Come noto, si è lungamente dibattuto e si continua tutt’oggi a discutere in dottrina ed in giurisprudenza la “vexata quaestio” dell’onere probatorio in azione di accertamento del saldo a conto aperto.
Giovedi 9 Giugno 2022 |
La problematica non riguarda l’opposizione al decreto ingiuntivo, allorquando la banca, quale attore sostanziale, è onerata del deposito degli estratti conto dall’inizio del rapporto, non potendo utilizzare il saldo conto ex art.51 T.U.B. a dimostrazione della posizione debitoria del correntista. In buona sostanza, mentre nella fase sommaria l’onere probatorio è assolto dalla banca con il deposito della certificazione ex art.51 T.U.B., nel successivo giudizio ordinario, scaturito a seguito di atto di citazione in opposizione, l’onere probatorio sarà assolto dalla banca solamente attraverso la produzione di tutti gli estratti conto dall’inizio del rapporto.
In mancanza dell’intera sequenza degli estratti conto ed in presenza di nullità contrattuali, si applicherà:
- secondo una parte della giurisprudenza, il criterio presuntivo di azzeramento del primo saldo negativo (ex multis, Tribunale di Vicenza 22 Dicembre 2020; Corte Appello Aquila 6 Dicembre 2017);
- secondo una ulteriore e diversa giurisprudenza (maggiormente restrittiva per il ceto bancario), la mancata produzione di tutti gli e/conto dall’inizio del rapporto sarà fonte di revoca /inefficacia del decreto ingiuntivo ottenuto dalla Banca in fase monitoria (ex multis, Cass. Civ. n. 23313 del 27.09.2018; Cass. Civ. Sez. I n. 9365 del 16 Aprile 2018; Cass. Civ. sez. I n. 1584 del 20 Gennaio 2017; Tribunale di Chieti n. 301del 19.04.2019; Tribunale di Sassari n. 622 del 15.05.2019).
Entrambe le tesi, seppure con le diverse e contrastanti motivazioni, hanno quale unico comune denominatore, il principio per cui la mancata produzione di tutti gli estratti conto determina l’incertezza del reale credito vantato dalla banca, una volta appurata l’illegittimità delle clausole contrattuali, nella ricostruzione del rapporto dalla sua origine.
1. NELL' AZIONE ORDINARIA A COGNIZIONE PIENA
Ciò premesso, passando all’analisi delle diverse ed opposte tesi giurisprudenziali sia di legittimità che di merito in merito all’onere probatorio in azione ordinaria a cognizione piena, si evidenziano qui di seguito le due tesi attualmente sostenute per la corretta quanto lecita ricostruzione del rapporto di conto corrente:
a) l’una, avente come base di calcolo l’azzeramento del saldo negativo rappresentato dal c.d. "primo saldo utile” negativo per il correntista;
b) l’altro, avente come base di partenza il primo saldo utile depositato.
Orbene, risulta di facile intuizione, il diverso risultato contabile che andrà a generarsi a seconda del criterio adottato nella ricostruzione del rapporto in azione di accertamento negativo del saldo a conto aperto, cosi’ come del resto anche in azione di ripetizione dell’indebito a conto chiuso, una volta azzerato il saldo di conto corrente.
Invero, a parere di chi scrive, risulta convincente per motivi tecnico/giuridici, aderire alla tesi del saldo zero anche in azione di accertamento del reale saldo, per quanto in appresso argomentato.
Ebbene, i recentissimi arresti di legittimità sul punto sostengono che anche in azione di accertamento del saldo negativo di conto corrente si deve procedere, per la corretta quanto legittima ricostruzione del rapporto, dalla data di accensione del rapporto e ricostruire lo stesso ab origine.
Tale ricostruzione, in caso di assenza dell’estratto conto iniziale, dovrà tener conto del primo saldo disponibile, ovvero se lo stesso sia positivo o negativo per il correntista. In questo ultimo caso (saldo negativo) bisognerà azzerare il saldo, una volta acclarati gli illeciti addebiti sui C/Correnti privi di titoli giustificativi, ovvero generati da clausole nulle, perché poste in divieto alle norme codicistiche e speciali di settore (T.U.B), quali interessi, CMS, anatocismo, jus variandi, giorni valuta, usura, etc.
L’accertamento negativo del saldo necessita, una volta acclarata la nullità delle clausole negoziali, della ricostruzione dell’intero rapporto contrattuale, ovvero dalla sua origine, e non di una frazione temporale. Infatti, qualora la ricostruzione del rapporto dovesse prevedere come partenza dell’elaborazione un saldo negativo di conto corrente del facilitato, ben si comprende come lo stesso non sarebbe veritiero, poiché influenzato negativamente dall’applicazione di clausole nulle, rappresentanti voci remunerative per la banca, che, se applicate, generano saldi debitori non dovuti e pertanto non veritieri e conseguenzialmente la stessa azione di accertamento non troverebbe giustizia (cfr. Corte di Appello di Lecce, 12 novembre 2015, su IL CASO.IT) “Nell’ambito dei rapporti bancari in conto corrente, una volta esclusa la validità delle pattuizioni sugli interessi a carico del correntista, la banca ha l'onere di produrre gli estratti a partire dall'apertura del conto al fine di dimostrare il proprio diritto di credito, anche nell'ipotesi di azione di accertamento proposta dal correntista... Infatti, dall'impossibilità di ricostruire le poste attive e passive fin dalla fase iniziale del rapporto - per mancanza di idonea documentazione - non può farsi derivare una sorta di sanatoria degli addebiti illegittimi operati dall'istituto di credito. Tali carenze, al contrario, inducono a ritenere ragionevole, in applicazione dei principi di cui all'art. 2697 c.c., che i conteggi relativi ai reciproci rapporti di dare/avere partano da un "saldo zero"...”.
Pertanto, nella eventualità in cui il rapporto non possa essere ricostruito dall’inizio ed in presenza del primo estratto conto portante saldo negativo per il correntista, bisognerà procedere nella ricostruzione del rapporto partendo dal cd. saldo zero, anche in caso di accertamento del saldo e non soltanto nel caso di opposizione del correntista al ricorso per ingiunzione di pagamento promossa dalla Banca (cfr. Corte Appello di Lecce del 12.11.2015).
Ne deriva che in assenza di elementi di prova che consentano di accertare il saldo nel periodo non documentato ed in mancanza di allegazioni delle parti che permettano di ritenere pacifica l’esistenza in quell’arco di tempo di un credito o di un debito di un certo importo, dovrà procedersi alla determinazione del rapporto dare/avere con riguardo al periodo successivo documentato dagli estratti conto, procedendosi all’azzeramento del saldo iniziale del primo di essi (cfr. da ultimo Ordinanza Cassazione Civile Sezione I° n. 4028 dell’8 febbraio 2022; conformi Cass.Civ.29 ottobre 2020 n.23852; Cass. Civ. n.28819 del 30.11.2017).
Mette conto rilevare che tale orientamento (cd saldo zero) è stato recentemente avallato dagli Ermellini della I Sezione Civile con sentenza n. 4028 dell’8 febbraio 2022, che così riporta “… La materia obbedisce al principio così formulato: «Nei rapporti bancari di conto corrente, una volta che sia stata esclusa la validità della pattuizioni di interessi ultralegali o anatocistici a carico del correntista e si riscontri la mancanza di una parte degli estratti conto, il primo dei quali rechi un saldo iniziale a debito del cliente, la proposizione di contrapposte domande da parte della banca e del correntista implica che ciascuna delle parti sia onerata della prova della propria pretesa. Ne deriva che, in assenza di elementi di prova che consentano di accertare il saldo nel periodo non documentato, ed in mancanza di allegazioni delle parti che permettano di ritenere pacifica l'esistenza, in quell'arco di tempo, di un credito o di un debito di un certo importo, deve procedersi alla determinazione del rapporto di dare e avere, con riguardo al periodo successivo, documentato dagli estratti conto, procedendosi all'azzeramento del saldo iniziale del primo di essi» (Cass. 29 ottobre 2020 n. 23852)”.
Del resto è indiscutibile che qualora manchi la documentazione completa, ed in presenza di acclarate illegittimità di clausole contrattuali operate dalla banca, non possa prendersi a riferimento quale saldo iniziale quello debitore del primo estratto conto disponibile, in quanto si tratta di un saldo privo di qualsiasi attendibilità, in quanto frutto della illegittima applicazione di interessi debitori, C.M.S., giorni valuta, capitalizzazione trimestrale degli interessi, etc.
Pertanto, in caso di azione di accertamento negativo del saldo, una volta esclusa la validità delle condizioni applicate per mancanza dei requisiti di legge, grava sulla banca (la quale deduca 1’esistenza di una propria posizione creditoria alla data del primo estratto conto prodotto in giudizio), l’onere di provare la legittimità di tale credito e cioè che lo stesso non fosse in ipotesi determinato dall’applicazione degli oneri suindicati, a carico del correntista, illegittimamente previsti in contratto. Diversamente operando (ossia con applicazione del primo estratto conto disponibile), si finirebbe con l’operare una sanatoria degli addebiti illegittimi verosimilmente applicati dalla banca, nel periodo compreso dall’accensione dei rapporti sino al primo estratto utile, poiché il saldo riportato, una volta acclarata l’illegittimità delle clausole negoziali disposte ed applicate dal soggetto facilitante, non risulterebbe veritiero!!! Tale saldo, pur non essendo “reale”, costituirebbe la base del calcolo per i conteggi successivi, rendendo questi parzialmente veritieri per l’effetto negativo della base di partenza.
Tale orientamento giuridico, ovvero del cd. saldo zero”, ha la sua radice logico/giuridica nel considerare quale punto di partenza la posizione in cui nessuna delle parti vanta debiti/crediti nei confronti dell'altra.
Inoltre, a ben vedere, il c.d. saldo zero non è necessariamente un punto di partenza favorevole al correntista, poiché l'integrale disponibilità dei dati sui movimenti di c.c. per il periodo precedente potrebbe anche comportare, come spesso avviene all'esito del ricalcolo operato con esclusione degli addebiti illegittimi, un saldo addirittura positivo per il cliente della Banca (cfr. ex multis, Cass. Civ. n. 11543 del 2 maggio 2019; Cass. n. 28819/2017; Cass. Civ. n. 23974 del 25 novembre 2010; Cass. Civ. n. 1842 del 26 gennaio 2011; Corte di Appello di Lecce, Sez. II Civ., n. 904, del 12.11.2015.; Tribunale di Firenze n.96/2018 ed altre).
2. ECCEZIONE DI PRESCRIZIONE DELLE RIMESSE SOLUTORIE ANTE DECENNIO
In tema di eccezione del termine prescrizionale delle rimesse solutorie ante decennio, sollevata dal ceto bancario e della relativa dichiarazione di volerne profittarne (Cass. Civ. Sez. Unite n. 15895 del 13 giugno 2019), sia in azione di accertamento che in quella di ripetizione, è opportuno in questa sede chiarire che tale eccezione è improponibile in sede di azione di accertamento negativo del saldo.
Infatti si può discutere di prescrizione soltanto con riguardo alla domanda di ripetizione di indebito, poiché il consolidato orientamento inaugurato dalla nota sentenza n. 24418 del 2010 della Corte di Cassazione a Sezioni Unite (la quale, in ipotesi di conto corrente bancario, fa decorrere il termine prescrizionale, nel caso di rimesse a carattere solutorio, dalle singole rimesse, mentre, qualora i versamenti abbiano solo funzione ripristinatoria della provvista, dalla data di chiusura del conto), concerne esclusivamente l’azione di ripetizione di indebito.
Ciò è reso invero evidente dal ragionamento seguito dalle Sezioni Unite, secondo cui non può ipotizzarsi il decorso del termine di prescrizione del diritto alla ripetizione se non da quando sia intervenuto un atto giuridico definibile come pagamento, che l’attore pretende essere indebito, ragionamento che chiaramente ruota intorno all’istituto di cui all’art. 2033 c.c. e non è estensibile a fattispecie nelle quali non è giuridicamente configurabile una restituzione di somme.
Né, in senso contrario, può fondatamente sostenersi che, a fronte di un’azione di rideterminazione del saldo, l’eccezione di prescrizione varrebbe comunque a paralizzare la domanda, operando in termini analoghi rispetto all’azione restitutoria, nel senso di precludere la revisione di eventuali addebiti indebitamente effettuati dall'istituto di credito anteriormente al decennio rilevante secondo i criteri indicati dalle S.U., in quanto non suscettibili di successiva ripetizione.
Ed invero, una simile impostazione sarebbe viziata ‘a monte’ dall’implicita qualificazione della domanda volta al ricalcolo dell’effettivo dare/avere tra le parti a seguito della depurazione del saldo dagli addebiti illegittimi come azione pre-restitutoria, anziché come azione autonoma, in contrasto con l’orientamento della succitata giurisprudenza di legittimità, che ravvisa l’esistenza di un interesse giuridicamente rilevante del correntista alla proposizione di tale azione di per sé considerata, quale azione di accertamento negativo non subordinata - come già detto - all’esistenza, individuazione e prova di un pagamento.
Del resto, pure a voler ragionare in termini diversi, non può sottacersi che la S.C. ha di recente chiarito che è erronea l’impostazione di chi afferma che, per ottenere l'effetto della irripetibilità del pagamento indebito rispetto al quale è maturata la prescrizione, nel procedere alla rideterminazione del saldo del conto corrente ed alla individuazione delle rimesse solutorie, si debbano mantenere le indebite annotazioni effettuate dallo stesso istituto di credito. E', invece, evidente che per verificare se un versamento effettuato dal correntista nell'ambito di un rapporto di apertura di credito in conto corrente abbia avuto natura solutoria o solo ripristinatoria, occorre, all'esito della declaratoria di nullità da parte dei giudici di merito delle clausole anatocistiche, previamente eliminare tutti gli addebiti indebitamente effettuati dall'istituto di credito e conseguentemente determinare il reale passivo del correntista e ciò anche al fine di verificare se quest'ultimo ecceda o meno i limiti del concesso affidamento.
E’ evidente che pretendere di operare la distinzione fra rimesse solutorie e ripristinatorie in forza dei saldi esposti dalla banca in conto corrente implicherebbe il riconoscimento di qualche effetto contabile alla clausola /clausole contrattuali, sebbene dichiarata/te nulla/e.
Tale principio del resto è stato confermato dalla S. Corte con Ordinanza n. 17634 del 21 giugno 2021, che ha così osservato: “... È proprio in quest'ottica, d'altronde, che la giurisprudenza di legittimità ha recentemente precisato che, al fine di verificare se un versamento abbia avuto natura solutoria o ripristinatoria, occorre preliminarmente procedere alla rideterminazione del saldo passivo del conto, depurandolo da tutti gli addebiti illegittimamente effettuati dall'istituto di credito, in modo tale da poter verificare, in base al reale importo del saldo, se siano stati di volta in volta superati i limiti dell'affidamento concesso al correntista, ed i versamenti da quest'ultimo eseguiti possano quindi qualificarsi come solutori (cfr. Cass., Sez. I, 19/05/2020, n. 9141). Tale operazione, tuttavia, in quanto volta all'individuazione della natura delle rimesse effettuate sul conto, attiene anch'essa al profilo probatorio della prescrizione, configurandosi dal punto di vista logico come un posterius rispetto all'allegazione dei fatti sui quali la stessa si fonda, e restando pertanto estranea alla stessa, ai fini della quale, come si è detto, risultano sufficienti la deduzione dell'inerzia del correntista e la manifestazione della volontà di profittarne…” (Conformi Cass. Civ.n.23852 del 29 ottobre 2020; Cass.Civ.n.28819 del 30.11.2017).
L'eventuale prescrizione del diritto alla ripetizione di quanto indebitamente pagato non influisce sulla individuazione delle rimesse solutorie, ma solo sulla possibilità di ottenere la restituzione di quei pagamenti coperti da prescrizione (Cass. n. 9141 del 2020).
Per quanto precede, la corretta rideterminazione del saldo del conto ancora aperto prescinde del tutto dall'eventuale maturazione del termine prescrizionale, ponendosi soltanto in ipotesi di domanda ex art. 2033 c.c. un problema di prescrizione, poiché solo una volta chiuso il conto e ricostruito l'intero rapporto può dirsi se un versamento effettuato dal correntista integri una rimessa solutoria o ripristinatoria e se sia dunque possibile la restituzione (cfr. Tribunale di Locri del 02.07.2020).
3. ECCEZIONE DI INTERESSE AD AGIRE EX ART.100 C.P.C.
Sovente il certo bancario solleva tale eccezione in azione di accertamento del saldo negativo del c/corrente (tale azione viene anche definita come azione di giustificazione del saldo). Tuttavia tale eccezione è del tutto infondata in diritto.
Tale azione è senza dubbio proponibile in presenza di conti aperti, costituendo ormai ius receptum che, se in tale ipotesi non è concepibile la restituzione di somme (cfr. ad es. Cass. n. 798 del 2013; Cass. n. 21646 del 2018), ammissibile risulta invece la domanda intesa ad ottenere l’accertamento della nullità degli addebiti eseguiti dall’istituto di credito in base a clausole nulle o comunque in difetto di una conforme previsione contrattuale, nonché la rideterminazione del saldo, trattandosi di un'azione di accertamento negativo che non è subordinata all’esistenza, individuazione e prova di un pagamento (cfr. per tutte Cass., sez. un., n. 24418 del 2010).
In presenza di tale domanda, viene difatti in rilievo l’interesse del correntista a che si accerti, prima della chiusura del conto, la nullità o validità delle clausole contrattuali, l’esistenza o meno di addebiti illegittimi operati in proprio danno e, dunque, l’entità del saldo (parziale) ricalcolato, depurato delle appostazioni che non potevano aver luogo.
L’interesse ad agire risiede cioè nella situazione di obiettiva incertezza e nel concreto ed attuale pregiudizio che la permanenza di una tale situazione determina a carico del cliente e trova normale soddisfazione nel ricalcolo dell’effettivo dare/avere tra le parti, a seguito della depurazione del saldo dagli addebiti nulli (cfr. Trib. Torino, 2 luglio 2015, n. 4789; Trib. Monza 14 marzo 2017; Trib. Padova 23 gennaio 2018; Trib. Siena 18 gennaio 2020 n. 49; App. Firenze, 28 gennaio 2020, n. 226).
La domanda di accertamento risponde quindi, per il soggetto che la propone, ad un sicuro interesse, giacché è volta al conseguimento di un risultato utile, giuridicamente apprezzabile, che non potrebbe trovare soddisfazione senza la pronuncia del giudice.
4. CORRETTEZZA E DILIGENZA PROFESSIONALE DELL’ACCORTO BANCHIERE
Nei giudizi pendenti nei confronti del ceto bancario è bene osservare ed evidenziare, ai fini della valutazione della distribuzione dell’onere della prova, anche la negligente condotta della banca sia in fase pregiudiziale che giudiziale.
Infatti molteplici sono i casi in cui la banca non solo non adempia alla richiesta del correntista ex art.119 TUB di ottenere la documentazione contrattuale, unitamente agli estratti conto ed agli scalari dall’inizio del rapporto, ma a maggior ragione laddove a tale richiesta seguirà quella dell’acquisizione di detta documentazione in fase istruttoria.
La mancata acquisizione (a seguito dell’ordinanza dell’accoglimento dei mezzi istruttori attorei, tra cui la richiesta ex art.210 c.p.c., preceduta da quella formulata ex art.119 TUB) dovrà essere valutata opportunamente dal Giudice, poiché gli effetti di tale inerzia non potranno ricadere sul correntista, che non potrà “obtorto collo” provvedere all’integrale deposito della documentazione contabile dall’inizio del rapporto.
Pertanto, ed a maggior ragione in tali circostanze (ovvero in presenza di entrambe le richieste a mente dell’art.119 TUB e 210 c.p.c.), permanendo la negligenza della banca alla consegna e/o al deposito della documentazione richiesta, ed acclarate le nullità delle clausole contrattuali, dovrà essere utilizzato come base del ricalcolo il saldo zero, laddove il primo estratto conto sia negativo per il correntista.
5. ONERE DELLA BANCA DELLA CONSERVAZIONE DELLE SCRITTURE CONTABILI OLTRE IL DECENNIO
Si osserva ulteriormente che per i rapporti di durata ultra decennale, una volta che sia stata esclusa la validità della pattuizione a carico del correntista di interessi ultralegali e anatocistici, la banca ha l’onere di produrre gli estratti conto dall’inizio del rapporto a nulla valendo l’eccezione dell’inesistenza dell’obbligo di conservare le scritture contabili oltre dieci anni. Infatti “non si può confondere l’onere di conservazione della documentazione contabile con quello di provare il credito vantato nei confronti del cliente. Pertanto una volta accertata l’illegittimità della contabilizzazione di interessi anatocistici -laddove la produzione degli estratti conto non sia completa- il giudice non potrà fondarsi sul saldo di apertura del primo degli estratti prodotti, dal momento che la ricostruzione dell’andamento contabile risulterebbe inficiata dal computo di interessi che non spettavano alla banca” (cfr. Cass. Civ. sez. 1 del 20.01.2017 n.1584).
6. IN CONCLUSIONE
Quanto sin qui argomentato vuole rappresentare sinteticamente le diverse posizioni giuridiche e dottrinarie circa l’attribuzione dell’onere della prova in azione di accertamento del saldo nel giudizio a cognizione piena, evidenziando al contempo le diverse risultanze contabili che possono manifestarsi a seconda dei criteri adottati (rectius, metodologia) nella ricostruzione del rapporto procedendo:
a) alla scelta della base del calcolo (azzeramento del saldo o primo saldo utile);
b) una volta acclarate le nullità delle singole clausole, all’espunzione di tutti gli addebiti che non hanno trovato giustificazione causale, per essere state addebitati "contra legem”, comportando per l’effetto l’accertamento del reale saldo contabile.
Diversamente in azione di ripetizione dell’indebito ex art. 2033 c.c. la ricostruzione del rapporto nei termini sopra indicati (punti a, b) comporterà per l’effetto la determinazione della reale natura dei versamenti (solutori e ripristinatori) e conseguenzialmente l’applicazione dei termini prescrizionali delle sole reali rimesse solutorie, che andranno ad influenzare per quanto di ragione il “risultato utile” della rielaborazione del rapporto.