Con l’interessante pronuncia della CTP di Reggio Emilia n. 84/2020, è stato chiarito il riparto dell’onere della prova nel processo tributario per quanto concerne la notifica delle cartelle di pagamento.
Lunedi 8 Giugno 2020 |
In particolare, i Giudici emiliani hanno specificato che in mancanza della dimostrazione della rituale notifica della cartella al contribuente, nulla può essergli richiesto, anche se la cartella è stata spedita da oltre cinque anni e anche se nel frattempo è venuto meno l’obbligo di conservazione quinquennale della cartella stressa da parte dell’Agente della riscossione che l’ha notificata, ex art. 26, comma 5, d.P.R. n. 602/1973.
L’onere della prova spetta quindi all’Agenzia delle Entrate – Riscossione, a prescindere dalla data di notifica della cartella di pagamento e quand’anche sia già scaduto il suddetto obbligo quinquennale di conservazione dei relativi documenti da parte dell’Agenzia.
L’affermazione di tale principio trae spunto da una singolare controversia in cui il contribuente aveva contestato di non aver mai ricevuto la notifica di risalenti cartelle di pagamento asseritamente inviategli, e per tale motivo chiedeva all’Agente della riscossione di produrre in giudizio la prova di aver provveduto alla rituale notificazione delle stesse.
Dal suo canto, l’Agente della Riscossione replicava di aver regolarmente notificato le cartelle e di non essere tenuto a fornire tale prova essendo ormai spirato il termine quinquennale fissato dall’art. 26, comma 5, del d.P.R. n. 602/73, in tema di conservazione degli atti tributari inviati al contribuente.
Prescrive, infatti, la citata norma, che “Il concessionario deve conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell'avvenuta notificazione o l'avviso di ricevimento ed ha l'obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell'amministrazione.”.
La CTP, con la predetta sentenza, ha tuttavia respinto la tesi erariali e quindi accolto il ricorso del contribuente. A parere dei giudici, infatti, una cosa è l’obbligo dell’Agente della riscossione di conservare copia della cartella notificata al contribuente, con la relativa relata di notificazione, per un periodo di cinque anni dall’adempimento, potendo il contribuente chiederne l’esibizione in qualunque momento, ai sensi del citato art. 26, comma 5, del d.P.R. n. 602/73; altra cosa, invece, è l’onere della prova nel processo tributario che grava sull’Ufficio e che lo onera a fornire, in sede di giudizio, la prova del corretto adempimento del suo operato laddove questo sia messo in discussione dal contribuente, tramite contestazione giudiziale di non aver provveduto alla corretta notifica degli atti del procedimento di riscossione e, segnatamente, della cartella.
Ne deriva che il riparto dell’onere probatorio in campo processuale non può essere derogato dalla prescrizione dell’art. 26, comma 5, del d.P.R. n. 602/73, afferente, tra l’altro – esclusivamente – a un obbligo minimo di conservazione della cartella per cinque anni ai soli fini dell’esibizione al contribuente o all’amministrazione richiedente, secondo l’indirizzo unanime della Cassazione e del Consiglio di Stato sull’argomento.
Detto altrimenti e più semplicemente, la menzionata norma non esonera affatto l’Ufficio dall’onere processuale di fornire la dimostrazione della rituale notifica della cartella dedotta in giudizio, anche laddove siano trascorsi più di cinque anni tra la data dell’asserita notificazione della stessa e la contestazione del contribuente di non aver mai ricevuto la consegna della stessa. E, in ogni caso, il succitato obbligo di conservazione non modifica – come si è detto – le regole sul riparto della prova a carico delle parti, atteso che una simile (inesistente) restrizione dell’onere di dimostrare la regolare notifica della cartella, limitato a un periodo di soli cinque anni – secondo l’erroneo assunto dell’Ufficio finanziario –, sarebbe incompatibile esigenze connaturate al processo tributario.
Su tali basi, è stato accolto il ricorso del contribuente e le cartelle impugnate, in mancanza di prova dell’avvenuta rituale notifica da parte dell’ADER, sono state annullate dai Giudici emiliani.