Mercoledi 20 Gennaio 2016 |
Nel caso in esame, nell'ambito di un giudizio di divorzio la Corte d'Appello rigettava l'impugnazione del marito proposta contro la sentenza di primo grado che aveva dichiarato la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario, e posto a carico di quest'ultimo l'obbligo di versare alla ex moglie un assegno divorzile di Euro 1.500,00 mensili.
In particolare, l'impugnazione del marito era stata disattesa, sulla base della verifica delle condizioni patrimoniali e reddituali dell'appellante comparate con quelle pressochè inesistenti della moglie, e rapportate al tenore di vita, pacificamente alto, osservato dalla famiglia in costanza di matrimonio.
Avverso la sentenza della Corte d'Appello proponeva ricorso il marito, lamentando l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c. n. 5: la Corte territoriale, infatti, aveva errato nel non ritenere decisiva l'occupazione di fatto di un immobile da parte della ex moglie.
Per il ricorrente, tale circostanza rendeva applicabile il principio secondo cui “in sede di divorzio, ai fini della determinazione dell'assegno divorzile, occorre tenere conto dell'intera consistenza patrimoniale di ciascuno dei coniugi e, conseguentemente, ricomprendere qualsiasi utilità suscettibile di valutazione economica, compreso l'uso di una casa di abitazione, valutabile in misura pari al risparmio di spesa che occorrerebbe sostenere per godere dell'immobile a titolo di locazione".
Ma la Corte di Cassazione non condivide tale impostazione e con l'ordinanza n. 223 del 11/01/2016, nel rigettare il ricorso, precisa che la presunta occupazione di fatto di un immobile da parte del coniuge non assume rilevanza, atteso che una tale situazione va considerata precaria e come tale facilmente risolubile da parte dell'avente diritto con gli ordinari strumenti volti a recuperarne il possesso o la detenzione.
Il giudice dell'assegno divorzile, invece, deve calcolarne la misura sulla base dei bisogni del coniuge debole e delle possibilità di soddisfarle attraverso la misurazione delle disponibilità economiche degli ex coniugi e degli standard di vita, per c.d. dire, a regime, senza tener conto di situazioni provvisorie e, perciò, destinate a venir meno in tempi (più o meno) rapidi.
In altri termini, “in sede di determinazione dell'assegno di divorzio, la valutazione di una tale utilità fuoriesce dall'ambito valutativo proprio dei valori legalmente posseduti da ciascuno dei coniugi, rimanendo la difficoltà di liberazione dell'immobile da parte del suo proprietario una dato di fatto estraneo alla ponderazione delle rispettive posizioni patrimoniali e reddituali”.