Nuove regole UE per il rimpatrio dei clandestini stranieri

Direttiva 2008/115/CE - GUCE L 348/98 del 24.12.2008.
Nuove regole UE per il rimpatrio dei clandestini stranieri
Domenica 10 Maggio 2009

La questione dei migranti è andata sempre più affermandosi negli ultimi anni, nel contesto europeo, e ciò ha reso imminente la necessità di strutturazione di una normativa comunitaria e internazionale che possa dare direttive riguardanti la gestione e, soprattutto, la tutela dei diritti del migrante e dell'apolide.

Merita di essere ricordata l'importante affermazione che si apre il documento varato, di recente,dal Consiglio d'Europa sui temi dell'immigrazione ed asilo.

"Le migrazioni internazionali sono una realtà che persisterà in particolare finché resteranno i divari di ricchezza e di sviluppo tra le diverse regioni del mondo.

Possono rappresentare un'opportunità poiché sono un fattore di scambi umani ed economici e consentono inoltre alle persone di concretare le loro aspirazioni.

Possono contribuire in modo decisivo alla crescita economica dell'Unione europea e degli Stati membri che hanno bisogno di migranti a motivo della situazione del loro mercato del lavoro o della loro situazione demografica.

Infine, apportano risorse ai migranti e ai loro paesi d'origine, contribuendo in tal modo al loro sviluppo".

In base al contenuto del Patto europeo sull'immigrazione ed asilo politico,approvato dal Consiglio d'Eurpa,l'Unione Europea ha introdotto alcune norme comuni circa l'allontanamento ed il rimpatrio degli stranieri irregolari,contenute nella Direttiva del Parlamento e del Consiglio 2008/115/CE,pubblicata il 24 dicembre 2008 sulla Gazzetta Ufficiale della Unione Europea a cui tutti i Paesi comunitari dovranno uniformarsi entro il 24 dicembre 2010.

Nella stessa ottica vennero adottate dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa il 9 maggio 2005 venti linee guida su tutti gli stadi del procedimento di rimpatrio forzato.

Le linee guida richiamano i diritti tutelati dalla Convenzione europea per la protezione dei diritti umani e le libertà fondamentali,contenute in cinque capitoli

-          Voluntary return,

-          The removal order

-          Detention pending removal

-          Readmission

-          Forced removals

riguardanti i vari aspetti del rimpatrio forzato.

Un capitolo specifico venne dedicato alla detenzione in attesa dell'allontanamento in cui sono indicate,tra l'altro,le circostanze in cui la detenzione può essere ordinata e le condizioni minime di detenzione.

E' stato sottolineato che lo stato ospite dovrebbe prendere misure di promozione del ritorno volontario più che coattivo; l'ordine di allontanamento dovrebbe essere perseguito solo in accordo con le leggi nazionali e non dovrebbe essere applicato se presente il rischio di violenze, torture o trattamenti inumani e degradanti nel paese di ritorno sia da parte del governo sia da parte di "non-state actors".

Al fine di verificare l' assoluta assenza di pericolo nel paese di ritorno, dovrebbero essere valu tate e prese in considerazione le informazioni provenienti da tutte le fonti, governative e non, e dall'UNHCR, l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati.

Non dovrebbe inoltre essere portato a termine un'ordinanza di rimpatrio se lo stato in cui il migrante deve far ritorno rifiuti il rientro del migrante stesso.

In ogni caso è proibita l'espulsione collettiva e la mancata adempienza dell'analisi individuale dei diversi casi.

Merita attenzione,in particolare,il terzo capitolo riguardante le modalità di detenzione dopo l'ordine di rimpatrio.

  • La persona detenuta dovrebbe, innanzitutto, essere informata in una lingua che conosce e dovrebbe avere la possibilità di contattare giudici e avvocati.
  • La detenzione dovrebbe essere più breve possibile e rispettosa dei diritti umani.
  • Il personale presente all'interno dei luoghi detenzione dovrebbe essere altamente qualificato e in grado di affrontare la situazione specifica.
  • Le persone trattenute, inoltre, dovrebbero ricevere degna assistenza medica e ascolto psicologico e non dovrebbero essere detenute insieme a ordinary prisoners;
  • dovrebbero avere libero accesso ad avvocati, ONG e familiari.

I centri di detenzione dovrebbero essere costantemente monitorati da enti esterni e l'accesso dovrebbe essere liberamente consentito a membri dell'UNHCR, del parlamento europeo e altri soggetti qualificati.

Il nuovo pacchetto di regole e procedure,introdotto con la Direttiva 115/2008,è,in conseguenza,basato sul pieno rispetto dei fondamentali diritti umani e della dignità dei clandestini ed appare pienamente coerente con le regole dettate nel non lontano 2005.

a-Le nuove regole in generale

Le regole introdotte con la Direttiva in commento prevedono chiaramente che dovranno essere tenuti in debito conto dalla Autorità procedente al rimpatrio

  • l'interesse superiore dei bambini,
  • la vita familiare,
  • le condizioni di salute del cittadino straniero soggetto a rimpatrio
  • il principio del non-refoulement, cioè il divieto esplicito di espulsione e di rimpatrio di profughi verso i Paesi dove la loro vita o la loro libertà è in pericolo.

Inoltre,tra le nuove regole, va considerata,in primo luogo,quella che nel caso in cui i cittadini irregolari possiedano un permesso di soggiorno valido oppure un'altra autorizzazione per soggiornare rilasciati da un altro Stato membro della UE,il rimpatrio dovrà essere effettuato verso questo Paese; mentre, nel caso in cui l'irregolare abbia iniziato una procedura per il rinno vo del permesso di soggiorno o di un'altra autorizzazione per avere il diritto di soggiornare, si potrà attendere il completamento dell'iter prima di prendere una decisione sul rimpatrio.

E' previsto, inoltre, che in qualsiasi momento gli Stati comunitari possano decidere di rilasciare per motivi caritatevoli, umanitari o di altro tipo un permesso di soggiorno autonomo od un'altra autorizzazione analoga ad un irregolare, non emettendo la decisione di rimpatrio o revocandola o sospendendola,nel caso sia stata già emessa.

La revoca o la sospensione di tale autorizzazione,naturalmente,dovranno valere per la durata del permesso rilasciato.

In ogni caso la direttiva non impedisce che gli Stati membri decidano di far terminare un sog giorno regolare e dispongano contestualmente il rimpatrio, l'allontanamento e/o il divieto d'ingresso con un atto unico.

Sono previste anche due deroghe all'applicazione degli aspetti positivi della direttiva.

  • se i cittadini extracomunitari siano sottoposti a rimpatrio come sanzione penale o come conseguenza di una sanzione penale, secondo la legislazione nazionale, o sottoposti a proce dure di estradizione;
  • se siano respinti alla frontiera o colti ad attraversarla illegalmente via terra, mare od aria.

Agli irregolari dovranno essere concessi tra i sette ed i trenta giorni per lasciare lo Stato in cui sono entrati illegalmente anche se potranno partire prima,se lo desidereranno,e se potranno beneficiare di proroghe in casi eccezionali (ad esempio per la presenza di bambini che frequen tano la scuola).

La decisione di rimpatrio dovrà seguire la scadenza del periodo di partenza volontaria e le misure coercitive adottate per l'allontanamento dovranno essere proporzionate e non eccedere un uso ragionevole della forza.

Le decisioni di rimpatrio saranno corredate di un divieto d'ingresso,non superiore ai cinque anni,se non sarà stato concesso un periodo per la partenza volontaria oppure se il cittadino extracomunitario non avrà ottemperato all'obbligo di rimpatrio.

b-Il rimpatrio dei minori non accompagnati

Sono state introdotte,inoltre,regole precise anche per l'allontanamento ed il rimpatrio dei mino ri non accompagnati.

Innanzi tutto dovrà essere fornita un'assistenza adeguata da parte di organismi appropriati diversi dalle autorità che eseguono il rimpatrio.

Inoltre lo Stato comunitario che effettua l'espulsione dovrà accertarsi che il bimbo sarà accompagnato presso un membro della sua famiglia, un tutore designato o presso adeguate strutture di accoglienza nello Stato di rimpatrio.

c-le garazie procedurali ai fini del rimpatrio

La direttiva 2008/115/CE dell'UE  detta,peraltro,norme precise anche in relazione alle garanzie procedurali da adottare durante questi proce dimenti a carico degli irregolari e sul trattenimento ai fini dello allontanamento presso appositi centri di permanenza temporanea, quando dovesse esserci un rischio di fuga,oppure se il cittadino del paese terzo evitasse od ostacolasse la preparazione del rimpatrio o dell'allontanamento.

In particolare, per il trattenimento nei Centri di permanenza ed espulsione è previsto che gli extracomunitari dovranno avere il diritto, su richiesta,di contattare avvocati, famigliari ed il proprio consolato e che dovrà essere prestata una speciale attenzione nei riguardi dei soggetti deboli e dei malati, assicurando anche le prestazioni d'urgenza.

In particolare, in base all'art. 13 della Direttiva 115/2008 viene stabilito che

1.Al cittadino di un Paese terzo interessato sono concessi mezzi di ricorso effettivo avverso le decisioni connesse al rimpatrio di cui all'articolo 12, paragrafo 1, o per chiederne la revisione dinanzi ad un'autorità giudiziaria o amministrativa competente o a un organo competente composto da membri imparziali che offrono garanzie di indipendenza.

2. L'autorità o l'organo menzionati al paragrafo 1 hanno la facoltà di rivedere le decisioni connesse al rimpatrio di cui all'articolo 12, paragrafo 1, compresa la possibilità di sospen derne temporaneamente l'esecuzione, a meno che la sospensione temporanea sia già applicabile ai sensi del diritto interno.

3. Il cittadino di un paese terzo interessato ha la facoltà di farsi consigliare e rappresentare da un legale e, ove necessario, di avvalersi di un'assistenza linguistica.

4. Gli Stati membri provvedono a che sia garantita, su richiesta, la necessaria assistenza e/o rappresentanza legale gratuita ai sensi della pertinente legislazione o regolamentazione nazio nale in materia e possono disporre che tale assistenza e/o rappresentanza legale gratuita sia soggetta alle condizioni di cui all'articolo 15, paragrafi da 3 a 6, della direttiva 2005/85/CE.

d.il trattenimento nei CIE e la durata

In caso di trattenimento l'art15 della Direttiva UE,prevede che

1. Salvo se nel caso concreto possono essere efficacemente applicate altre misure sufficienti ma meno coercitive, gli Stati membri possono trattenere il cittadino di un paese terzo sottoposto a procedure di rimpatrio soltanto per preparare il rimpatrio e/o effettuare l'allontanamento, in particolare quando:

a) sussiste un rischio di fuga

b) il cittadino del paese terzo evita od ostacola la preparazione del rimpatrio o dell'allontana mento.

Il trattenimento ha durata quanto più breve possibile ed è mantenuto solo per il tempo necessario all'espletamento diligente delle modalità di rimpatrio.

2. Il trattenimento è disposto dalle autorità amministrative o giudiziarie. Il trattenimento è disposto per iscritto ed è motivato in fatto e in diritto. Quando il trattenimento è disposto dalle autorità amministrative, gli Stati membri:

a) prevedono un pronto riesame giudiziario della legittimità del trattenimento su cui decidere entro il più breve tempo possibile dall'inizio del trattenimento stesso,

b) oppure accordano al cittadino di un paese terzo interessato il diritto di presentare ricorso per sottoporre ad un pronto riesame giudiziario la legittimità del trattenimento su cui decidere entro il più breve tempo possibile dall'avvio del relativo procedimento.

In tal caso gli Stati membri informano immediatamente il cittadino del paese terzo in merito alla possibilità di presentare tale ricorso.

Il cittadino di un paese terzo interessato è liberato immediatamente se il trattenimento non è legittimo.

3. In ogni caso, il trattenimento è riesaminato ad intervalli ragionevoli su richiesta del cittadino di un paese terzo interessato o d'ufficio. Nel caso di periodi di trattenimento prolungati il riesame è sottoposto al controllo di un'autorità giudiziaria.

4. Quando risulta che non esiste più alcuna prospettiva ragionevole di allontanamento per motivi di ordine giuridico o per altri motivi o che non sussistono più le condizioni di cui al paragrafo 1, il trattenimento non è più giustificato e la persona interessata è immediatamente rilasciata.

5. Il trattenimento è mantenuto finché perdurano le condizioni di cui al paragrafo 1 e per il periodo necessario ad assicurare che l'allontanamento sia eseguito.

Ciascuno Stato membro stabilisce un periodo limitato di trattenimento, che non può superare i sei mesi.

6. Gli Stati membri non possono prolungare il periodo di cui al paragrafo 5, salvo per un periodo limitato non superiore ad altri dodici mesi conformemente alla legislazione nazionale nei casi in cui, nonostante sia stato compiuto ogni ragionevole sforzo, l'operazione di allontanamento rischia di durare più a lungo a causa:

a) della mancata cooperazione da parte del cittadino di un paese terzo interessato, o

b) dei ritardi nell'ottenimento della necessaria documentazione dai paesi terzi.

Il successivo art.16 della Direttiva stabilisce in tema di trattenimento presso i CIE che

1. Il trattenimento avviene di norma in appositi centri di permanenza temporanea.

Qualora uno Stato membro non possa ospitare il cittadino di un paese terzo interessato in un apposito cen tro di permanenza temporanea e debba sistemarlo in un istituto penitenziario, i cittadini di paesi terzi trattenuti sono tenuti separati dai detenuti ordinari.

2. I cittadini di paesi terzi trattenuti hanno la possibilità - su richiesta - di entrare in contatto, a tempo debito, con rappresentanti legali, familiari e autorità consolari competenti.

3. Particolare attenzione è prestata alla situazione delle persone vulnerabili. Sono assicurati le prestazioni sanitarie d'urgenza e il trattamento essenziale delle malattie.

4. I pertinenti e competenti organismi ed organizzazioni nazionali, internazionali e non governativi hanno la possibilità di accedere ai centri di permanenza temporanea di cui al paragrafo 1, nella misura in cui essi sono utilizzati per trattenere cittadini di paesi terzi in conformità del presente capo. Tali visite possono essere soggette ad autorizzazione.

5. I cittadini di paesi terzi trattenuti sono sistematicamente informati delle norme vigenti nel centro e dei loro diritti e obblighi. Tali informazioni riguardano anche il loro diritto, ai sensi della legislazione nazionale, di mettersi in contatto con gli organismi e le organizzazioni di cui al paragrafo 4.

e.la legislazione italiana in emanazione

Alla luce di quanto innanzi,appare evidente come sia assolutamente inconciliabile la norma introdotta dal DL Sicurezza n.11/2009 .

La norma contenuta nel decreto,in via di conversione alla Camera dei Deputati,che estende il tempo di permanenza nei Cie da 2 a 6 mesi per gli stranieri irregolari, viola la direttiva europea 115/2008, richiamata come norma base per l'estensione della detenzione.

Lo ha sottolineato nel suo parere il Csm che esprime perplessita' sul punto.

L'art.15 della direttiva europea,si legge nel parere al Decreto Legge consente il "trattenimento in caso di resistenza, da parte dell'immigrato, all'identificazione", ma in caso di difficolta' nello 'ottenere documenti dai Paesi terzi, consente soltanto "il prolungamento della permanenza".

In conseguenza,la Camera ha espunto dal testo all'esame del Parlamento  l'articolo 5 del decre to sulla sicurezza che prevedeva l'allungamento fino a sei mesi dei tempi di permanenza nei centri di accoglienza per immigrati in attesa dell'espulsione.

E' il giusto riconoscimento della valenza della Direttiva della UE 115/2008 che così dispiega tutta la sua efficacia ed a cui i legislatori nazionali debbono adeguare le proprie norme.

f. conclusioni

La Unione Europe ribadisce la propria convinzione che le questioni migratorie costituiscono parte integrante delle relazioni esterne dell'Unione e che una gestione armoniosa ed efficace delle migrazioni deve essere globale e pertanto riguardare nel contempo l'organizzazione della migrazione legale e la lotta contro l'immigrazione clandestina come mezzi per favorire le sinergie tra le migrazioni e lo sviluppo.

L'Unione europea non dispone tuttavia dei mezzi per accogliere degnamente tutti i migranti che sperano di trovarvi una vita migliore.

L'organizzazione dell'immigrazione deve pertanto tener conto delle capacità d'accoglienza dell'Europa sul piano del mercato del lavoro, degli alloggi, dei servizi sanitari, scolastici e sociali nonché proteggere i migranti dal rischio di sfruttamento da parte di reti criminali.

D'altro canto la creazione di uno spazio comune di libera circolazione pone gli Stati membri di fronte a nuove sfide.

Il comportamento di uno Stato può avere ripercussioni sugli interessi degli altri. L'accesso al territorio di uno Stato membro può essere seguito dall'accesso al territorio di altri Stati membri.

È pertanto imperativo che ciascuno Stato membro tenga conto degli interessi dei partner nel definire e attuare le proprie politiche di immigrazione, integrazione e asilo.

Latina,18 Aprile 2009

                                                                                                                ** Presidente

                                                                                                                      ANIMI Onlus

 

 

(Direttiva 2008/115/CE - GUCE L 348/98 del 24.12.2008)

(omissis)

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

Articolo 1

Oggetto

La presente direttiva stabilisce norme e procedure comuni da applicarsi negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, nel rispetto dei diritti fondamentali in quanto principi generali del diritto comunitario e del diritto internazionale, compresi gli obblighi in materia di protezione dei rifugiati e di diritti dell'uomo.

Articolo 2

Ambito di applicazione

1. La presente direttiva si applica ai cittadini di paesi terzi il cui soggiorno nel territorio di uno Stato membro è irregolare.

2. Gli Stati membri possono decidere di non applicare la presente direttiva ai cittadini di paesi terzi:

a) sottoposti a respingimento alla frontiera conformemente all'articolo 13 del codice frontiere Schengen ovvero fermati o scoperti dalle competenti autorità in occasione dell'attraversamento irregolare via terra, mare o aria della frontiera esterna di uno Stato membro e che non hanno successivamente ottenuto un'autorizzazione o un diritto di soggiorno in tale Stato membro;

b) sottoposti a rimpatrio come sanzione penale o come conseguenza di una sanzione penale, in conformità della legislazione nazionale, o sottoposti a procedure di estradizione.

3. La presente direttiva non si applica ai beneficiari del diritto comunitario alla libera circola zio ne,quali definiti all'articolo 2, paragrafo 5, del codice frontiere Schengen.

Articolo 3

Definizioni

Ai fini della presente direttiva, si intende per:

1) «cittadino di un paese terzo» chiunque non sia cittadino dell'Unione ai sensi dell'articolo 17, paragrafo 1, del trattato né un beneficiario del diritto comunitario alla libera circolazione, quale definito all'articolo 2, paragrafo 5, del codice frontiere Schengen;

2) «soggiorno irregolare» la presenza nel territorio di uno Stato membro di un cittadino di un paese terzo che non soddisfi o non soddisfi più le condizioni d'ingresso di cui all'articolo 5 del codice frontiere Schengen o altre condizioni d'ingresso, di soggiorno o di residenza in tale Stato membro;

3) «rimpatrio» il processo di ritorno di un cittadino di un paese terzo, sia in adempimento volontario di un obbligo di rimpatrio sia forzatamente:

- nel proprio paese di origine, o

- in un paese di transito in conformità di accordi comunitari o bilaterali di riammissione o di altre intese, o

- in un altro paese terzo, in cui il cittadino del paese terzo in questione decide volontariamente di ritornare e in cui

sarà accettato;

4) «decisione di rimpatrio» decisione o atto amministrativo o giudiziario che attesti o dichiari l'irregolarità del soggiorno di un cittadino di paesi terzi e imponga o attesti l'obbligo di rimpatrio;

5) «allontanamento» l'esecuzione dell'obbligo di rimpatrio, vale a dire il trasporto fisico fuori dallo Stato membro;

6) «divieto d'ingresso» decisione o atto amministrativo o giudiziario che vieti l'ingresso e il soggiorno nel territorio degli Stati membri per un periodo determinato e che accompagni una decisione di rimpatrio;

7) «rischio di fuga» la sussistenza in un caso individuale di motivi basati su criteri obiettivi definiti dalla legge per ritenere che un cittadino di un paese terzo oggetto di una procedura di rimpatrio possa tentare la fuga;

8) «partenza volontaria»: l'adempimento dell'obbligo di rimpatrio entro il termine fissato a tale scopo nella decisione di rimpatrio;

9) «persone vulnerabili»: i minori, i minori non accompagnati, i disabili, gli anziani, le donne in gravidanza, le famiglie monoparentali con figli minori e le persone che hanno subìto torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale.

Articolo 4

Disposizioni più favorevoli

1. La presente direttiva lascia impregiudicate le disposizioni più favorevoli vigenti in forza di:

a) accordi bilaterali o multilaterali tra la Comunità, o la Comunità e i suoi Stati membri, e uno o più paesi terzi;

b) accordi bilaterali o multilaterali tra uno o più Stati membri e uno o più paesi terzi.

2. La presente direttiva lascia impregiudicate le disposizioni più favorevoli ai cittadini di paesi terzi previste dall'acquis comunitario in materia di immigrazione e di asilo.

3. La presente direttiva lascia impregiudicata la facoltà degli Stati membri di introdurre o mantenere disposizioni più favorevoli alle persone cui si applica, purché compatibili con le norme in essa stabilite.

4. Per quanto riguarda i cittadini di paesi terzi esclusi dall'ambito di applicazione della presente direttiva conformemente all'articolo 2, paragrafo 2, lettera a), gli Stati membri:

a) provvedono affinché siano loro riservati un trattamento e un livello di protezione non meno favorevoli di quanto disposto all'articolo 8, paragrafi 4 e 5 (limitazione dell'uso di misure coercitive), all'articolo 9, paragrafo 2, lettera a) (rinvio dell'allontanamento), all'articolo 14, paragrafo 1, lettere b) e d) (prestazioni sanitarie d'urgenza e considerazione delle esigenze delle persone vulnerabili) e agli articoli 16 e 17 (condizioni di trattenimento) e

b) rispettano il principio di non-refoulement.

Articolo 5

Non-refoulement, interesse superiore del bambino, vita

familiare e condizioni di salute

Nell'applicazione della presente direttiva, gli Stati membri tengono nella debita considerazione:

a) l'interesse superiore del bambino;

b) la vita familiare;

c) le condizioni di salute del cittadino di un paese terzo interessato;

e rispettano il principio di non-refoulement.

CAPO II

FINE DEL SOGGIORNO IRREGOLARE

Articolo 6

Decisione di rimpatrio

1. Gli Stati membri adottano una decisione di rimpatrio nei confronti di qualunque cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel loro territorio è irregolare, fatte salve le deroghe di cui ai paragrafi da 2 a 5.

2. Un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel territorio di uno Stato membro è irregolare e che è in possesso di un permesso di soggiorno valido o di un'altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare rilasciati da un altro Stato membro deve recarsi immediatamente nel territorio di quest'ultimo. In caso di mancata osservanza di questa prescrizione da parte del cittadino di un paese terzo interessato ovvero qualora motivi di ordine pubblico o di sicurezza nazionale impongano la sua immediata partenza, si applica il paragrafo 1.

3. Gli Stati membri possono astenersi dall'emettere una decisione di rimpatrio nei confronti di un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel loro territorio è irregolare qualora il cittadino in questione sia ripreso da un altro Stato membro in virtù di accordi o intese bilaterali vigenti alla data di entrata in vigore della presente direttiva. In tal caso lo Stato membro che riprende il cittadino in questione applica il paragrafo 1.

4. In qualsiasi momento gli Stati membri possono decidere di rilasciare per motivi caritatevoli, umanitari o di altra natura un permesso di soggiorno autonomo o un'altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare a un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel loro territorio è irregolare. In tali casi non è emessa la decisione di rimpatrio. Qualora sia già stata emessa, la decisione di rimpatrio è revocata o sospesa per il periodo di validità del titolo di soggiorno o di un'altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare.

5. Qualora un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel territorio di uno Stato membro è irregolare abbia iniziato una procedura per il rinnovo del permesso di soggiorno o di un'altra autorizzazione che conferisce il diritto di soggiornare, lo Stato membro in questione valuta l'opportunità di astenersi dall'emettere una decisione di rimpatrio fino al completamento della procedura, fatto salvo il paragrafo 6.

6. La presente direttiva non osta a che gli Stati membri decidano di porre fine al soggiorno regolare e dispongano contestualmente il rimpatrio e/o l'allontanamento e/o il divieto d'ingresso in un'unica decisione o atto amministrativo o giudiziario in conformità della legislazione nazionale, fatte salve le garanzie procedurali previste dal capo III e da altre pertinenti disposizioni del diritto comunitario e nazionale.

Articolo 7

Partenza volontaria

1. La decisione di rimpatrio fissa per la partenza volontaria un periodo congruo di durata compresa tra sette e trenta giorni, fatte salve le deroghe di cui ai paragrafi 2 e 4. Gli Stati membri possono prevedere nella legislazione nazionale che tale periodo sia concesso unicamente su richiesta del cittadino di un paese terzo interessato. In tal caso, gli Stati membri informano i cittadini di paesi terzi interessati della possibilità di inoltrare tale richiesta. Il periodo previsto al primo comma non esclude la possibilità per i cittadini di paesi terzi interessati di partire prima.

2. Gli Stati membri prorogano, ove necessario, il periodo per la partenza volontaria per un periodo congruo, tenendo conto delle circostanze specifiche del caso individuale, quali la durata del soggiorno, l'esistenza di bambini che frequentano la scuola e l'esistenza di altri legami familiari e sociali.

3. Per la durata del periodo per la partenza volontaria possono essere imposti obblighi diretti a evitare il rischio di fuga, come l'obbligo di presentarsi periodicamente alle autorità, la costituzione di una garanzia finanziaria adeguata, la consegna di documenti o l'obbligo di dimorare in un determinato luogo.

4. Se sussiste il rischio di fuga o se una domanda di soggiorno regolare è stata respinta in quanto manifestamente infondata o fraudolenta o se l'interessato costituisce un pericolo per l'ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale, gli Stati membri possono astenersi dal concedere un periodo per la partenza volontaria o concederne uno inferiore a sette giorni.

Articolo 8

Allontanamento

1. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per eseguire la decisione di rimpatrio qualora non sia stato concesso un periodo per la partenza volontaria a norma dell'articolo 7, paragrafo 4, o per mancato adempimento dell'obbligo di rimpatrio entro il periodo per la partenza volontaria concesso a norma dell'articolo 7.

2. Qualora uno Stato membro abbia concesso un periodo per la partenza volontaria a norma dell'articolo 7, la decisione di rimpatrio può essere eseguita unicamente alla scadenza di tale periodo, a meno che nel periodo in questione non sorga uno dei rischi di cui all'articolo 7, paragrafo 4.

3. Gli Stati membri possono adottare una decisione o un atto amministrativo o giudiziario distinto che ordini l'allontanamento.

4. Ove gli Stati membri ricorrano - in ultima istanza - a misure coercitive per allontanare un cittadino di un paese terzo che oppone resistenza, tali misure sono proporzionate e non eccedano un uso ragionevole della forza. Le misure coercitive sono attuate conformemente a quanto previsto dalla legislazione nazionale in osservanza dei diritti fondamentali e nel debito rispetto della dignità e dell'integrità fisica del cittadino di un paese terzo interessato.

5. Nell'effettuare l'allontanamento per via aerea gli Stati membri tengono conto degli orientamenti comuni sulle disposizioni di sicurezza applicabili all'allontanamento congiunto per via aerea allegati alla decisione 2004/573/CE.

6. Gli Stati membri prevedono un sistema di monitoraggio efficace dei rimpatri forzati.

Articolo 9

Rinvio dell'allontanamento

1. Gli Stati membri rinviano l'allontanamento:

a) qualora violi il principio di non-refoulement, oppure

b) per la durata della sospensione concessa ai sensi dell'articolo 13, paragrafo 2.

2. Gli Stati membri possono rinviare l'allontanamento per un congruo periodo, tenendo conto delle circostanze specifiche di ciascun caso. Gli Stati membri tengono conto in particolare:

a) delle condizioni fisiche o mentali del cittadino di un paese terzo;

b) delle ragioni tecniche, come l'assenza di mezzi di trasporto o il mancato allontanamento a causa dell'assenza di identificazione.

3. Ove sia disposto il rinvio dell'allontanamento a norma dei paragrafi 1 e 2, al cittadino di un paese terzo interessato possono essere imposti gli obblighi di cui all'articolo 7, paragrafo 3.

 Articolo 10

Rimpatrio e allontanamento di minori non accompagnati

1. Prima di emettere una decisione di rimpatrio nei confronti di un minore non accompagnato è fornita un'assistenza da parte di organismi appropriati diversi dalle autorità che eseguono il rimpatrio tenendo nel debito conto l'interesse superiore del bambino.

2. Prima di allontanare un minore non accompagnato dal territorio di uno Stato membro, le autorità di tale Stato membro si accertano che questi sarà ricondotto ad un membro della sua famiglia, a un tutore designato o presso adeguate strutture di accoglienza nello Stato di rimpatrio.

Articolo 11

Divieto d'ingresso

1. Le decisioni di rimpatrio sono corredate di un divieto d'ingresso:

a) qualora non sia stato concesso un periodo per la partenza volontaria, oppure

b) qualora non sia stato ottemperato all'obbligo di rimpatrio.

In altri casi le decisioni di rimpatrio possono essere corredate di un divieto d'ingresso.

2. La durata del divieto d'ingresso è determinata tenendo debitamente conto di tutte le circostanze pertinenti di ciascun caso e non supera di norma i cinque anni. Può comunque superare i cinque anni se il cittadino di un paese terzo costituisce una grave minaccia per l'ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale.

3. Gli Stati membri valutano la possibilità di revocare o sospendere un divieto d'ingresso qualora un cittadino di un paese terzo colpito da un divieto d'ingresso disposto in conformità del paragrafo 1, secondo comma, possa dimostrare di aver lasciato il territorio di uno Stato membro in piena ottemperanza di una decisione di rimpatrio. Le vittime della tratta di esseri umani cui è stato concesso un permesso di soggiorno ai sensi della direttiva2004/81/CE del Consiglio [12], del 29 aprile 2004, riguardante il titolo di soggiorno da rilasciare ai cittadini di paesi terzi vittime della tratta di esseri umani o coinvolti in un'azione di favoreggiamento dell'immigrazione illegale che cooperino con le autorità competenti non sono soggette a divieto d'ingresso fatte salve le disposizioni del paragrafo 1, primo comma, lettera b), e purché il cittadino di un paese terzo in questione non rappresenti una minaccia per l'ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale. In casi individuali gli Stati membri possono astenersi per motivi umanitari dall'emettere, revocare o sospendere un divieto d'ingresso. In casi individuali o in talune categorie di casi gli Stati membri possono revocare o sospendere un divieto d'ingresso per altri motivi.

4. Lo Stato membro che preveda di rilasciare un permesso di soggiorno o un'altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare ad un cittadino di un paese terzo colpito da un divieto d'ingresso disposto da un altro Stato membro consulta preliminarmente lo Stato membro che lo ha disposto e tiene conto degli interessi di quest'ultimo in conformità dell'articolo 25 dellaconvenzione di applicazione dell'accordo di Schengen [13].

5. I paragrafi da 1 a 4 non pregiudicano negli Stati membri il diritto alla protezione internazionale, quale definita all'articolo 2, lettera a), della direttiva 2004/83/CE del Consiglio [14], del 29 aprile 2004, recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta.

CAPO III

GARANZIE PROCEDURALI

Articolo 12

Forma

1. Le decisioni di rimpatrio e, ove emesse, le decisioni di divieto d'ingresso e le decisioni di allontanamento sono adottate in forma scritta, sono motivate in fatto e in diritto e contengono informazioni sui mezzi di ricorso disponibili. Le informazioni sui motivi in fatto possono essere ridotte laddove la legislazione nazionale consenta che il diritto di informazione sia limitato, in particolare per salvaguardare la sicurezza nazionale, la difesa, la pubblica sicurezza e per la prevenzione, le indagini, l'accertamento e il perseguimento di reati.

2. Gli Stati membri provvedono, su richiesta, alla traduzione scritta od orale dei principali elementi delle decisioni connesse al rimpatrio di cui al paragrafo 1, incluse le modalità di impugnazione disponibili, in una lingua comprensibile per il cittadino di un paese terzo o che si può ragionevolmente supporre tale.

3. Gli Stati membri possono decidere di non applicare il paragrafo 2 ai cittadini di paesi terzi che sono entrati in modo irregolare nel territorio di uno Stato membro e non hanno successivamente ottenuto un'autorizzazione o un diritto di soggiorno in tale Stato. In tali casi le decisioni connesse al rimpatrio di cui al paragrafo 1 sono adottate per mezzo di un modello uniforme previsto dalla legislazione nazionale. Gli Stati membri rendono disponibili schede informative generalizzate che espongono gli elementi principali del modello uniforme in almeno cinque delle lingue più frequentemente utilizzate o comprese dagli immigrati che entrano in modo irregolare nel loro territorio.

Articolo 13

Mezzi di ricorso

1. Al cittadino di un paese terzo interessato sono concessi mezzi di ricorso effettivo avverso le decisioni connesse al rimpatrio di cui all'articolo 12, paragrafo 1, o per chiederne la revisione dinanzi ad un'autorità giudiziaria o amministrativa competente o a un organo competente composto da membri imparziali che offrono garanzie di indipendenza.

2. L'autorità o l'organo menzionati al paragrafo 1 hanno la facoltà di rivedere le decisioni connesse al rimpatrio di cui all'articolo 12, paragrafo 1, compresa la possibilità di sospenderne temporaneamente l'esecuzione, a meno che la sospensione temporanea sia già applicabile ai sensi del diritto interno.

3. Il cittadino di un paese terzo interessato ha la facoltà di farsi consigliare e rappresentare da un legale e, ove necessario, di avvalersi di un'assistenza linguistica.

4. Gli Stati membri provvedono a che sia garantita, su richiesta, la necessaria assistenza e/o rappresentanza legale gratuita ai sensi della pertinente legislazione o regolamentazione nazionale in materia e possono disporre che tale assistenza e/o rappresentanza legale gratuita sia soggetta alle condizioni di cui all'articolo 15, paragrafi da 3 a 6, della direttiva 2005/85/CE.

Articolo 14

Garanzie prima del rimpatrio

1. Gli Stati membri provvedono, ad esclusione della situazione di cui agli articoli 16 e 17, affinché si tenga conto il più possibile dei seguenti principi in relazione ai cittadini di paesi terzi durante il periodo per la partenza volontaria concesso a norma dell'articolo 7 e durante i periodi per i quali l'allontanamento è stato differito ai sensi dell'articolo 9:

a) che sia mantenuta l'unità del nucleo familiare con i membri della famiglia presenti nel territorio;

b) che siano assicurati le prestazioni sanitarie d'urgenza e il trattamento essenziale delle malattie;

c) che sia garantito l'accesso al sistema educativo di base per i minori, tenuto conto della durata del soggiorno;

d) che si tenga conto delle esigenze particolari delle persone vulnerabili.

2. Gli Stati membri confermano per iscritto alle persone di cui al paragrafo 1, conformemente alla legislazione nazionale, che il periodo per la partenza volontaria è stato prorogato ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 2, o che l'esecuzione della decisione di rimpatrio è temporaneamente sospesa.

CAPO IV

TRATTENIMENTO AI FINI DELL'ALLONTANAMENTO

Articolo 15

Trattenimento

1. Salvo se nel caso concreto possono essere efficacemente applicate altre misure sufficienti ma meno coercitive, gli Stati membri possono trattenere il cittadino di un paese terzo sottoposto a procedure di rimpatrio soltanto per preparare il rimpatrio e/o effettuare l'allontanamento, in particolare quando:

a) sussiste un rischio di fuga o

b) il cittadino del paese terzo evita od ostacola la preparazione del rimpatrio o dell'allontanamento.

Il trattenimento ha durata quanto più breve possibile ed è mantenuto solo per il tempo necessario all'espletamento diligente delle modalità di rimpatrio.

2. Il trattenimento è disposto dalle autorità amministrative o giudiziarie. Il trattenimento è disposto per iscritto ed è motivato in fatto e in diritto. Quando il trattenimento è disposto dalle autorità amministrative, gli Stati membri:

a) prevedono un pronto riesame giudiziario della legittimità del trattenimento su cui decidere entro il più breve tempo possibile dall'inizio del trattenimento stesso,

b) oppure accordano al cittadino di un paese terzo interessato il diritto di presentare ricorso per sottoporre ad un pronto riesame giudiziario la legittimità del trattenimento su cui decidere entro il più breve tempo possibile dall'avvio del relativo procedimento. In tal caso gli Stati membri informano immediatamente il cittadino del paese terzo in merito alla possibilità di presentare tale ricorso.

Il cittadino di un paese terzo interessato è liberato immediatamente se il trattenimento non è legittimo.

3. In ogni caso, il trattenimento è riesaminato ad intervalli ragionevoli su richiesta del cittadino di un paese terzo interessato o d'ufficio. Nel caso di periodi di trattenimento prolungati il riesame è sottoposto al controllo di un'autorità giudiziaria.

4. Quando risulta che non esiste più alcuna prospettiva ragionevole di allontanamento per motivi di ordine giuridico o per altri motivi o che non sussistono più le condizioni di cui al paragrafo 1, il trattenimento non è più giustificato e la persona interessata è immediatamente rilasciata.

5. Il trattenimento è mantenuto finché perdurano le condizioni di cui al paragrafo 1 e per il periodo necessario ad assicurare che l'allontanamento sia eseguito. Ciascuno Stato membro stabilisce un periodo limitato di trattenimento, che non può superare i sei mesi.

6. Gli Stati membri non possono prolungare il periodo di cui al paragrafo 5, salvo per un periodo limitato non superiore ad altri dodici mesi conformemente alla legislazione nazionale nei casi in cui, nonostante sia stato compiuto ogni ragionevole sforzo, l'operazione di allontanamento rischia di durare più a lungo a causa:

a) della mancata cooperazione da parte del cittadino di un paese terzo interessato, o

b) dei ritardi nell'ottenimento della necessaria documentazione dai paesi terzi.

Articolo 16

Condizioni di trattenimento

1. Il trattenimento avviene di norma in appositi centri di permanenza temporanea. Qualora uno Stato membro non possa ospitare il cittadino di un paese terzo interessato in un apposito centro di permanenza temporanea e debba sistemarlo in un istituto penitenziario, i cittadini di paesi terzi trattenuti sono tenuti separati dai detenuti ordinari.

2. I cittadini di paesi terzi trattenuti hanno la possibilità - su richiesta - di entrare in contatto, a tempo debito, con rappresentanti legali, familiari e autorità consolari competenti.

3. Particolare attenzione è prestata alla situazione delle persone vulnerabili. Sono assicurati le prestazioni sanitarie d'urgenza e il trattamento essenziale delle malattie.

4. I pertinenti e competenti organismi ed organizzazioni nazionali, internazionali e non governativi hanno la possibilità di accedere ai centri di permanenza temporanea di cui al paragrafo 1, nella misura in cui essi sono utilizzati per trattenere cittadini di paesi terzi in conformità del presente capo. Tali visite possono essere soggette ad autorizzazione.

5. I cittadini di paesi terzi trattenuti sono sistematicamente informati delle norme vigenti nel centro e dei loro diritti e obblighi. Tali informazioni riguardano anche il loro diritto, ai sensi della legislazione nazionale, di mettersi in contatto con gli organismi e le organizzazioni di cui al paragrafo 4.

Articolo 17

Trattenimento di minori e famiglie

1. I minori non accompagnati e le famiglie con minori sono trattenuti solo in mancanza di altra soluzione e per un periodo adeguato il più breve possibile.

2. Le famiglie trattenute in attesa di allontanamento usufruiscono di una sistemazione separata che assicuri loro un adeguato rispetto della vita privata.

3. Ai minori trattenuti è offerta la possibilità di svolgere attività di svago, tra cui attività di gioco e ricreative consone alla loro età e, in funzione della durata della permanenza, è dato accesso all'istruzione.

4. Ai minori non accompagnati è fornita, per quanto possibile, una sistemazione in istituti dotati di personale e strutture consoni a soddisfare le esigenze di persone della loro età.

5. L'interesse superiore del bambino costituisce un criterio fondamentale per il trattenimento dei minori in attesa di allontanamento.

Articolo 18

Situazioni di emergenza

1. Nei casi in cui un numero eccezionalmente elevato di cittadini di paesi terzi da rimpatriare comporta un notevole onere imprevisto per la capacità dei centri di permanenza temporanea di uno Stato membro o per il suo personale amministrativo o giudiziario, sino a quando persiste la situazione anomala detto Stato membro può decidere di accordare per il riesame giudiziario periodi superiori a quelli previsti dall'articolo 15, paragrafo 2, terzo comma, e adottare misure urgenti quanto alle condizioni di trattenimento in deroga a quelle previste all'articolo 16, paragrafo 1, e all'articolo 17, paragrafo 2.

2. All'atto di ricorrere a tali misure eccezionali, lo Stato membro in questione ne informa la Commissione. Quest'ultima è informata anche non appena cessino di sussistere i motivi che hanno determinato l'applicazione delle suddette misure eccezionali.

3. Nulla nel presente articolo può essere interpretato nel senso che gli Stati membri siano autorizzati a derogare al loro obbligo generale di adottare tutte le misure di carattere generale e particolare atte ad assicurare l'esecuzione degli obblighi ad essi incombenti ai sensi della presente direttiva.

CAPO V

DISPOSIZIONI FINALI

Articolo 19

Relazione

La Commissione riferisce ogni tre anni al Parlamento europeo e al Consiglio sull'applicazione della presente direttiva negli Stati membri e propone eventuali modifiche. La Commissione presenta la prima relazione entro il 24 dicembre 2013, incentrandola in particolare sull'applicazione dell'articolo 11, dell'articolo 13, paragrafo 4, e dell'articolo 15 negli Stati membri. Per quanto riguarda l'articolo 13, paragrafo 4, la Commissione valuta in particolare l'ulteriore impatto finanziario e amministrativo negli Stati membri.

Articolo 20

Attuazione

1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 24 dicembre 2010. Per quanto riguarda l'articolo 13, paragrafo 4, gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 24 dicembre 2011. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.

2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.

Articolo 21

Relazione con la convenzione Schengen

La presente direttiva sostituisce le disposizioni degli articoli 23 e 24 della convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen.

Articolo 22

Entrata in vigore

La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

Articolo 23

Destinatari

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea.

Fatto a Strasburgo, addì 16 dicembre 2008.

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