Svolgimento del processo
A.E. propone ricorso per cassazione articolato in cinque motivi per la riforma della sentenza n. 2267 del 2011 emessa dalla Corte d'Appello di Milano il 28 novembre 2011, nei confronti di Allianz s.p.a. (già Ras s.p.a.) e di S.A..
Resiste la Allianz s.p.a. con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
La A. espone che nel 2001, mentre attraversava la strada in prossimità di un attraversamento pedonale veniva investita dalla vettura condotta da S.A., assicurata con la Ras s.p.a..
La sua domanda di risarcimento dei danni veniva rigettata sia in primo grado che in appello. La corte d'appello di Milano, in particolare, confermava la decisione di primo grado che aveva ritenuto il S. esente da ogni responsabilità, in considerazione del fatto che nessuna violazione delle norme sulla circolazione stradale fosse addebitabile al conducente della vettura, che aveva a suo favore il semaforo indicante luce verde e aveva tentato di arrestare immediatamente la vettura allorchè il pedone aveva attraversato repentinamente la strada, nonostante il semaforo relativo all'attraversamento pedonale segnalasse la luce rossa.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso la A. denuncia la violazione dell'art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione alla ricostruzione del luogo del sinistro.
Con il secondo motivo denuncia la violazione dell'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione al D.Lgs. n. 285 del 1992,art. 141, n. 2 e art. 191, non avendo la corte d'appello fatto corretta applicazione della norma che impone all'automobilista non solo di rallentare, ma anche di fermare l'automezzo in vista di un pedone che si trovi sulla sua traiettoria di marcia.
Denuncia anche una omissione di motivazione sul fatto decisivo e controverso che il S., pur avendo avvistato il pedone dall'incerto comportamento, proseguiva nella sua marcia, cosicchè, quando la stessa all'improvviso attraversava la strada, benchè avesse inchiodato, non poteva evitare di investirla.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell'art. 360 c.p.c., n. 5, sul punto della imprevedibilità del comportamento del pedone che, dapprima arrestatosi perchè il semaforo segnalava il rosso, aveva poi all'improvviso e di corsa ripreso la marcia attraversando. Sostiene che, avendo il S. davanti a sè un tratto rettilineo di oltre quaranta metri, non aveva potuto non vedere davanti a sè la A. e aveva potuto valutarne il comportamento ed ipotizzare che la stessa, stante l'incertezza manifestata nell'arrestarsi, potesse mutare determinazione scegliendo invece di attraversare nonostante la luce semaforica rossa.
Con il quarto motivo la A. denuncia la violazione dell'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. in relazione all'art. 2054 c.c.. La corte territoriale avrebbe violato la norma contenuta nell'art. 2054 avendo ritenuto che il S. abbia fornito la prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno nonostante la circostanza di fatto che egli non potesse non aver notato la pedona, in prossimità delle strisce pedonali, ed il suo incerto comportamento, tanto che lo stesso conducente, al momento di riprendere la marcia allorchè il semaforo aveva segnato per lui la luce verde, aveva dapprima rallentato, per poi riprendere la corsa, allorchè la A. aveva attraversato all'improvviso e il S., pur avendo cercato di arrestare repentinamente la vettura, non aveva potuto evitare di investirla.
Infine, con il quinto motivo, la ricorrente deduce la violazione dell'art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione all'accertamento contenuto nella c.t.u.; sostiene che la corte di appello non si sia pronunciata sui danni alla persona riportati dalla A. determinando una carenza della motivazione, perchè dall'esame delle ferite e delle fratture e dalla durata della malattia la corte avrebbe potuto trarre ulteriori argomenti a fondamento della responsabilità dell'automobilista, facendone emergere una velocità ben maggiore rispetto a quella (20/30 km all'ora) accertata in giudizio.
I motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi.
Essi devono essere dichiarati inammissibili laddove tutti, sotto lo schermo del difetto di motivazione (che non viene neppure individuato in riferimento alle differenti, alternative tipologie, nè illustrato segnalando il passo della motivazione in cui il ragionamento della corte territoriale sarebbe viziato e contrapponendo ad esso la ricostruzione logica di tale passaggio) o della violazione di legge, propongono a questa Corte di dare una diversa lettura dei fatti di causa attraverso una rivalutazione del materiale probatorio acquisito agli atti del processo, inducendola a sostituire la propria valutazione in fatto con quella già compiuta dal giudice di merito, attività non consentita alla Corte. Peraltro, a pag. 7 della sentenza impugnata la Corte d'Appello di Milano dettagliatamente ricostruisce la dinamica del sinistro e ne trae conclusioni coerenti con le premesse in fatto. In particolare, la corte evidenzia il comportamento contrastante con le norme del codice della strada, ondivago e imprevedibile tenuto dalla A., che dopo aver attraversato metà della carreggiata, giunta in prossimità del secondo attraversamento pedonale che per lei segnava la luce rossa, dapprima accennò ad attraversare (e il S., che stava riprendendo la marcia in quanto in contemporanea il semaforo aveva preso a segnalare il verde per le vetture, la vide in lontananza e rallentò), quindi si fermò (e il S. riprese la marcia confidando che la pedona si fosse arrestata attendendo il verde) quindi riprese la marcia all'improvviso e attraversò correndo (e a quel punto l'automobilista, che aveva ripreso la sua marcia, pur avendo immediatamente frenato non riuscì ad evitarla), qualificando il comportamento tenuto dalla ricorrente come anomalo ed imprevedibile e come tale idoneo ad escludere ogni responsabilità in capo al conducente del veicolo.
Non sussistono neppure le violazioni di legge denunciate. In relazione al quarto motivo di ricorso, in particolare, deve sottolinearsi che la ricorrente non ha neppure indicato a quale, delle varie e differenti regole che disciplinano la responsabilità da circolazione dei veicoli contenute nell'art. 2054 c.c., intenda fare riferimento e non ha di conseguenza indicato con chiarezza quale sia l'errore in cui è incorso il giudice di merito per l'applicazione della norma. Deve tuttavia ritenersi che abbia fatto riferimento all'art. 2054 c.c., comma 1, che pone la presunzione di colpa in capo al conducente del veicolo investitore.
A questo proposito, deve ribadirsi che l'accertamento del comportamento colposo del pedone investito da veicolo non è di per sè sufficiente per l'affermazione della sua esclusiva responsabilità, essendo pur sempre necessario che l'investitore vinca la presunzione di colpa posta a suo carico dall'art. 2054 c.c., comma 1, dimostrando di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno (da ultimo, Cass. n. 5399 del 2013).
Tuttavia la corte d'appello nel caso di specie, con motivazione come si è detto coerente oltre che non adeguatamente censurata, ha accertato che il comportamento del pedone abbia assunto una efficienza causale esclusiva nel provocare il danno stesso per la sua repentinità, mettendo il conducente, per le concrete modalità dei fatti, nella impossibilità di evitare l'incidente (per una altra ipotesi in cui il comportamento del pedone investito è stato ritenuto quale fattore causale esclusivo dell'evento dannoso v. Cass. n. 14064 del 2010).
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Pone a carico della ricorrente le spese di giudizio sostenute dalla controricorrente e le liquida in complessivi Euro 5.000,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre accessori e contributo spese generali.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di cassazione, il 10 aprile 2015.
Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2015