Classificazione in Centrale dei Rischi e le variazioni in funzione dell’andamento del rapporto

Classificazione in Centrale dei Rischi e le variazioni in funzione dell’andamento del rapporto

Ricognizione sistemica delle principali classificazioni adottate dagli intermediari finanziari in occasione della gestione dei loro crediti insoluti.

Venerdi 23 Aprile 2021

Indice.

1. Premessa. Il rapporto tra la Banca e l’utente.

2. L’importanza di un portafoglio “sano”.

3. La qualità del credito. Classificazione delle segnalazioni.

3.1 Esposizione scaduta e sconfinata.

3.2 Passaggio ad “incaglio”.

3.3 Passaggio a “credito ristrutturato”.

3.4 Classificazione in “stato di insolvenza” o inadempimento probabile.

3.5 Il passaggio “a sofferenza”.

3.6 Il passaggio “a perdita”.

  1. Premessa. Il rapporto tra la Banca e l’utente.

Gli intermediari finanziari devono segnalare a Banca d’Italia alcune categorie di rischi sul credito che vanno oltre le normali segnalazioni rivolte in Centrale Rischi(si pensi a tutti i rapporti in bonis sottesi a contratti di mutuo o fidi).

Per gli istituti di credito la qualità dei propri portafogli è di estrema importanza in quanto essa influenza molti aspetti della normale gestione, in particolare si riverbera sul patrimonio di vigilanza.

Un portafoglio “sano” consente agli intermediari maggiori libertà di concessione di credito, un livello di operatività maggiore ed una maggiore tolleranza al rischio. Conoscere come il comportamento degli utenti possa influenzare il merito creditizio a loro stessi attribuito, proprio in funzione di alcune classificazioni interne alla banca, rende più consapevole il rapporto fra le due parti.

  1. L’importanza di un portafoglio “sano”.

In funzione dello “stato del rapporto”, gli intermediari intervengono nella Centrale Rischi andando a variare la classificazione già affibiata al proprio cliente titolare di uno o più affidamenti.

A seconda della gravità della situazione debitoria e ella esposizione di rischio e, conseguentemente, della segnalazione da parte dell’intermediario, la banca dovrà: accantonare capitale a copertura delle esposizioni; cambiare le politiche di concessione del credito; revocare un maggior numero di esposizioni; variare (rendendole più rigide) le condizioni economiche di scorta ai contratti di finanziamento; attivare strumenti funzionali al recupero dei crediti insoluti (e ciò con evidente aggravio di costi).

  1. La qualità del credito. Classificazione delle segnalazioni.

In tema di segnalazione in Centrale Rischi, la principale fonte normative è la Circolare Banca d’Italia n° 139 dell’11-02-1991, nel suo 19° aggiornamento reso nel febbraio del 2020.

In rassegna, di seguito, le più importanti classificazioni.

    1. Esposizione scaduta e sconfinata.

Giova anticipare che significative implicazioni sul patrimonio di vigilanza e sulle necessità di incrementare le riserve della banca scattano solo in caso di inadempimenti continuati maggiore a 90 giorni (anche se su una sola linea di credito).

Sotto questo livello, pur registrandosi uno sconfino/insoluto, non si rientra in questa classificazione penalizzante. In Centrale Rischi, infatti, non scattano segnalazioni particolari: a sistema, non si avrà nulla che vada al di là di una segnalazione di sconfino/insoluto.

esempi

a. Sconfino/insoluto minore di 30 giorni.

Questa situazione, detta “periodo di grazia”, afferisce ad una segnalazione di scarsa rilevanza che non comporta effetti negativi per il cliente.

b. Sconfino/insoluto maggiore di 30 giorni ma inferiore di 90 giorni.

In questo caso verrà segnalato solo l’insoluto/sconfino in Centrale Rischi, ma lo stato del rapporto in capo all’utente non non cambierà.

c. Sconfino/insoluto maggiore di 90 giorni ma inferior a 180 giorni.

La posizione sarà classificata come “esposizione scaduta/sconfinata”.

d. Sconfino/insoluto maggiore di 180 giorni.

La posizione è generalmente definite come “incaglio”.

    1. Passaggio ad “incaglio”.

Classificare un rapporto come in “incaglio” è indice di perdurante situazione di difficoltà. Il cliente si trova in obiettive difficoltà temporanee tali da causare ripetuti ritardi.

E’ importante che non si verifichi un’eccesiva continuità nel ritardo a rientrare dalla esposizione debitoria in quanto questa situazione non andrebbe ad avvalorare il concetto di probabile risanamento della posizione.

L’incaglio interviene nei seguenti casi:

a. in presenza di notifica del pignoramento nei mutui ipotecari per acquisto civile abitazione;

b. in tutti gli altri casi in cui si verificano contemporaneamente due condizioni:

1) inadempimenti continuati (i) maggiori di 150 giorni per crediti al consumo con durata originaria minore di 3anni; (ii) maggiore di 180 giorni per crediti al consumo con durata originaria maggiore di 3 anni; (iii) maggiore di 270 giorni in tutti gli altri casi.

2) per privati e piccole-medie imprese, l’esposizione è superiore ai 100 euro e superiore all’1% del totale delle esposizioni verso la Banca; per le impresemaggiori, l’esposizione è superiore ai 500 euro e superiore all’1% del totale delle esposizioni verso la Banca.

    1. Passaggio a “credito ristrutturato”.

In questo caso la banca acconsente a modifiche contrattuali funzionali ad agevolare il cliente nel rientro dalla esposizione debitoria. Se una volta ristrutturata la posizione il cliente dovesse risultare nuovamente insolvente per più di 30 giorni (periodo di grazia) alla banca è concessa la facoltà di classificare il rapporto direttamente come “in sofferenza”.

I requisiti per questa segnalazione, oltre alle modifiche contrattuali, sono:

a) Precedente status di “incaglio” o di credito deteriorato (inadempimento maggiore di 180 giorni);

b) Qualora il cliente abbia instaurato più rapporti contemporanei con diversi istituti di credito, non rileva che con alcuni di questi vi siano situazioni in bonis;

c) Se la ristrutturazione causa una perdita alla banca nei casi di status in bonis o di inadempimento minore di 180 giorni (l’inadempimento deve comunque derivare da un deterioramento della situazione economica-finanziaria del cliente).

    1. Classificazione in “stato di insolvenza” o inadempimento probabile.

Rientrano in questa classificazione, i cosiddetti “UTP”, ossia Unlikely to Pay, crediti cioè verosimilmente irrecuperabili, anche se, in via teorica, tali posizioni potrebbero essere ancora sanate anche attraverso specifiche azioni di rilancio operativo dell’asset produttivo del cliente.

In questi casi le banche intervengono attraverso una ristrutturazione del credito, ossia delle transazioni con il cliente anche a costo di subire una ulteriore perdita.

    1. Il passaggio “a sofferenza”.

Col passaggio a soffernza, la banca ha motivo di ritenere che il credito sia
ormai irrecuperabile. Per sofferenza, infatti, si intende comunemente uno status di persistente (e non transitoria) instabilità patrimoniale e finanziaria idonea ad intralciare il recupero del credito da parte dell’intermediario.

L’appostazione a sofferenza, invero, non scaturisce automaticamente nè da un
mero ritardo nei pagamenti e neppure dalla esistenza o meno di una garanzia; la
segnalazione è frutto, invece, di un’attenta valutazione della posizione complessiva del
cliente. Tale codizione potrebbe non intervenire se il cliente si adoperi tempestivamente a ripianare il debito anche attraverso piani di ripianamento o ristrutturazione.

Prima di passare una posizione in sofferenza, l’intermediario procedere con la formale
revoca degli affidamenti preannunciata da una comunicazione ufficiale al
cliente. Anche lo status di sofferenza dovrà essere preventivamente comunicato al cliente da parte della banca proprio allo scopo di permettere il medesimo cliente ad evitare tale conseguenza attraverso il rientro dalla esposizione debitoria.

E’ altresì utile rilevare, che l’appostazione a sofferenza è qualificata dall’intermediario anche in funzione dell’assenza da parte del cliente di eventuali opposizioni e contestazioni anche in sede giudiziale (in quanto, in questo caso, il credito sarebbe classificato, almeno nelle more dell’eventuale giudizio, come “contestato”).

    1. Il passaggio “a perdita”.

Ricadono in questa categoria quei crediti per i quali la banca ha definitivamente deliberato sulla loro non esigibilità. Il passaggio a perdita può determinarsi da fattori esterni come la definizione di un procedimento giudiziale che ha rideterminato, in negativo, il credito in favore del titolare ovvero può derivare da scelte più soggettive come l’accettazione di una proposta di saldo e stralcio.

Una volta passata la posizione a perdita, essa, a decorrere dal mese successivo, non comparirà più in Centrale Rischi.

Tale fenomeno, tuttavia, non “libera” il soggetto segnalato dal peso delle segnalazioni in quanto a sistema risulterà sempre prima la segnalazione di sofferenza e poi quella di “credito in sofferenza a perdita”.

Solo dopo 36 mesi dalla chiusura della posizione il debitore avrà la certezza che il sistema non potrà vedere tali segnalazioni (e ciò in ragione del fatto che gli intermediari finanziari non potranno consultarne quei dati).

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