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Segue un'anteprima del testo:
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAVANI Piero - Presidente -
Dott. CERRONI Claudio - Consigliere -
Dott. LIBERATI Giovanni - Consigliere -
Dott. MACRI’ Ubalda - Consigliere -
Dott. ANDRONIO Alessandro M. - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
M.H., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza della Corte d'appello di Torino - sezione per i minorenni del 24 settembre 2015;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Dott. MAZZOTTA Gabriele, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
1. - Con sentenza del 24 settembre 2015, la Corte d'appello di Torino - sezione per i minorenni ha confermato - quanto alla responsabilità penale - la sentenza del Tribunale per i minorenni di Torino del 26 marzo 2013 con la quale l'imputato era stato condannato per il reato di cui all'art. 81, comma 2, art. 609 bis, comma 2, n. 1), art. 609 ter, u.c., per avere, più volte in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, costretto la sorella di cinque - sei anni di età, con lui convivente e affidata alle sue cure, con abuso delle condizioni di inferiorità psichica è fisica, a compiere atti sessuali; con l'aggravante di avere commesso il fatto in danno di persona che all'epoca aveva meno di 10 anni. La Corte d'appello ha riconosciuto le circostanze attenuanti generiche e la diminuzione per la minore età prevalenti sull'aggravante contestata e ha conseguentemente rideterminato in diminuzione il trattamento sanzionatorio.
2. - Avverso la sentenza l'imputato ha proposto - tramite il difensore - ricorso per cassazione, chiedendone l'annullamento.
2.1. - Con un primo motivo di doglianza, si lamenta la mancata assunzione della prova decisiva che sarebbe stata rappresentata dalla testimonianza di Ma.Sa., sorella dell'imputato e, per parte di padre, anche della vittima, sulla circostanza se avesse mai assistito a comportamenti sconvenienti posti in essere dall'imputato stesso e su quale fosse il clima familiare. La Corte d'appello avrebbe respinto tale richiesta sull'erroneo presupposto che tale soggetto non aveva vissuto in casa con i fratelli all'epoca dei fatti, mentre un altro testimone, nel corso del dibattimento, aveva affermato che questa viveva con i fratelli. ...
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