La nuova disciplina dei vitalizi degli ex senatori, relativa all'applicazione del regime contributivo anche ai trattamenti maturati prima del 2012, non può essere sindacata dalla Corte Costituzionale.
Venerdi 2 Dicembre 2022 |
Con sentenza n. 237 del 28 novembre 2022, la Consulta ha dichiarato l'inammissibilità delle questioni sollevate dal Consiglio di garanzia del Senato il quale, chiamato a decidere su alcune controversie riguardanti l'applicazione della nuova disciplina dei vitalizi riconosciuti agli ex parlamentari, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell'art. 26, comma 1, lettera b) della L. n. 724/1994 e dell'art. 1, comma 1, della deliberazione del Consiglio di Presidenza del 16 ottobre 2018, n. 6 per contrasto con gli artt., 2, 3, 23, 36, 53, 67, 69 e 117 Cost.
La Corte ha chiarito che la nuova disciplina dei vitalizi agli ex senatori è stata disposta con un regolamento minore del Senato (la deliberazione del Consiglio di Presidenza del Senato del 16 ottobre 2018, n. 6), che non rientra tra gli atti con forza di legge, sottoposti, ai sensi dell'art. 134 Cost., al proprio giudizio e, pertanto, è sindacabile direttamente dagli organi di autodichia del Senato, nell’ambito di un procedimento di natura sostanzialmente giurisdizionale, nel rispetto del diritto di difesa e del contraddittorio.
Con la predetta deliberazione, si era stabilito il ricalcolo dal primo gennaio 2019, con il sistema contributivo dei vitalizi maturati prima del 2012 e già in godimento (provvedimento analogo era stato adottato alla Camera dei deputati).
Con decisione n. 660 del 30.09.2020, la Commissione contenziosa dell'Aula, aveva accolto solo parzialmente i numerosi ricorsi presentati dagli ex senatori rigettando, tuttavia, la tesi dai più sostenuta, secondo la quale il coefficiente di trasformazione da applicarsi per il ricalcolo, dovesse essere quello proporzionato all'aspettativa di vita del precettore da calcolarsi con riferimento alla data della maturazione del diritto all'erogazione e non a quello dell'entrata in vigore della delibera. Nell'occasione, la Commissione aveva espresso perplessità anche riguardo la decurtazione dei trattamenti di reversibilità, in quanto non si era tenuto conto della riduzione già praticata del 40% dei relativi importi.
La Corte ha precisato che gli emolumenti, dovuti al termine dell’incarico elettivo, “investendo una componente essenziale del trattamento economico del parlamentare, contribuiscono ad assicurare a tutti i cittadini uguale diritto di accesso alla relativa funzione” e scongiurano “il rischio che lo svolgimento del munus parlamentare, possa rimanere sprovvisto di adeguata protezione previdenziale”.
E' stata dichiarata inammissibile anche le questioni di legittimità costituzionale sollevata avverso l'art. 26, comma 1, lettera b, della legge n. 724/1994 che ha soppresso ogni regime fiscale particolare per gli assegni vitalizi spettanti agli ex parlamentari in quanto, a parere della Corte, “non è stata fornita alcuna motivazione sul perchè si riteneva di dover fare applicazione di una disposizione che riguardava il trattamento fiscale dei vitalizi, in un giudizio in cui è contestata la rideterminazione in senso peggiorativo dei vitalizi già in godimento dei senatori”.
La Consulta, pur sottolineando di non potersi esprimere sulle questioni sottoposte al suo sindacato, evidenzia che la previsione con legge del vitalizio assicurerebbe "un'auspicabile omogeneità della disciplina concernente lo status di parlamentare", oltre a garantire che quell'atto normativo potrebbe essere scrutinato dalla stessa Corte.