La particolare complessità della procedura non basta a negare il diritto all'equa riparazione

La particolare complessità della procedura non basta a negare il diritto all'equa riparazione

Con l'ordinanza n. 1286/2024 la Corte di Cassazione sancisce il principio per cui la particolare complessità della procedura fallimentare non può escludere il diritto dell'istante all'equa riparazione.

Martedi 5 Marzo 2024

Il caso: Mevia, in qualità di erede di Tizio, adiva la Corte d'appello di Brescia, al fine di vedersi riconoscere l'equo indennizzo spettante per la durata non ragionevole della procedura concorsuale relativa al fallimento della Alfa s.r.l., dichiarato dal Tribunale di Brescia con sentenza del 18 maggio 2001 e chiuso il 15.11.2019 con il deposito del riparto finale, come stabilito dalla sentenza di omologa del concordato fallimentare.

La Corte d'appello di Brescia, in composizione collegiale, respingeva l'opposizione e, per l'effetto, confermava il decreto monocratico di rigetto dell'istanza di liquidazione dell'indennizzo per durata non ragionevole della procedura fallimentare: sul punto il giuidce di appello evidenziava che:

a) la previsione sulla durata ragionevole della procedura concorsuale di sei anni non escludeva che il superamento di tale termine integrasse di per sé gli estremi della durata irragionevole per la complessità della procedura, attesa la massa di documenti da esaminare, la consistenza dell’attivo e del passivo, il numero delle insinuazioni al passivo, le controversie da definire in via stragiudiziale, i plurimi riparti ed il concordato fallimentare;

b) pertanto il termine di sei anni previsto per il completamento della procedura costituiva una presunzione di ragionevolezza della durata del procedimento che poteva essere superata con la prova contraria.

Mevia ricorre in Cassazione, che, nell'accogliere il ricorso, osserva quanto segue:

1) ai sensi dell'art.2, comma 2-bis L.89 del 2001 si considera rispettato il termine ragionevole di cui al comma 1 se la procedura concorsuale si è conclusa in sei anni: ne consegue che, in tema di equa riparazione per la violazione del termine di durata ragionevole del processo, la durata delle procedure fallimentari deve rispettare la soglia di sei anni;

2) secondo lo standard ricavabile dalle pronunce della Corte Edu, si può tenere conto della particolare complessità della procedura concorsuale solo ai fini di un temperamento di detta soglia: secondo i richiami della Corte Edu, la durata tollerabile delle procedure concorsuali sarebbe stata di cinque anni nel caso di media complessità e, in ogni caso, per quelle notevolmente complesse - a causa del numero dei creditori, della particolare natura o situazione giuridica dei beni da liquidare (partecipazioni societarie, beni indivisi, ecc.), della proliferazione di giudizi connessi o della pluralità di procedure concorsuali interdipendenti - non avrebbe potuto superare la durata complessiva di sette anni;

3) sicché i summenzionati indici rivelatori della precipua complessità del caso possono al più giustificare uno slittamento della procedura concorsuale da sei a sette anni, non già una durata ulteriore, addirittura protrattasi nella fattispecie sino a circa 18 anni;

4) ne discende che, a fronte dell'ampio superamento del limite di sette anni, decorrente per i creditori ammessi dall'approvazione dello stato passivo, la complessità del caso non avrebbe potuto giustificare la radicale esclusione dell'indennizzo, in deroga ai casi tassativi nei quali la L. n.89 del 2001, art.2 comma 2-quinques, riconosce la non spettanza del relativo diritto: oltrepassato tale termine, il danno non patrimoniale per l'irragionevole durata del processo, inteso come danno morale soggettivo correlato a turbamenti di carattere psicologico, nel rispetto dei principi cardine che la Corte Edu ritrae dall'art. 6 CEDU, si intende come conseguenza normale, ancorché non automatica e necessaria, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, a causa dei disagi e dei turbamenti di carattere psicologico che la lesione di tale diritto solitamente provoca alle parti del processo;

5) una volta accertata e determinata l'entità della stessa durata irragionevole, il giudice avrebbe dovuto ritenere tale danno esistente, sempre che non fosse risultata la sussistenza, nel caso concreto, di circostanze particolari idonee, in termini positivi, ad escludere che tale danno fosse stato subito dal ricorrente: non basta ad escludere l'indennizzabilità, per una procedura concorsuale protrattasi secondo i tempi anzidetti, la constatazione della particolare complessità della procedura.

Allegato:

Cassazione civile ordinanza 1286 2024

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