Con l'ordinanza n. 25134/2018 la Corte di Cassazione torna ad affrontare la problematica connessa all'obbligo di mantenimento dei figli a carico dei genitori in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo ex art. 148 cod.civ.
Mercoledi 7 Novembre 2018 |
Il caso: la Corte d'appello, in parziale riforma del provvedimento emesso dal Tribunale di Bergamo, confermava l'affidamento condiviso ad entrambi i genitori del minore C.F. - figlio nato in assenza di matrimonio da G.E. e C.O. - con collocazione prevalente presso la madre, stabiliva le modalità con le quali il minore deve incontrarsi e intrattenersi con il padre, C.O. e poneva carico di quest'ultimo un assegno di mantenimento, rideterminato in misura di Euro 1.500,00 mensili.
Il soccombente propone quindi ricorso per cassazione, lamentando la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 148, 316 bis e 337 ter cod. civ., nonchè l'omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5: per il ricorrente la Corte d'appello ha errato nel ritenere di rideterminare l'assegno di mantenimento a suo carico ed a favore del figlio, aumentandolo da Euro 800,00 - come stabilito dal giudice di primo grado - ad Euro 1.500,00 senza fare riferimento alcuno alle attuali e concrete esigenze di vita del minore, e senza operare una valutazione comparativa dei redditi dei due coniugi, come prescritto dalle norme succitate.
La Suprema Corte, nell'accogliere il ricorso, in punto di mantenimento svolge le seguenti considerazioni:
a) l'art. 148 cod. civ., nel prescrivere che entrambi i coniugi sono tenuti ad adempiere all'obbligazione di mantenimento dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo, non detta un criterio automatico per la determinazione dell'ammontare dei rispettivi contributi, costituito dal calcolo percentuale dei redditi dei due soggetti (che finirebbe per penalizzare il coniuge più debole), ma preveda un sistema più completo ed elastico di valutazione;
b) tale sistema deve tenere conto non solo dei redditi, ma anche di ogni altra risorsa economica - ivi compreso il valore intrinseco di beni immobili, siano essi direttamente abitati o diversamente utilizzati - e delle cennate capacità di svolgere un'attività professionale o domestica, e che si esprima sulla base di un'indagine comparativa delle condizioni - in tal senso intese - dei due obbligati;
c) nella determinazione dell'assegno di mantenimento deve tenersi conto del fatto che il dovere di mantenere, istruire ed educare la prole, stabilito dall'art. 147 cod. civ., vincola i coniugi a far fronte ad una molteplicità di esigenze dei figli, non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma estese all'aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, all'assistenza morale e materiale, alla opportuna predisposizione - fino a quando la loro età lo richieda - di una stabile organizzazione domestica, adeguata a rispondere a tutte le necessità di cura e di educazione;
d) pertanto, nell'imporre a ciascuno dei coniugi l'obbligo di provvedere al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito, il giudice di merito deve individuare, quali elementi da tenere in conto nella determinazione dell'assegno, oltre alle esigenze del figlio, il tenore di vita dallo stesso goduto in costanza di convivenza e le risorse economiche dei genitori, nonchè i tempi di permanenza presso ciascuno di essi e la valenza economica dei compiti domestici e di cura da loro assunti;
Nel caso concreto, la Corte d'appello non si è attenuta a tali principi:
per quanto concerne le esigenze del minore, si è limitata a dedurre - del tutto genericamente, e senza alcun riferimento specifico al caso concreto - l'impossibilità di quantificare "con precisione aritmetica (...) le esigenze di un bambino che viva in ambienti famigliari particolarmente benestanti", e la conseguente necessità di fare riferimento ad un criterio equitativo;
per quanto attiene alle condizioni patrimoniali dei genitori, la Corte si è limitata ad un altrettanto generico ed apodittico riferimento "alle oltremodo consistenti risorse reddituali e patrimoniali di C.O.", pervenendo - sulla base di questa mera asserzione - alla conclusione di dover reputare "congruo rideterminare l'onere in parola in Euro 1.500,00 mensili"
Cassazione civile Sez. VI - 1 Ordinanza n. 25134 del 10/10/2018