Compenso avvocati: la stesura di un contratto anche se non concluso non è un semplice parere scritto

Compenso avvocati: la stesura di un contratto anche se non concluso non è un semplice parere scritto
Giovedi 11 Gennaio 2024

Con l'ordinanza n. 693 del 9 gennaio 2024 la Corte di Cassazione fa alcune precisazioni in merito ai criteri di determinazione e quantificazione del compenso dell'avvocato che ha svolto in favore del cliente prestazioni stragiudiziali, nel caso in esame la stesura di alcuni contratti.

Il caso: Tizio conveniva avanti al Tribunale Mevia, in proprio e quale esercente la potestà genitoriale sulla figlia minore, riferendo di essere stato incaricato di tutelare gli interessi della stessa e della figlia minore con riguardo alle partecipazioni in due società e chiedendo la condanna delle convenute al pagamento della somma di € 28.314,70, già al netto degli acconti ricevuti.

Il Tribunale, senza svolgimento di attività istruttoria, aveva accolto la domanda condannando le convenute al pagamento della somma di € 18.697,09, oltre accessori di legge ed interessi.

Mevia, nella duplice qualità, proponeva appello: la Corte distrettuale, nell'accogliere l'impugnazione, rilevava che:

- le bozze di atti predisposti dall’appellato non potevano essere qualificati come “contratti”, non essendo mai stato raggiunto su di esse l’accordo delle parti;

- escludeva pertanto che i compensi per tale attività potessero essere liquidati sulla scorta della previsione di cui alla Lettera F della Tabella D allegata al D.M. 127/2004 ed invece qualificava tali attività come meramente preparatorie e quindi qualificabili come “pareri scritti”, riconducibili alla Lettera B sub b, della medesima tariffa, su tale scorta quantificando le spettanze residue dell’appellato in € 9.275,50.

Tizio ricorre in Cassazione, censurando la decisione impugnata nella parte in cui la stessa ha ritenuto che gli atti predisposti dal ricorrente non potessero essere considerati contratti, in quanto ancora privi del consenso delle parti, e che quindi il compenso dell’odierno ricorrente principale dovessero essere liquidati secondo i criteri previsto per la predisposizione di pareri.

Al contrario, secondo il ricorrente, tale qualificazione viene erroneamente a far dipendere il riconoscimento per l’attività stragiudiziale per la redazione di contratti dalla definitiva conclusione degli stessi contratti e non sulla scorta della natura e del contenuto dell’attività svolta che risulterebbe ben diversa da quella consistente nella predisposizione di un mero parere

Per la Cassazione la censura è fondata: sul punto svolge le seguenti osservazioni:

a) la “redazione di contratti” prevista dal punto f) della tabella D del d.m. n. 127 cit. dev’essere ravvisata tutte le volte in cui la prestazione dell’avvocato si concretizzi nella traduzione in termini tecnico giuridici delle pattuizioni di due parti, e cioè nella predisposizione, su incarico del cliente, (o nell’assistenza alla sua redazione ad opera di altri) del testo di un regolamento negoziale;

b) ove il contratto, così come predisposto dal legale (al pari del caso in cui abbia prestato “assistenza” al proprio cliente rispetto alla redazione da parte di altri di un contratto), non sia poi, per un motivo o per l’altro, formalizzato sul piano giuridico tra le relative parti, l’attività professionale dallo stesso resa su incarico del cliente dev’essere comunque compensata, in virtù dell’art. 6 del capitolo III del d.m. n. 127 cit., il quale prevede che “per le pratiche” che, come quella in esame, siano “iniziate” ma non sono “giunte a compimento” - come accade nel caso in cui il “contratto” predisposto dal legale non sia poi stato sottoscritto dai potenziali contraenti - l’avvocato ha comunque il diritto a percepire gli onorari per l’opera prestata comprendendosi in questa il lavoro preparatorio compiuto dal professionista;

c) a tal fine occorrerà avere esclusivo riguardo ai criteri, così come stabiliti dall’art. 1, comma 2, del capitolo III del d.m. n. 127 cit., che sono compatibili con il mancato espletamento di alcune delle prestazioni previste dal contratto d’opera professionale ovvero con la mancata realizzazione del risultato in vista del quale l’incarico era stato conferito, come la natura ed il valore della pratica, il numero e l’importanza delle questioni trattate, il pregio dell’opera prestata.

d) la decisione impugnata ha invece ritenuto di qualificare l’attività del ricorrente principale come “parere scritto”, riconducibile alla Lettera B sub b, nonostante l’evidente diversità tra tale ultima ipotesi e l’attività allegata dal ricorrente.

Allegato:

Cassazione civile ordinanza 693 2023

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