E’ stata massiccia l’adesione allo sciopero degli avvocati, proclamato fino al 16 di luglio, contro le riforme della giustizia “a colpi di decreto” che si sono susseguite negli ultimi mesi, tra cui, ricordiamo, la reintroduzione della mediazione obbligatoria, prevista nel “decreto fare”.
L’OUA ha diramato i dati della partecipazione allo sciopero secondo cui il 90% delle udienze civili e penali non si è tenuto per l’elevata percentuale di adesioni, sia nel sud Italia che nei distretti del centro e del nord.
Il presidente dell’OUA ha stigmatizzato ancora una volta le motivazioni della protesta, invitando il ministro della giustizia a fare il primo passo per allentare le tensioni che si sono create nei giorni scorsi a seguito del famoso "fuori onda" e delle successive dichiarazioni ufficiali rilasciate alla stampa su avvocati e lobby.
Si legge nel comunicato dell’OUA:
“No agli interventi che limitano l’accesso alla macchina giudiziaria come la mediazione obbligatoria, no alle falsità sulle indicazioni dell’unione europea. no agli spot pubblicitari.
Sì a proposte risolutive e organiche come la negoziazione assistita, le camere arbitrali, la mediazione facoltativa e di qualità, per un piano straordinario e alternativo per lo smaltimento dell’arretrato.
Al ministro cancellieri la possibilità di fare una forte correzione di rotta. Gli avvocati sono uniti e pronti a passare dalla protesta alla proposta”.
E per concludere una breve considerazione.
Nessuno nega che la giustizia abbia bisogno di essere rivista in alcuni dei suoi meccanismi, ma questo non deve costituire per il governo un pretesto per sfornare di continuo decreti che minano alla radice i diritti costituzionali, limitando di fatto l’accesso alla giustizia per le fasce più deboli della popolazione, o imponendo ope legis dei percorsi, come quello della mediazione obbligatoria, che costituiscono una vera e propria anomalia a livello europeo.
Se riforma deve essere, che si agisca su quegli aspetti che veramente possono contribuire a snellire la macchina della giustizia, come ad esempio il processo telematico, che purtroppo sta registrando, come era logico aspettarsi in Italia, grossi problemi e continui contrattempi nella sua implementazione.
Si aggiunga inoltre che il ragionamento seguito dalla Consulta nel censurare, nel caso dell’ abolizione delle Province, il ricorso al decreto legge come strumento normativo ordinario, dovrebbe valere a maggior ragione per la riforma della giustizia, materia assai delicata e di cruciale importanza in un Stato di diritto.
Troppo spesso nel nostro bel Paese si usano due pesi e due misure.