Si segnala un'altra decisione della Corte di Cassazione in materia di affidamento condiviso dei figli minori, con particolare riferimento alla ripartizione dei tempi di permanenza dei figli presso ciascuno dei genitori.
Il padre ricorre per Cassazione avverso la sentenza di appello che, a conferma della pronuncia di primo grado, affida la figlia minore della coppia alla madre e stabilisce modalità e tempi di permanenza della bambina presso il padre, condizioni che però il ricorrente ritiene del tutto limitati e insufficienti, rispetto a quelli garantiti alla madre.
Secondo quanto censurato dal padre, l'affidamento, così come delineato dalla Corte di Appello, è da ritenersi di fatto esclusivo in favore della madre, con inevitabile compromissione del diritto alla bigenitorialità.
La Corte di Cassazione, con l' ordinanza n. 16297 del 3/08/2015, respinge il ricorso del padre ritenendo del tutto corretta la sentenza di appello.
Secondo gli Ermellini, la Corte territoriale, se è pur vero che ha stabilito un regime che vede la bambina rimanere con la madre per un periodo di tempo ben superiore rispetto al padre, non ha posto in essere alcuna violazione dei principi dell'affido condiviso, che non presuppone necessariamente, come da prassi ampiamente consolidata, tempi uguali o simili di permanenza del figlio con entrambi i genitori.
Peraltro, evidenzia la Corte, non sussistono i presupposti per un incremento dei tempi di permanenza della figlia con il padre, potendo essi comunque mantenere e rafforzare il loro rapporto con l'uso del telefono o altri mezzi di comunicazione.
In ordine poi al secondo motivo del ricorso, con il quale il padre lamenta la reiezione delle sue istanze istruttorie volte a provare condotte materne pregiudizievoli, ostative ad una collocazione della bambina presso la madre stessa, la Cassazione ne ravvisa la fondatezza, non avendo la Corte territoriale statuito sul punto ed essendosi limitata a confermare la collocazione della figlia presso la madre.
Come ha più volte affermato questa Corte, il giudice del merito non è tenuto a motivare specificamente sul rigetto di tutte le istanze istruttorie, essendo sufficiente che il medesimo giustifichi, con motivazione adeguata, la sua valutazione in ordine alla sufficiente istruzione della causa, cosa che il giudice del merito non ha fatto nel caso de quo.