Com’è noto con la legge 18 giugno 2009 n. 69, nel nostro ordinamento giuridico è stato introdotto il c.d. processo sommario di cognizione. A mente dell’articolo 702 bis c.p.c., nelle cause in cui il Tribunale giudica in composizione monocratica la domanda giudiziale può essere proposta con ricorso al tribunale competente.
Martedi 10 Settembre 2019 |
Il Giudice provvede con ordinanza di accoglimento e/o di rigetto della domanda. Avverso la suddetta ordinanza può essere proposto appello entro trenta giorni dalla sua comunicazione o notificazione.
Una delle questioni che hanno acceso il dibattito all’interno della giurisprudenza dopo l’entrata in vigore del procedimento sommario di cognizione è quella relativa all’individuazione del dies a quo della decorrenza del termine breve per proporre appello avverso la suddetta ordinanza.
Sul punto si è pronunciata, di recente, la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 22241/2019, pubblicata il 5 settembre 2019.
IL CASO: La vicenda approdata all’esame della Corte di Cassazione nasce dall’appello promosso avverso l’ordinanza ex art. 702 ter c.p.c. emessa dal Tribunale con la quale quest’ultimo aveva ritenuto prescritto il diritto del ricorrente alla liquidazione della propria quota di una società dalla quale era stato già escluso. L’ordinanza veniva comunicata a mezzo pec dalla Cancelleria e avverso la stessa veniva proposto appello dal ricorrente originario. La Corte di Appello lo dichiarava inammissibile, ritenendo che lo stesso era tardivo in quanto l’impugnazione era stata proposta con citazione notificata oltre il termine di trenta giorni dalla comunicazione eseguita a mezzo pec dalla Cancelleria. Pertanto, il ricorrente originario, rimasto soccombente in entrambi i gradi di giudizio, interponeva ricorso per Cassazione.
LA DECISIONE: La Suprema Corte di Cassazione, con la decisione in commento, ha dichiarato inammissibile il ricorso, osservando che:
1. Il procedimento sommario di cognizione è stato introdotto al fine, fra l’altro, di dotare il nostro ordinamento processuale di un rito accelerato che viene definito con ordinanza quale provvedimento più “succintamente motivato”, sia nel caso di accoglimento sia nel caso di rigetto;
2. In merito all’appello avverso la suddetta ordinanza, dal confronto tra gli artt. 325, comma 1 e 326 comma comma 1, c.p.c. e l’art. 702 quater c.p.c. si desume una sostanziale sovrapponibilità di disciplina sul termine che è di trenta giorni per entrambe le disposizioni, mentre vi è differenza in merito alla decorrenza che si ha, secondo l’art. 326, comma 1 c.p.c., dalla notificazione della sentenza, tranne che in casi specifici, mentre secondo l’art. 702 quater c.p.c. dalla “comunicazione o notificazione dell’ordinanza”;
3. Pertanto, ai fini della decorrenza del termine di trenta giorni , occorre fare riferimento alla data della notificazione del provvedimento ad istanza di parte o, se anteriore, dalla sua comunicazione di cancelleria, che deve avere ad oggetto il testo integrale della decisione, comprensivo del dispositivo e della motivazione, al fine di consentire alla parte destinataria la piena conoscenza;
Ricordiamo che, in merito alla decorrenza del termine per proporre appello nel caso in cui l’ordinanza ex art. 702 c.p.c. viene pronunciata in udienza o inserita nel verbale, la Corte di Cassazione con la sentenza n. 14478 del 6 giugno 2018, ha affermato che il gravame va proposto entro il termine di trenta giorni dalla pronuncia in udienza in quanto la stessa equivale a “comunicazione in ossequio a quanto disposto dagli artt. 134 e 176 c.p.c.”.
Cassazioe civile ordinanza n.22241/2019