L'ex convivente non può chiedere gli alimenti nel giudizio per l'affidamento dei figli minori.

L'ex convivente non può chiedere gli alimenti nel giudizio per l'affidamento dei figli minori.

Si segnala la interessante ordinanza del Tribunale di Milano del 23 gennaio 2017 in tema di simultaneus processus allorchè l'ex convivente, oltre alla domanda volta alla regolamentazione dell’esercizio della responsabilità genitoriale sui figli minori, proponga anche quella di alimenti.

Giovedi 16 Febbraio 2017

Il caso: la ricorrente propone contestualmente due domande – per regolare l'affidamento dei figli minori e per gli alimenti ex L. 76/2016– e chiede al Collegio, in via preliminare, di pronunciarsi sull' ammissibilità della domanda di alimenti, per poter eventualmente coltivare in altra sede l’istanza alimentare, in caso di inammissibilità della richiesta.

A fondamento dell'istanza, la ricorrente osserva che sarebbe più opportuna la trattazione contestuale delle due cause al fine di evitare ai conviventi una pluralità di processi.

Il Tribunale di Milano, nel dichiarare inammissibile la domanda ex art. 1 comma 65 legge 76/2016, rileva quanto segue:

a) la controversia avente ad oggetto il conflitto genitoriale in caso di figli nati fuori da matrimonio è regolata dalle norme di diritto sostanziale di cui agli artt. 337-bis e ss c.c. e dalle norme di diritto processuale di cui all’art. 38 disp att c.c ( riscritto dall’art. 3 comma 1 della legge 219/2012);

b) di conseguenza, nei procedimenti in materia di affidamento e di mantenimento dei minori si applicano gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile: il tribunale competente provvede in composizione collegiale, in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero e i provvedimenti emessi sono immediatamente esecutivi, salvo che il giudice disponga diversamente; la competenza funzionale è del Tribunale;

c) viceversa, la controversia in materia di alimenti è regolata dalle norme di diritto sostanziale di cui agli artt. 433 e ss c.c. e dalle norme processuali di cui agli artt. 163 e ss c.p.c; la competenza spetta al giudice ordinario in composizione monocratica, senza intervento del PM e l’azione va introdotta con atto di citazione;

d) l’art. 40 c.p.c. consente nello stesso processo il cumulo di domande soggette a riti diversi soltanto in ipotesi qualificate di connessione (art. 31, 32, 34, 35 e 36), così escludendo la possibilità di proporre più domande connesse soggettivamente e caratterizzate da riti diversi;

e) l’opportunità della trattazione contestuale delle due cause, come rilevato dalla ricorrente, rischierebbe di rallentare e appesantire la trattazione della controversia minorile, alla quale il Legislatore riserva un regime accelerato e semplificato al fine di consentire al giudice del conflitto genitoriale di pervenire velocemente a misure regolative definitive;

f) peraltro, nel caso di specie la domanda di alimenti appare inammissibile per difetto di diritto di azione: una pretesa alimentare del convivente more uxorio è possibile solo per quelle convivenze che siano cessate a partire dal 5 giugno 2016: il diritto alimentare, infatti, nella convivenza di mero fatto, sorge nel momento in cui si verifica lo stato di bisogno e coincide, dunque, con la cessazione del legame: nel caso de quo, la ricorrente non ha indicato la data storica di riferimento, che è elemento costitutivo della domanda che grava sull’alimentando.

La decisione del Tribunale è in linea con l'orientamento ribadito anche di recente dalla Suprema Corte (Cass. Civ., sez. VI-I civ., ordinanza 24 dicembre 2014 n. 27386). 

Allegato:

Tribunale Milano ordinanza del 23 gennaio 2017

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