La ripartizione dell'onere della prova nella responsabilità ex art. 2087 c.c

La ripartizione dell'onere della prova nella responsabilità ex art. 2087 c.c

Con l'ordinanza n. 33307/2024 la Corte di Cassazione precisa quale sia l'onere della prova a carico del lavoratore ai fini della individuazione della responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c nell'insorgenza della patologia causata dalla lesività dell'ambiente di lavoro.

Giovedi 16 Gennaio 2025

Il caso: La Corte d’appello di Roma accoglieva in parte l’appello proposto da Mevia, erede di Caio, nei confronti della società datrice di lavoro e, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, accertava che Caio era affetto da infermità e lesioni dipendenti da fatti di servizio, ascrivibili alla prima categoria della tabella A, allegata al d.P.R. 915/1978, e aveva diritto alla pensione privilegiata, all'equo indennizzo e a ogni altro beneficio economico e previdenziale connesso a tali infermità; escludeva però una responsabilità della società ex art. 2087 c.c. in quanto la ricorrente non aveva fornita prova adeguata di una condotta omissiva della società atta a fondare una sua responsabilità, ai sensi dell’art. 2087 o dell’art. 2043 c.c., in ordine all’insorgere della patologia che aveva causato il decesso di Caio.

Mevia ricorre in Cassazione, censurando la sentenza di secondo grado sotto diversi aspetti:

1) la violazione degli artt. 40, 41 e 43 c.p., in relazione all’art. 2087 c.c. e agli artt. 1218, 1223 e 1453 c.c. e/o artt. 2042 e 2059 c.c. n quanto la Corte ha da un lato accertato che la prestazione lavorativa fu la causa della patologia e, quindi, della morte di Caio e dall’altro negato la diretta responsabilità del datore di lavoro;

2) la violazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., dell’art. 2087 c.c., degli artt. 17 e 30 d.lgs. 81/2008, degli artt. 1176 e 2697 c.c. per errata applicazione del principio di diritto in punto di nesso di causalità e onere probatorio: ferma la risalente conoscenza della lesività degli agenti cancerogeni, l’eventuale assenza di regole cautelari specifiche non esonera il datore di lavoro dal rispetto dell’obbligo di sicurezza e che nel caso di specie la pacifica esposizione del lavoratore a sostanze cancerogene avrebbe dovuto integrare la violazione dell’art. 2087 c.c.

La Corte, nell'accogliere il ricorso, osserva che:

a) ai fini del riconoscimento della causa di servizio è sufficiente il nesso causale tra la prestazione lavorativa e il danno, mentre nella causa di risarcimento del danno che si fondi sulla violazione dell’art. 2087 c.c. viene in rilievo anche il comportamento, commissivo od omissivo, del datore di lavoro, da valutare in termini di inadempimento dell’obbligo contrattuale di tutelare l’integrità psicofisica del lavoratore;

b) una volta che sia stata accertata in sede di equo indennizzo la derivazione causale della patologia dall'ambiente di lavoro, opera a favore del lavoratore l'inversione della prova prevista dall’art. 2087 c.c., di modo che grava sul datore di lavoro l'onere di dimostrare di aver adottato tutte le cautele necessarie per impedire il verificarsi dell’evento dannoso;

c) più in particolare, in relazione all’art. 2087 c.c., l’onere di allegazione dell’inadempimento che fa carico al lavoratore consiste non già nella individuazione della misura di prevenzione violata bensì nella indicazione della presenza nell’ambiente di lavoro di uno o più fattori di rischio per la sua salute, circostanziati in ragione delle modalità della prestazione lavorativa; assolto tale onere di allegazione e di prova e dimostrata, altresì, la dipendenza della malattia dai suddetti elementi di rischio, compete, invece, al datore di lavoro, al fine di dimostrare la assenza di colpa, allegare e provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad evitare il danno, non solo prescritte da specifiche nome ma anche suggerite dalle conoscenze scientifiche al momento disponibili;

d) l'art. 2087 c.c. pone un generale obbligo di tutela dell'integrità fisica e della personalità morale del lavoratore, senza ulteriori specificazioni in merito alle condotte omissive e commissive destinate a sostanziarlo; di conseguenza, l’onere di allegazione del lavoratore non può estendersi fino a comprendere anche l’individuazione delle specifiche norme di cautela violate, come preteso dalla Corte di merito, specie ove non si tratti di misure tipiche o nominate ma di casi in cui molteplici e differenti possono essere le modalità di conformazione del luogo di lavoro ai requisiti di sicurezza.

Allegato:

Cassazione civile ordinanza 33307 2024

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