Mercoledi 22 Luglio 2015 |
Il Direttore generale della giustizia civile
Visto il D.M. 18 ottobre 2010, n. 180 del Ministro della Giustizia di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico, pubblicato su G.U. 4 novembre 2010, n. 258;
visto il D.M. 6 luglio 2011, n. 145, recante modifica al decreto del Ministro della giustizia 18 ottobre 2010 n. 180;
visto il D.M. 4 agosto 2014, n. 139, recante modifica al D.M. 18 ottobre 2010, n. 180 del Ministro della giustizia;
ritenuta la necessità di fornire delle indicazioni sull’interpretazione da dare all’art. 14-bis del D.M. 180/2010;
adotta la seguente
Circolare
Come noto, il D.M. n. 139 del 4 agosto 2014 ha modificato il regolamento approvato con il D.M. n. 180 del 2010 introducendo l’art. 14-bis.
Tale disposizione sancisce un complesso ed ampio quadro di incompatibilità.
Tenuto conto della novità introdotta, dei quesiti pervenuti e dei principali profili di incertezza applicativa che sono stati posti all’attenzione degli uffici ministeriali, si ritiene necessario fornire le seguenti linee interpretative.
Al riguardo occorre premettere che la ratio sottesa a tale norma risiede nell’esigenza di garantire la sussistenza dei requisiti di terzietà e imparzialità dell’organismo di mediazione e dei suoi mediatori, ciò in quanto, come più volte ricordato da questo Ministero, viene svolta una attività delicata e significativa in quanto, prospettando un percorso alternativo alla giurisdizione, tende a definire una controversia mediante l’intervento di un terzo che, pertanto, deve porsi, anche in via di fatto, in una posizione di assoluta equidistanza rispetto alle parti in lite.
In tale prospettiva, dunque, deve ritenersi che l’art. 14-bis miri ad assicurare che l’attività di mediazione sia svolta da un soggetto che offra garanzie, anche sul piano dell’apparenza, di indipendenza e terzietà. Ciò anche in considerazione del fatto che, le norme sull’incompatibilità esprimono lo standard minimo indispensabile per garantire l'imparzialità del mediatore.
Tanto premesso, appare necessario dare compiuta attuazione alla suddetta disposizione, attraverso le seguenti direttive che gli organismi sono chiamati a rispettare.
Difensore del chiamato in mediazione, iscritto come mediatore presso l’organismo prescelto dall’istante.
Il primo dubbio interpretativo attiene all’operatività del divieto anche per l’avvocato di fiducia della parte chiamata in mediazione, iscritto come mediatore presso l’organismo scelto dalla parte istante.
Dal dato letterale della norma e dalla ratio della stessa appare evidente che la previsione normativa trovi applicazione nel caso in cui il difensore del chiamato in mediazione sia mediatore presso quell’organismo perché, diversamente, le parti si troverebbero in posizioni ingiustificatamente differenziate e non si darebbe la giusta garanzia alla parte istante, circa lo svolgimento imparziale del procedimento di mediazione.
Di conseguenza, il divieto di cui all’art. 14-bis opera anche nei confronti del difensore di fiducia della parte chiamata in mediazione, che rivesta al contempo la qualifica di mediatore presso l’organismo adito.
Estensione alle sedi in convenzione ex art. 7, comma 2, lett. c) D.M. 180/2010.
Ulteriore dubbio interpretativo attiene all’operatività del divieto, anche qualora l’organismo si avvalga delle strutture, del personale e dei mediatori di altri organismi con i quali abbia raggiunto a tal fine un accordo, anche per singoli affari di mediazione, ex art. 7, comma 2, lett. c), D.M. 180/2010.
Appare evidente che in tali casi l’organismo "condivide", tra l’altro, i mediatori di un altro organismo di mediazione che si trovano, pertanto, nella medesima posizione formale dei mediatori iscritti presso l’organismo "delegante".
Di conseguenza, anche al fine di evitare una facile elusione della norma, l’incompatibilità non può che estendersi anche ai mediatori dell’organismo con cui si è concluso un accordo ai sensi dell’art. 7, comma 2, lett. c), D.M. 180/2010.
Accordi derogatori.
Altra questione controversa, attiene alla possibilità rimessa alle parti chiamate in mediazione di derogare consensualmente all’incompatibilità.
Al riguardo, si ritiene per le ragioni sopra dette che la materia sia sottratta alla libera disponibilità delle parti.
Di conseguenza, non è possibile sottoscrivere tra le parti in mediazione accordi derogatori del divieto di cui all’art. 14-bis.
Compiti dell’organismo.
Altro dubbio interpretativo, infine, riguarda il potere dell’organismo di rifiutare eventuali istanze di mediazione, laddove gli avvocati delle parti siano iscritti, quali mediatori, presso l’organismo medesimo.
Considerata la funzione di vigilanza e controllo che la normativa attribuisce all’organismo, si ritiene che, trattandosi di una domanda proposta in evidente violazione di norma, all’organismo vada riconosciuto il potere-dovere di rifiutare tali istanze.
Di conseguenza, l’organismo di mediazione deve rifiutare di ricevere le istanze di mediazioni nelle quali si profilano ipotesi di incompatibilità di cui all’art. 14-bis.
Il Direttore generale
Marco Mancinetti