I genitori non sono responsabili per il fatto del figlio se provano di aver impartito una buona educazione.

I genitori non sono responsabili per il fatto del figlio se provano di aver impartito una buona educazione.

In tema di responsabilità dei genitori per danni provocati dai figli, si segnala la sentenza n. 312/2019 del Tribunale di Rieti, che ha precisato in quali termini i genitori rispondono del fatto del figlio e l'onere probatorio a loro carico per andare esenti da responsabilità.

Giovedi 7 Novembre 2019

Il caso: T.e C., in proprio e nella qualità di genitori esercenti la potestà genitoriale sul minore F., convenivano in giudizio S. e M. in proprio e nella qualità di genitori e legali rappresentanti del minore E., per il risarcimento di tutti i danni patiti dal figlio F. in conseguenza della condotta di E.: in data 17.07.2011, presso la loro abitazione, il bambino E. correndo, urtava lo sgabello su cui era seduto F., facendolo cadere per terra; a seguito della caduta il minore riportava lesioni fisiche per le quali veniva ricoverato in ospedale e sottoposto a intervento chirurgico.

Per gli attori la rovinosa caduta era da imputare alla responsabilità diretta del minore E., nonché a una concorrente responsabilità dei genitori (ex art. 2048 c.c. ovvero ex art. 2047 c.c.) i quali avevano omesso qualsivoglia precauzione e o vigilanza al fine di evitare il sinistro.

I convenuti, nel costituirsi sia pure tardivamente, contestavano la domanda attorea sostenendo che il sinistro si era verificato per una causa del tutto fortuita e non imputabile né al minore E.., né ai di lui genitori, ma semmai allo stesso danneggiato ed agli stessi attori per omessa vigilanza.

Il Tribunale accoglie la domanda degli attori, ritenendola fondata, per le seguenti ragioni:

a) il fatto storico oggetto di causa deve ritenersi provato secondo la ricostruzione sostenuta dagli attori, non avendo la parte convenuta contestato la dinamica del sinistro, ma essendosi la stessa limitata a sostenere che la caduta del danneggiato dallo sgabello non poteva ritenersi imputabile a fatto colposo del figlio E., ma che il sinistro si era verificato per un caso fortuito;

b) nel caso di specie, trovano applicazione l'art. 2043 c.c. con riferimento alla condotta del danneggiante E, e l'art. 2048 c.c. quanto alla responsabilità dei genitori di questi: va precisato che la responsabilità del genitore, per il danno cagionato da fatto illecito del figlio minore, trova fondamento, a seconda che il minore sia o meno capace di intendere e volere al momento del fatto, rispettivamente nell'art. 2048 c.c., in relazione ad una presunzione iuris tantum di difetto di educazione ovvero nell'art. 2047 c.c., in relazione ad una presunzione iuris tantum di difetto di sorveglianza e di vigilanza; le indicate ipotesi di responsabilità presunta sono alternative - e non concorrenti - tra loro, in dipendenza dell'accertamento, in concreto, dell'esistenza di quella capacità;

c) a norma dell'art. 2046 c.c., compete al giudice civile accertare caso per caso, se, in relazione all'età, allo sviluppo psico-fisico, alle modalità del fatto o ad altre ragioni, debba escludersi o meno la capacità di intendere o di volere del minore danneggiante: nel caso il Tribunale ritiene che E. fosse capace di intendere e di volere al momento del fatto e ciò in ragione dell'età di tredici anni del minore;

d) ciò appurato, la responsabilità dei genitori a norma dell'art. 2048 c.c. configura una forma di responsabilità diretta, per fatto proprio, cioè per non avere, con idoneo comportamento, impedito il fatto dannoso, ed è fondata sulla colpa dei genitori, peraltro presunta;

e) ai fini della sua concreta applicazione, però, non è sufficiente la semplice commissione del detto illecito, ma è altresì necessaria una condotta direttamente ascrivibile ai medesimi, che si caratterizzi per la violazione dei precetti di cui all'art. 147 c.c.; il genitore potrà quindi dirsi liberato soltanto attraverso la positiva dimostrazione di una rigorosa osservanza dei precetti di cui al menzionato art. 147 c.c.

f) da qui il peculiare atteggiarsi del riparto dell'onere probatorio nei giudizi di responsabilità ex art. 2048 c.c.,: sul danneggiato incombe solo l'onere di provare che il fatto illecito sia stato commesso dal minore ed il danno subito, mentre i genitori del danneggiante, al fine di fornire una sufficiente prova liberatoria per superare la presunzione di colpa, devono offrire non la prova legislativamente predeterminata di non avere potuto impedire il fatto (atteso che si tratta di prova negativa), ma quella positiva di avere impartito al figlio una buona educazione e di avere esercitato su di lui una vigilanza adeguata, i tutto in conformità alle condizioni sociali, familiari, all'età, al carattere e all'indole del minore;

g) peraltro, l'inadeguatezza dell'educazione impartita e della vigilanza esercitata su un minore può essere ritenuta, in mancanza di prova contraria, dalle modalità dello stesso fatto illecito, che ben possono rivelare il grado di maturità e di educazione del minore, conseguenti al mancato adempimento dei doveri incombenti sui genitori, ai sensi dell'art. 147 c.c.;

h) per inciso, il dovere di vigilanza deve essere inteso in senso relativo e non assoluto, sicché non occorre affatto dimostrare una ininterrotta e personale presenza del genitore accanto al figlio minorenne, allorchè, avuto riguardo, da un canto, all'età del minore in relazione alla sua indole e al conveniente grado di educazione e di maturazione raggiunto, e, dall'altro, alle caratteristiche dell'ambiente in cui viene lasciato libero di muoversi, risultino correttamente impostati i rapporti del minore stesso con la vita esterna alla famiglia, facendo ragionevolmente presumere che non siano fonte di pericolo per il predetto e per i terzi.

In conclusione: nel caso in esame, i genitori di E. non hanno allegato alcun elemeto nè alcuna difesa utile a dimostrare di aver impartito al figlio una buona educazione e di aver esercitato una vigilanza adeguata.

 

Allegato:

Tribunale Rieti sentenza n.312/2019

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