E' attivo da lunedì 8 marzo il canale di emergenza per le segnalazioni che il Garante della Privacy, in collaborazione con Facebook, ha messo a disposizione per gli utenti maggiorenni, i quali temano che foto o video intimi possano finire in rete ed essere diffusi senza consenso.
Consultando la pagina www.gpdp.it/revengeporn le potenziali vittime di revenge porn avranno a disposizione un modulo da compilare sì da fornire all'Autorità tutte le informazioni utili alla valutazione del caso specifico.
Il Garante, raccolti gli elementi necessari, indicherà al soggetto interessato un link per caricare direttamente le immagini delle quali si teme la diffusione, dopodichè Facebook provvederà a cifrare le stesse attraverso un codice hash così da rielaborarle prima della loro distruzione definitiva, ovviando al pericolo della eventuale pubblicazione su altri canali social o siti web.
Ricordiamo che solo a partire dal 2019, con l'approvazione del Codice Rosso1, è stato inserito nel codice penale l'art., 612-ter rubricato “Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”, articolo collocato nella Sezione III del Titolo XII, dedicata ai “Delitti contro la libertà morale”. “In tal modo, essa è infatti inquadrata nel novero dei delitti lato sensu di minaccia, ancorchè, il più delle volte, l'autore del reato agisca, rispetto alla vittima, con finalità diversa da quella minatoria, ne consegue che più opportuna sarebbe risultata la collocazione della norma incriminatrice in un autonomo titolo, che avrebbe potuto rubricarsi “tutela della riservatezza sessuale” ed essere inserito dopo i delitti di violenza sessuale e prima dell'attuale Sezione III del Titolo XII”2.
Le condotte ascrivibili a questo reato si realizzano mediante la diffusione di immagini e di video dal contenuto sessualmente esplicito senza il consenso del soggetto interessato ed in grado di compromettere ed alterare l'integrità reputazionale dello stesso. Il primo comma dell'art., 612-ter punisce- salvo che il fatto costituisca più grave reato- chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza consenso delle persone rappresentate, con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 5.000 a 15.000 euro. Questo primo comma prevede come elemento soggettivo, il dolo genericoe ciò in quanto, per la sussistenza del reato, è sufficiente che l'agente abbia la consapevolezza e la volontà di realizzare la condotta vietata.
Il secondo comma, invece, richiede il dolo specifico e ciò in quanto estende la responsabilità penale ai cosiddetti “secondi distributori”, vale a dire a coloro che, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini e i video di cui al primo comma, li diffondono allo scopo precipuo di arrecare un nocumento al soggetto passivo.
Ai successivi commi, 3 e 4, sono previste più circostanze aggravanti:
la prima, di cui al comma 3, riguarda l'ipotesi in cui la diffusione di materiale sessualmente esplicito sia realizzata per mano del coniuge ancorchè separato o divorziato o comunque da persona legata alla vittima da relazione affettiva; la seconda ipotesi è l'utilizzo di “strumenti informatici o telematici”, in grado di diffondere le immagini e/o i video ad un numero indeterminato di utenti. In ambedue i casi, trattasi di circostanze ad effetto comune.
l'aggravante di cui al comma 4, invece, è ad effetto speciale in quanto è previsto l'aumento di pena da un terzo alla metà per il caso in cui la vittima sia una persona in condizioni di inferiorità fisica o psichica od anche una donna in stato di gravidanza.
Va, in ultimo, ricordato che il comma 5 prevede la punibilità del delitto a querela della persona offesa.
Analogamente al reato di stalking, il termine di proposizione della querela è di sei mesi e la eventuale remissione può essere solo processuale. Si procede d'ufficio nel caso di cui al comma 4, sopra citato, ovvero nel caso in cui il fatto è commesso con un altro delitto per il quale si procede d'ufficio.
**********************
1. L. 19 luglio 2019, n. 69, “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e alle altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere”.
2. Corte di Cassazione, Ufficio del massimario e del ruolo, Relazione n. 62/2019, pag., 19.