Giugno 2017 |
Il Pubblico Ministero chiedeva al Tribunale, in composizione collegiale, ai sensi degli articoli 414 e ss. c.c. e 712 e ss. c.p.c., dichiararsi l'interdizione di una signora affetta da grave malattia mentale e ritenuta inadeguata alla più tenue misura dell'amministrazione di sostegno, cui peraltro era già stata sottoposta da oltre otto anni, in quanto la stessa era risultata fortemente ostile ai vari amministratori di sostegno via via succedutesi.
Pur contumace nel giudizio, la beneficiaria compariva alla prima udienza accettando di essere sottoposta a CTU psichiatrica disposta dal Tribunale all'esito della quale il perito nominato, pur riconoscendone l'abituale infermità di mente con conseguente incapacità, ha comunque ritenuto più opportuno, per la tutela della stessa, l'istituto dell'amministrazione di sostegno.
Il Tribunale, facendo proprie le argomentazioni del CTU, ha rigettato il ricorso del P.M. per i seguenti motivi:
è noto che l'interdizione, ai sensi dell'art. 414 c.c., trova applicazione nel caso di persone in condizioni di abituale infermità di mente che le rende incapaci di provvedere ai propri interessi al fine di assicurare loro adeguata protezione; allo stesso modo, con la Legge n. 6/2004 è stato introdotto nel nostro ordinamento l'istituto dell'amministrazione di sostegno di cui agli articoli 404 e ss. c.c. che è ispirato a principi di massima aderenza al caso concreto e alla minore limitazione possibile delle capacità del soggetto amministrato;
la signora era stata già soggetta all'amministrazione di sostegno con decreto dello stesso Tribunale seppure l'amministratore fosse stato cambiato varie volte in quanto la stessa li rifiutava tutti perché non ritenuti adatti alla gestione dei propri interessi o comunque non svolgenti al meglio il loro compito di tutela;
che in ogni caso emergeva che il soggetto era in grado di occuparsi delle faccende domestiche e degli atti di ordinaria amministrazione a seguito dell'esperienza lavorativa maturata nel corso della sua vita, ferma restando la necessità di un supporto di un amministratore di sostegno e dei relativi poteri accertativi del Giudice Tutelare;
per l'evidenza del chiaro favor del nostro ordinamento per l'istituto dell'A.D.S. al fine di evitare forme d'incapacitazione sovrabbondanti e non rispettose dei principi generali e dei diritti personali e fondamentali delle persone come anche sottolineato da Cassazione n. 17962/2015;
la tutelata, all'udienza di comparizione, era stata accompagnata da persona con la quale aveva dimostrato di avere un rapporto amicale resistente anche a posizioni critiche e che quindi costui poteva essere nominato quale nuovo amministratore nell'ambito della procedura già pendente;
altresì utile e curativo sarebbe potuto essere, anche al fine di superare i timori evidenziati per il proprio futuro, l'ottenimento del riconoscimento pensionistico per l'attività lavorativa svolta in passato e mai richiesto;
infine, eventuali future condotte oppositive gravi della beneficiaria avrebbero potuto facilmente trovare rimedio attraverso l'estensione, ove necessario, di singole previsioni incapacitanti previste per l'interdetto di cui all'art. 411 c.c.