Vittime di Errori Giudiziari e Responsabilità civile dei Magistrati

Vittime di Errori Giudiziari e Responsabilità civile dei Magistrati

La dolorosa vicenda giudiziaria emblematica di Beniamino Zuncheddu ,che ha trascorso 32 anni della propria esistenza nelle Carceri italiane per un errore dei Giudici dovuto ad una falsa testimonianza,ha riaperto una questione mai sopita sulla Responsabilità Civile dei Magistrati.

Mercoledi 13 Dicembre 2023

Il Consiglio dei Ministri ha approvato,nei giorni scorsi,in esame preliminare,due decreti legislativi di attuazione della Legge 17 giugno 2022 n. 71,relativa all’Ordinamento Giudiziario.

Il primo decreto in materia interviene revisionando l’assetto ordinamentale della magistratura, e razionalizzando il funzionamento dei consigli giudiziari per assicurare semplificazione,trasparenza e rigore nelle valutazioni di professionalità dei Magistrati.

Il periodo di valutazione avrà la durata di quattro anni dalla data di nomina e fino al superamento della settima valutazione di professionalità.

Eventuali periodi trascorsi in aspettativa per lo svolgimento di incarichi di governo, nazionali,regionali o locali,pur rimanendo validi ai fini pensionistici e dell’anzianità di servizio,non saranno computati nei quattro anni di valutazione e non se ne terrà conto per l’acquisizione delle connesse qualifiche professionali  e per il trattamento economico che ne consegue.

E sempre riguardo la valutazione dei magistrati,secondo principi di trasparenza e valorizzazione del merito, i risultati misurati con criteri definiti dal CSM, peseranno ai fini dell’assegnazione di incarichi direttivi e semidirettivi.

Anche le c.d.“pagelle” dei magistrati si atterranno ai criteri dettati dal Csm.

Per le diverse funzioni, tenuto conto delle specializzazioni, saranno individuati standard medi di definizione dei procedimenti e nella valutazione del singolo Magistrato, si terrà conto di eventuali “gravi anomalie” nella gestione delle fasi e dei gradi del procedimento o nella conduzione delle udienze.

Ad esempio, potranno essere considerati “indici di grave anomalia”: il rigetto delle richieste avanzate dal magistrato, la riforma o annullamento delle sue decisioni per “abnormità del provvedimento”, la mancanza di motivazione, l’errore o la negligenza nell’applicazione della legge, il travisamento manifesto del fatto, la mancata valutazione di prove decisive.

Entro il mese di febbraio di ogni anno il Csm dovrà raccogliere i provvedimenti e i verbali delle udienze per inserirli nel fascicolo del magistrato.

Si tratta di un provvedimento che richiama i Giudici all’osservanza delle regole del c.d. Giusto Processo e non solo alla corretta applicazione delle norme vigenti che riguardano il processo penale e tutti i cittadini coinvolti a ragione o a torto.

  • Risarcibilità dei danni non patrimoniali

La Responsabilità Civile dei Magistrati,disciplinata dalla Legge 117/88,venne emendata dalla Legge 18/2015 poiché la Corte Costituzionale,con sent .n.205 del 2022,ha ritenuto illegittimo l’art. 2 comma I nella parte in cui disponeva che il danno non patrimoniale è risarcibile solo in ipotesi di provvedimenti illegittimi che attengono alla privazione della libertà personale del presunto imputato.

Detta pronuncia, infatti, aveva così statuito:

1) dichiara l’illegittimità costituzionale della L. 13 aprile 1988, n. 117, art. 2, comma 1 (Risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati),nel testo antecedente alla modifica apportata dalla L. 27 febbraio 2015,n.18,art. 2, comma 1, lett. a), (Disciplina della responsabilità civile dei magistra ti), nella parte in cui non prevede il risarcimento dei danni non patrimoniali da lesione dei diritti inviolabili della persona diversi dalla libertà personale;

2) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale della L. n. 18 del 2015, art. 2, comma 1, lett. a), sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3 e 32 Cost., dalla Corte di cassazione, sezione terza civile

In particolare la Corte ha ritenuto irragionevole la scelta del legislatore di negare la piena tutela risarcitoria che va estesa ai danni non patrimoniali ed ai diritti inviolabili della persona diversi dalla liberà personale, che la Costituzione riconosce e garantisce all’art. 2 Cost., ed ai quali si ascrive certamente anche il diritto alla salute di cui all’art. 32 Cost.

Dalla lettura della sentenza emerge che:

a. non sussiste un unico diritto inviolabile della persona (la libertà di cui all’art. 13 Cost.), cui garantire, a fronte di un illecito civile, piena ed effettiva tutela risarcitoria, appalesa oggi, con il maturare della consapevolezza circa la rilevanza e le funzioni del risarcimento dei danni non patrimoniali a tutela dei diritti inviolabili della persona, i tratti della irragio nevolezza e, dunque,della contrarietà all’art. 3 Cost.;

b. un diritto inviolabile della persona da proteggere con il risarcimento dei danni non patrimoniali, anche fuori dai casi di reato, non è giustificato dalla specificità dell’illecito civile da esercizio della funzione giudiziaria.

c. l’esigenza di preservare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura rileva nella definizione del confine fra lecito e illecito e nella dialettica tra azione civile diretta nei confronti dello Stato e azione di rivalsa nei riguardi del magistrato.

Sono questi i profili della disciplina volti a realizzare il “delicato bilanciamento” tra i principi di cui agli artt. 101 e 103 Cost.,e gli interessi di chi risulta “ingiustamente danneggiato” (v. sentenza n. 164 del 2017, che richiama affermazioni già svolte nella sentenza n. 2 del 1968).

Viceversa, una volta delimitato il campo dell’illecito,a beneficio della serenità e dell’auto nomia del giudice nello svolgimento delle sue funzioni (v. sentenze n. 49 del 2022, n. 164 del 2017, n.18 del 1989, n. 26 del 1987 e n. 2 del 1968), non si ravvisano ragioni idonee a giustificare una compressione di quella tutela essenziale dei diritti inviola bili della persona, che è data dal risarcimento dei danni non patrimoniali;

d. infine,se è vero che la libertà personale, di cui all’art. 13 Cost., può ritenersi esposta a subire pregiudizi particolarmente gravi per effetto dell’illecito del magistrato, simile circostanza rileva su un piano meramente di fatto,del tutto inidoneo a giustificare l’esclusione dalla tutela degli altri diritti inviolabili della persona, parimenti suscettibili di subire danni in conseguenza di un’acclarata responsabilità del magistrato.

Al contempo, pur potendosi ben configurare, in concreto, diversi livelli di gravità dell’illecito, nondimeno è certamente da escludere una astratta differenziazione, rispetto a un rimedio civile che offre una tutela basilare, dei diritti inviolabili della persona, evoca trice, in tale ambito, di una insostenibile gerarchia interna a tale categoria di diritti.

In conseguenza, la declaratoria di illegittimità della normativa citata ha trovato piena applicazione nella decisione emessa dalla Suprema Corte con l’Ordinanza n. 30309 del 31/10/2023 la III Sezione Penale che ha ribadito,nella motivazione, l’interpretazione della Corte Costituzionale.

Il caso esaminato dalla Cassazione rientrava nella previgente disciplina che stabiliva che il danneggiato potesse vedersi risarcito il danno non patrimoniale solo in caso di provvedimento giudiziale che ne aveva disposto la privazione della libertà personale,

Il giudizio venne avviato contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri e contro un Sostituto Procuratore della Repubblica per il risarcimento dei danni non patrimoniali subiti a seguito di una serie di provvedimenti cautelari di natura reale, adottati dal magi strato e accertati come illegittimi.

Sebbene l’attore avesse ottenuto il risarcimento per i danni patrimoniali, invocava anche il ristoro dei danni non patrimoniali.

La domanda proposta veniva respinta sia in primo che in secondo grado, sulla scorta del dato letterale della norma della Legge 117/88,dichiarata illegittima dalla Corte delle Leggi sulla questione costituzionale sollevata proprio dalla stessa III Sezione della Cassazione.

La vicenda è stata,quindi,risolta con l‘accoglimento del ricorso anche grazie all’inter- vento opportuno del Legislatore che si è adeguato alla statuizione della Corte Costituzio nale.

La decisione della Corte delle Leggi e le modifiche apportate alla normativa vigente aprono la strada a nuovi orizzonti sulla importante questione della risarcibilità dei danni subiti dalle Vittime di Errori Giudiziari,benché siano stati introdotti alcuni correttivi con con effetti limitati .

  • Rimborso delle spese legali a seguito di una assoluzione

Il Ministero di Giustizia e quello dell'Economia hanno emanato il decreto in data 20 dicembre 2021 con il quale sono stati definiti i criteri e le modalità dell'erogazione del rim borso delle spese legali agli imputati assolti a seguito di un procedimento penale a carico.

Possono accedere al rimborso i destinatari di una sentenza di assoluzione definitiva

  • “perché il fatto non sussiste”,

  • “perché non ha commesso il fatto”,

  • “perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato”, escluso il caso in cui quest’ultima pronuncia sia intervenuta a seguito della depenalizzazione dei fatti oggetto dell’imputazione.

Ll rimborso è riconosciuto nel limite massimo di 10.500,00 euro ed è liquidato in unica soluzione entro l’anno successivo a quello in cui la sentenza è divenuta irrevocabile.

Il richiedente, ossia l’imputato stesso, può presentare istanza di accesso al fondo tramite apposita piattaforma telematica accessibile dal sito giustizia.it mediante le credenziali SPID di livello due.

Nel caso di imputati minorenni o incapaci, l’istanza potrà essere presentata dal titolare della responsabilità genitoriale o da chi ne ha la rappresentanza legale.

Nel caso di decesso dell’imputato, l’istanza potrà essere presentata dall’erede e, in caso di pluralità di eredi,da uno degli eredi nell’interesse di tutti.

Tra gli elementi che dovranno essere indicati e documentati nella richiesta ci sono, tra gli altri:

- la durata del processo definito con la sentenza di assoluzione divenuta irrevocabile, calcolata dalla data di emissione del provvedimento con il quale è stata esercitata l’azione penale alla data in cui sentenza di assoluzione è diventata definitiva;

- l’importo di cui si chiede il rimborso, che dovrà essere stato versato al professionista legale tramite bonifico, a seguito di emissione della parcella vidimata dal Consiglio dell’ordine.

Verrà data precedenza alle istanze relative ad imputato irrevocabilmente assolto con sentenza resa dalla Corte di Cassazione, ovvero dal giudice del rinvio, o comunque all’esito di un processo complessivamente durato oltre otto anni; a quelle rese dal giudice di appello  o comunque all’esito di un processo durato più di cinque e fino a otto anni; a quelle rese dal giudice di primo grado o comunque all’esito di un processo durato in tutto fino a cinque anni. 

Nell’ambito di ciascun gruppo verrà data preferenza alle istanze per processi più  lunghi e a parità di durata a quelle con imputati con reddito inferiore.

  • Rimborso delle spese legali a seguito della archiviazione del procedimento

ll rimborso delle spese legali concerne anche un procedimento penale conclusosi con l’archiviazione.

Alla luce degli orientamenti giurisprudenziali della Cassazione e del Consiglio di Stato,si ritiene che le spese legali possano essere rimborsate solo qualora vi sia una sentenza definitiva che abbia escluso la responsabilità del dipendente pubblico con una pronuncia di assoluzione nel merito dalle imputazioni contestate.

In merito al rimborso delle spese legali sostenute da un ex amministratore dell'ente, in un procedimento penale conclusosi con l'archiviazione non esiste una disposizione che obblighi l’Amministrazione a tenere indenni gli amministratori delle spese processuali sostenute in giudizi penali concernenti imputazioni oggettivamente connesse all'espleta mento dell'incarico, espressamente prevista, invece, per i dipendenti comunali.

In via generale si rappresenta che la disposizione di cui all'art.28 del CCNL dei dipendenti degli Enti locali del 14.09.2000 è stata considerata dalla giurisprudenza 'applicabile in via retroattiva ed anche in via estensiva agli amministratori e non solo ai dipendenti pubblici, ma si è ritenuta limitata ai procedimenti giurisdizionali, senza che ciò escluda tuttavia la rimborsabilità delle spese sopportate in sede di indagine penale, potendosi fare ricorso alla azione di ingiustificato arricchimento'(cfr Cons. Stato, Sez. VI, sent. n. 5367/ 2004 ).

In forza di tale norma “hanno titolo al rimborso delle spese legali il dipendente e quindi l'amministratore locale, sottoposti a giudizio penale per fatti o atti direttamente connessi all'espletamento del servizio e all'adempimento dei compiti d'ufficio, sempreché il giudizio non si sia concluso con una sentenza di condanna e non vi sia conflitto di interessi con l'amministrazione di appartenenza (cfr. Cons. di Stato, sez. V, sent. n. 3946/2001).

Altra parte della giurisprudenza (cfr.Cons. di Stato, Sez. V n. 2242/00), non condividen do il suddetto indirizzo, ha applicato l'analogia iuris tramite il richiamo all'art. 1720, comma 2, del Codice Civile, in base al quale '.Il mandante deve inoltre risarcire i danni che il mandatario ha subito a causa dell'incarico'.

Nella medesima decisione, il Consiglio di Stato ha comunque evidenziato la sostanziale eccezionalità del rimborso delle spese legali ed ha ribadito,con richiamo alla giurispru denza ordinaria che, ai fini del rimborso, è necessario accertare che le spese siano state sostenute a causa e non semplicemente in occasione dell'incarico e sempre entro il limite costituito dal positivo e definitivo accertamento della mancanza di responsabilità penale degli amministratori che hanno sostenuto le spese legali.

Il Giudice ordinario ha, peraltro, chiarito ulteriormente tale concetto precisando che il rimborso previsto dalla citata norma del codice civile 'concerne solo lo spese sostenute dal mandatario in stretta dipendenza dall'adempimento dei propri obblighi.

Più esattamente esso si riferisce alle sole spese effettuate per espletamento di attività che il mandante ha il potere di esigere.

L'ipotesi, si è chiarito, non si verifica quando l'attività di esecuzione dell'incarico abbia in qualsiasi modo dato luogo ad un'azione penale contro il mandatario, e questi abbia dovuto effettuare spese di difesa delle quali intenda chiedere il rimborso ex art.1720 cit..

Ciò è evidente nel caso in cui l'azione si riveli, ad esito del procedimento penale, fondata, ed il mandatario-reo venga condannato,g iacché la commissione di un reato non può rientrare nei limiti di un mandato validamente conferito (art.1343 e 1418 cod. civ.).

Ma la verificazione dell'ipotesi non è possibile neppure quando il mandatario- imputato, venga prosciolto, giacché in tal caso la necessità di effettuare le spese di difesa non si pone in nesso di causalità diretta con l'esecuzione del mandato,ma tra l'uno e l'altro fatto si pone un elemento intermedio,dovuto all'attività di una terza persona,pubblica o privata, e dato dall'accusa poi rivelatasi infondata.

Anche in questa eventualità non è dunque ravvisabile il nesso di causalità necessaria tra l'adempimento del mandato e la perdita pecuniaria,di cui perciò il mandatario non può pretendere il rimborso (cfr, Corte Suprema di Cassazione- sez. I civ., del 20 dicembre 2007, depositata il 16 aprile 2008, n.10052).

Alla luce degli orientamenti giurisprudenziali della Cassazione e del Consiglio di Stato, si ritiene,quindi,che le spese legali possano essere rimborsate solo qualora vi sia una sen tenza definitiva che abbia escluso la responsabilità del dipendente con una pronuncia di assoluzione nel merito dalle imputazioni contestate.

  • diritto all’oblio

Con l’entrata in vigore della Riforma della giustizia penale (decreto legislativo 150/2022), il nuovo articolo 64-ter del Codice di procedura penale prevede che una persona assolta, ovvero nei cui confronti sia stato emesso un provvedimento di archiviazione del procedimento a suo carico , possa richiedere un’annotazione nella sentenza che disponga espressa mente la deindicizzazione dei propri dati personali dalle pagine WEB.

In pratica, sarà la Cancelleria del Giudice che emette la sentenza a inserire e firmare l’annotazione che avrà valore vincolante sia per i motori di ricerca sia per i titolari del trattamento dei dati,senza necessità di ricorrere nuovamente al Tribunale o all’Autorità Garante per la protezione dei dati personali.

In conseguenza,chi detiene i dati pubblicati sui siti web è obbligato a rimuovere le informazioni che non rivestono più un interesse pubblico, storico o socio-economico. Ancor più se la persona coinvolta è stata poi giudicata estranea alla vicenda per la quale era stata accusata.

Il c.d. diritto all’oblio è previsto dall’art. 17 del Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR) e si configura come un vero e proprio diritto alla cancellazione dei propri dati personali.

Consiste,infatti,nella possibilità di ottenere la rimozione delle proprie informazioni personali da siti web, motori di ricerca o altre piattaforme pubbliche o private ogni qual volta sussistano determinati presupposti,con l’ulteriore garanzia che tali informazioni non vengano nuovamente trattate in danno dell’interessato.

Il diritto all’oblio per tutti coloro che sono coinvolti in procedimenti penali o sono sottoposti a indagini di giustizia è correlato a diverse variabili, che spaziano dalla gravità dell’evento,alla notorietà della persona:con la conseguenza che maggiore è la rilevanza pubblica dell’informazione, più esteso sarà il periodo per la sua c.d.deindicizzazione dai Siti web..

Il motore di ricerca, che non può tecnicamente cancellare il dato, è obbligato a deindicizzarlo se il titolare non lo rimuove o se è irraggiungibile.

Tuttavia,in precedenza,la decisione rimaneva in parte discrezionale,come aveva recentemente precisato su questo punto l’Autorità Garante per la protezione dei dati personali

Con l’introduzione del diritto all’oblio e dell’obbligo di deindicizzazione delle informazioni personali per l’assolto o il prosciolto da un procedimento penale è,quindi, sancita dalla Riforma una novità positiva non solo per la tutela della privacy ma anche per il sistema giustizia in generale, spesso afflitto da errori giudiziari su cui non ci soffermiamo ma che sono spesso oggetto di critiche oltre che di risarcimento dei danni subiti dagli interessati soecie nel caso di ingiusta detenzione.

È stato più volte ribadito,da varie parti,quanto il protrarsi del peso delle vicende giudiziarie possa essere gravoso per un soggetto sottoposto a procedimento penale ma ancor più se da tale procedimento esso possa conseguire un esito favorevole del giudizio.

Questo principio vale anche per colui che, risultato colpevole e scontata la condanna, cerca di reinserirsi nella società con la speranza di poter godere degli effetti della funzione rieducativa della pena.

Tuttavia,nel caso dell’assoluzione, la questione assume una valenza in parte diversa, ma soprattutto una portata incalcolabile sul piano personale e morale.

Se è vero che chiunque può essere oggetto di indagine o di procedimento penale è sufficiente un’accusa particolarmente grave, come la commissione di un reato procedibile d’ufficio che tocca valori cari all’opinione pubblica, che assume importanza quando il soggetto si trovi coinvolto in una spirale mediatica accusatoria quotidiana sui mass media con effetti devastanti anche sulla vita familiare..

Se è pur vero che le Autorità competenti hanno il diritto di indagare ed accertare i fatti posti a base di un’accusa,allo stesso tempo,occorre ribadire,ancora una volta, principi costituzionali come la presunzione di innocenza ed il rispetto della dignità umana. Quando poi la non colpevolezza viene accertata, diventa del tutto indispensabile predisporre tutte le condizioni affinché il soggetto possa proseguire la propria vita, al di là di qualunque valutazione personale sulla vicenda,e recuperare la propria onorabilità.

Si tratta di regole di civile convivenza e di civiltà giuridica che riguardano tutti, anche chi pensa che non si troverà mai in quella determinata situazione.

  • Conclusioni

Alla luce delle suesposte considerazioni e dei recenti provvedimenti governativi si evince un nuovo orientamento del Legislatore sul tema della risarcibilità dei danni materiali e morali patiti dalle Vittime di Errori giudiziari da parte dei Magistrati.

E’,quindi,auspicabile che il Legislatore, in sede di Riforma della Giustizia, come annunciato dall’attuale Guardasigilli, abbia a valutare la posizione delle malcapitate Vittime in senso più estensivo e non solo per il rimborso delle spese processuali o la cancellazione dei dati sensibili,ma nel senso più generale per tutti i casi in cui un soggetto esca totalmente indenne da un procedimento penale a suo carico.

Magari non cambierà il modo di approcciare la cronaca giudiziaria di una parte dell’opinione pubblica, ma può permettere ad una persona di riappropriarsi della propria identità al di fuori delle Aule,mediatiche e non.

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