Cassazione civile Sez. I, sentenza 04/10/2012, n. 16923

Cassazione civile Sez. I, sentenza 04/10/2012, n. 16923
Separazione dei coniugi, Alimenti e mantenimento, Provvedimenti riguardo ai figli.
Giovedi 11 Ottobre 2012

Svolgimento del processo

1. Con decreto del 20 aprite 2011, la Corte d'Appello di Catania ha rigettato il reclamo proposto da C.S. avverso il decreto emesso il 20 dicembre 2010, con cui il Tribunale per i minorenni di Catania, nel disporre l'affidamento condiviso del figlio naturale C.A. ad entrambi i genitori, con collocazione prevalente presso la madre G.C.L., aveva posto a carico del reclamante l'obbligo di contribuire al mantenimento del minore mediante il versamento di un assegno mensile di Euro 1.000.00. da rivalutarsi secondo gl'indici Istat, oltre al 50% delle spese straordinarie.

1.1. A fondamento della decisione, la Corte ha ritenuto che il predetto importo fosse adeguato all'agiato tenore di vita assicurato al minore nel corso della convivenza tra il C. e la G., e consentito dai rilevanti introiti dell'attività imprenditoriale svolta dal reclamante sotto la denominazione Energy Global Service. Al riguardo, ha escluso l'intervenuto peggioramento delle condizioni economiche del C., emergente dalle dichiarazioni dei redditi immediatamente successive alla cessazione della convivenza, osservando che i relativi dati contrastavano con la perdurante disponibilità di beni di rilevante valore, ivi incluse autovetture di pregio formalmente intestate alla società, e con l'articolata organizzazione aziendale, dotata di otto dipendenti, nonchè con il giro d'affari risultante dall'analisi dei bilanci. Ha quindi ritenuto superfluo l'espletamento d'indagini di polizia tributaria, escludendo inoltre che sulla possibilità di corrispondere l'assegno potesse incidere la nascita di un'altra figlia, procreata dal C. nell'ambito di un nuovo nucleo familiare, in quanto le condizioni economico-patrimoniali del reclamante erano tali da consentirgli di far fronte comodamente ai suoi obblighi.

2. Avverso il predetto decreto il C. propone ricorso per cassazione, articolato in due motivi, illustrati anche con memoria.

La G. resiste con controricorso.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo d'impugnazione, il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., e dell'art. 2697 c.c., in relazione agli artt. 147 e 155 c.c., sostenendo che, ai fini della determinazione dell'assegno, la Corte d'Appello si è limitata a prendere in considerazione il tenore di vita goduto dal nucleo familiare nel corso della convivenza, trascurando il peggioramento delle sue condizioni economiche, emergente dalla documentazione fiscale prodotta, nonchè l'avvenuta nascita di un'altra figlia. Il decreto impugnato ha inoltre conferito rilievo ad affermazioni indimostrate della G. concernenti il patrimonio di esso ricorrente e l'attività della Energy Global Service, omettendo di considerare la documentazione da lui prodotta, dalla quale risultava che nel periodo successivo alla cessazione della convivenza egli aveva continuato a contribuire al mantenimento della G. e del figlio.

1.1. Il motivo è infondato.

Gli elementi dei quali il ricorrente lamenta l'omessa considerazione risultano infatti compiutamente analizzati nel decreto impugnato, nel quale la Corte territoriale non si è limitata ad accertare il pregresso tenore di vita del nucleo familiare, ma ha esteso la propria indagine ai redditi ed alle sostanze del C., disattendendo motivatamente la tesi difensiva di quest'ultimo, fondata sull'asserito deterioramento delle sue condizioni economiche, alla luce della rassicurante rappresentazione delle sue disponibilità patrimoniali e della sua attività imprenditoriale, emergente dagli elementi acquisiti. Nell'ambito di tale apprezzamento, la mancata contestazione delle circostanze indicate dalla G. non si pone come ragione e-sclusiva del giudizio d'inattendibilità espresso in ordine alle risultanze delle dichiarazioni dei redditi prodotte dall'attore, avendone la Corte ritenuto la portata significativa in base alla valutazione di altri elementi, riguardanti il patrimonio e l'azienda di quest'ultimo, la cui correttezza non è stata messa in dubbio neppure in questa sede.

Il percorso argomentativo seguito ai fini della valutazione in ordine alla capacità del C. di far fronte al mantenimento del figlio non appare dunque scalfito in alcun modo dalle critiche del ricorrente, il quale si limita a ribadire il proprio assunto, senza essere in grado d'individuare incongruenze logiche o errori giuridici nel ragionamento svolto dalla Corte d'Appello, in tal modo dimostrando di voler sollecitare, attraverso l'apparente deduzione del vizio di violazione di legge, una rivisitazione dell'apprezzamento compiuto nel decreto impugnato, non consentito a questa Corte, alla quale non è conferito il potere di riesaminare il merito della controversia, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, le argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta in via esclusiva il compito d'individuare le fonti del proprio convincimento e. a tale scopo, valutare le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza, nonchè scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare i fatti in discussione (cfr. ex plurimis, Cass. Sez. lav., 18 marzo 2011, n. 6288; 23 dicembre 2009, n. 27162; Cass. Sez. 3^, 9 agosto 2007, n. 17477).

2. E' patimenti infondato il secondo motivo, con cui il ricorrente deduce la violazione della L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 5, comma 9, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 5, osservando che la Corte d'Appello ha disatteso le risultanze della documentazione fiscale sulla base di elementi presuntivi. omettendo di disporre indagini di polizia tributaria, richieste dalla G. e dal Pubblico Ministero ed alle quali egli non si era opposto.

2.1. L'esercizio del potere di disporre indagini a mezzo della polizia tributaria sui redditi e sui beni dei genitori, previsto dall'art. 155 c.c., comma 6, (nel testo modificato dalla L. 8 febbraio 2006, n. 54, applicabile anche nei procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati, ai sensi dell'art. 4, comma 2, di detta legge) ai fini del riconoscimento e della determinazione del contributo dovuto per il mantenimento dei figli, non costituisce infatti un dovere, imposto dalla semplice contestazione delle parti in ordine alle rispettive condizioni economiche, ma è rimesso alla discrezionalità del giudice di merito (cfr. Cass., Sez. 1^, 17 maggio 2005. n. 10344; 21 giugno 2000, n. 8417); quest'ultimo, potendo disporre le indagini anche d'ufficio, non può rigettare la richiesta di attribuzione dell'assegno sotto il profilo della mancata dimostrazione degli assunti sui quali tale richiesta si fonda, ma può ben prescinderne, ove ritenga aliunde raggiunta la prova delle disponibilità patrimoniali e delle potenzialità reddituali dell'obbligato (cfr. Cass., Sez. 1^, 18 giugno 2008, n. 16575; 28 aprile 2006, n. 9861).

Qualora pertanto, come nella specie, il diniego delle indagini sia riconducibi-le ad una vantazione di superfluità dell'iniziativa per ritenuta sufficienza degli elementi istruttori acquisiti, la relativa decisione non è censurabile in sede di legittimità, se non sotto il profilo dell'insufficienza della motivazione addotta a fondamento dell'attribuzione o della determinazione dell'assegno, non configuratale nel caso in esame, avuto riguardo all'appagante disamina della situazione economico-patrimoniale del ricorrente, emergente dal decreto impugnato.

3. Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.

 

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, e condanna C.S. al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in complessivi Euro 1.700,00, ivi compresi Euro 1.500,00 per onorario ed Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

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