Con l’ordinanza n. 28217/2019, pubblicata il 4 novembre scorso, la Corte di Cassazione si è pronunciata sui requisiti che deve avere, a pena di nullità, la procura speciale alle liti conferita all’estero.
IL CASO: La vicenda prende spunto dal ricorso per cassazione promosso da due cittadini stranieri avverso la sentenza emessa dalla Corte di Appello che, in riforma della sentenza di primo grado, aveva rigettato la domanda di risarcimento danni promossa dai ricorrenti nei confronti di un ospedale italiano e due medici conseguenti alla morte della convivente di uno dei due e della madre del secondo avvenuta il giorno successivo alla nascita di quest’ultimo.
Uno dei controricorrenti eccepiva l’inidoneità della procura alle liti per difetto di traduzione della lingua italiana dell’attività certificativa svolta dal notaio.
LA DECISIONE: La Corte di Cassazione dopo aver rilevato che al ricorso era stato allegato un “authentication certificate” e una “certification”, entrambe formulate in lingua inglese e prive di traduzione in italiano, ha dichiarato inammissibile il ricorso, ribadendo il principio secondo il quale “la procura speciale alle liti rilasciata all’estero, sia pur esente dall’onere di legalizzazione da parte dell’autorità consolare italiana, nonché dalla c.d. “apostille”, in conformità alla Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961, ovvero ad apposita convenzione bilaterale, è nulla, agli effetti dell’art. 12 della legge 31 maggio 1995, n. 218, relativo alla legge regolatrice del processo, ove non sia allegata la traduzione dell’attività certificativa svolta dal notaio, e cioè l’attestazione che la firma sia stata apposta in sua presenza da persona di cui egli abbia accertato l’identità, vigendo pure per gli atti prodromici al processo il principio generale della traduzione in lingua italiana a mezzo di esperto”.