Cassazione, sez. VI Civile - ordinanza n. 25420 del 17 dicembre 2015

Cassazione, sez. VI Civile - ordinanza n. 25420 del 17 dicembre 2015
Mercoledi 30 Dicembre 2015
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Segue un'anteprima del testo:

Presidente Ragonesi – Relatore Genovese

Fatto e diritto

Ritenuto che il consigliere designato ha depositato, in data 20 luglio 2015, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell'art. 380-bis cod. proc. civ.:

«Con sentenza in data 17 luglio 2014, la Corte d'Appello di Salerno ha parzialmente accolto l'appello

(così rettamente qualificato il giudizio rubricato come procedimento di modifica delle condizioni di separazione ex art. 708 e ss c.p.c.) proposto dalla sig.ra

M.T. contro la pronuncia del Tribunale di Nocera Inferiore che, rigettate le reciproche richieste di addebito, ha dichiarato la separazione personale tra la medesima ed il sig. B.M., impartendo i provvedimenti relativi alla regolamentazione del diritto di visita della minore al suo affidamento, alla determinazione del contributo economico in favore della minore e del coniuge, compensando le spese di lite. Secondo la Corte territoriale, la sentenza di primo grado meritava censura solo nella parte relativa alla mancata previsione della disciplina delle spese straordinarie (poste a carico di entrambi i coniugi al 50%), con il rigetto di ogni altra richiesta della T., condannata al pagamento di 2/3 delle spese del grado. Avverso la decisione della Corte d'Appello ha proposto ricorso per cassazione sig.ra M.T., con atto notificato il 22 settembre 2014, sulla base di quattro motivi, con i quali si duole della violazione dei principi e delle norme in tema di: a) addebito della separazione; b)assegno di mantenimento di figlia e coniuge; c) regolamento delle spese processuali, liquidate in misura abnorme.

Il M. ha svolto difese con controricorso.

Il ricorso appare manifestamente fondato con riferimento ai motivi secondo e terzo, assorbito il quarto, e respinto il primo.

Quanto a quest'ultimo, infatti, la motivazione della Corte territoriale in ordine alla esclusione degli addebiti (reciprocamente imputati) appare immune da vizi motivazionali e di violazione di legge, risolvendosi il mezzo in una richiesta di riesame e valutazione delle prove ammesse, espletate e valutate (con esito conforme) nei due gradi di merito. Sotto questo specifico profilo, con riferimento alle sentenze (come quella oggetto del presente giudizio) pubblicate oltre il termine di trenta giorni successivo all'entrata in vigore della legge n. 134 del 2012 (che ha convertito il DL n. 83 del 2012), per le quali è stato dettato un diverso tenore della previsione processuale (al di là delle formulazioni recate dal ricorso) sostanzialmente invocata (ossia, l'art. 360 n. 5 c.p.c.), le censure si infrangono sull' interpretazione così chiarita dalle SU civili (nella Sentenza n. 8053 del 2014): la riformulazione dell'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall'art. 54 del d. l. 22 giugno 2012, n. 83, cony. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'art. 12 delle preleggi, come riduzione al "minimo costituzionale" del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile", esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione. ...

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