Notifica ex art. 143 c.p.c.: presupposti

Notifica ex art. 143 c.p.c.: presupposti

Con la sentenza n. 22461/2024, pubblicata l’8 agosto 2024, la Corte di Cassazione si è pronunciata sui presupposti affinchè possa ritenersi valida la notifica di un atto eseguita ai sensi dell’art. 143 c.p.c., disposizione che disciplina la notifica a persone con residenza, dimora e domicilio sconosciuti.La norma prevede, in questi casi, che la notifica venga eseguita dall’ufficiale giudiziario mediante il deposito della copia dell’atto da notificare nella casa comunale dell’ultima residenza nota e se questa è sconosciuta nella casa comunale del luogo di nascita del destinatario.

Martedi 13 Agosto 2024

IL CASO: La vicenda origina dal giudizio promosso da una società avente ad oggetto la richiesta di rilascio di alcuni immobili che a suo dire erano detenuti dal convenuto senza titolo.

L’atto introduttivo veniva notificato ai sensi dell’art. 143 c.p.c. Il convenuto si costituiva oltre il termine di venti giorni prima dell’udienza, contestando la domanda attorea e spiegando domanda riconvenzionale tesa a far dichiarare l’usucapione in suo favore della proprietà dei beni oggetto della contesa. All’esito, il Tribunale rigettava nel merito la domanda riconvenzionale del convenuto e lo condannava al rilascio degli immobili contesi in favore della società attrice.

La Corte di Appello giungeva sostanzialmente alle stesse conclusioni della decisione di primo grado. I Giudici della Corte territoriale, diversamente dal Tribunale, dichiaravano inammissibile la domanda riconvenzionale proposta dal convenuto originario per la sua tardiva costituzione nel giudizio di primo grado.

Quest’ultimo, rimasto soccombente in entrambi i gradi di giudizio, investiva della questione la Corte di Cassazione deducendo, tra i motivi del gravame, l’erroneità della decisione impugnata, per aver ritenuto regolarmente eseguita la notifica dell’atto di citazione ai sensi dell’art. 143 cod. proc. civ. e conseguentemente tardiva la sua costituzione nel giudizio di primo grado.

Il ricorrente evidenziava che:

  1. la notifica “a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti” (art. 143 cod. proc. civ.) presuppone idonei accertamenti da parte dell’addetto alla notificazione, sulla base dei quali risulti il reale trasferimento del destinatario della notificazione in luogo non conosciuto;

  2. il soggetto notificante per procedere ai sensi dell’art. 143 c.p.c. deve versare in una condizione d’ignoranza incolpevole sul piano soggettivo, corroborata, sul piano oggettivo, da serie e attendibili informazioni (anagrafiche, in loco da persone portatori di reale conoscenza);

  3. nella relazione di notifica dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado si leggeva “il domicilio chiuso ed apparentemente disabitato, da informazioni avute dai vicini di casa sembra che lo stesso di fatto non abita all’indirizzo in atto”;

  4. nessuna apprezzabile informazione era stata assunta circa l’effettiva residenza.

LA DECISIONE: Il ricorso è stato ritenuto fondato dalla Corte di Cassazione la quale, nell’accoglierlo con rinvio alla Corte di Appello di provenienza in diversa composizione, relativamente alla questione sulla notifica ai sensi dell’art. 143 c.p.c. ha affermato il seguente principio di diritto: “per la validità della notificazione, ai sensi dell’art. 143 c.p.c., è necessario, ma non sufficiente, l’accertamento anagrafico, presupponendo essa, sempre e comunque, che nel luogo di ultima residenza nota, siano compiute effettive ricerche, i cui esiti, riportati dal pubblico ufficiale notificatore, non debbono essere generici comunque privi dell’indicazione specifica della fonte di conoscenza, così che il giudice ne possa apprezzare l’effettiva attendibilità”.

Gli Ermellini hanno osservato che:

  1. al fine del legittimo ricorso alle modalità di notificazione previste dall'art. 143 c.p.c, l'ordinaria diligenza, alla quale il notificante è tenuto a conformare la propria condotta, per vincere l'ignoranza in cui versi circa la residenza, il domicilio o la dimora del notificando deve essere valutata in relazione a parametri di normalità e buona fede secondo la regola generale dell'art. 1147 c.c. e non può tradursi nel dovere di compiere ogni indagine che possa in astratto dimostrarsi idonea all'acquisizione delle notizie necessarie per eseguire la notifica a norma dell'art. 139 c.p.c., anche sopportando spese non lievi ed attese di non breve durata Ne consegue l'adeguatezza delle ricerche svolte in quelle direzioni (uffici anagrafici, ultima residenza conosciuta) in cui è ragionevole ritenere, secondo una presunzione fondata sulle ordinarie manifestazioni della cura che ciascuno ha dei propri affari ed interessi, siano reperibili informazioni lasciate dallo stesso soggetto interessato, per consentire ai terzi di conoscere l'attuale suo domicilio (residenza o dimora) (Cass. civ., sez. I, 31 luglio 2017, n. 19012; conf. nn. 12526/2014, 10983/2021);

  2. il principio immediatamente sopra riportato, tuttavia, non autorizza il pubblico ufficiale notificatore a ridurre a mera parvenza formale le informazioni che lo stesso è tenuto a raccogliere al fine di accedere al procedimento della notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti;

  1. come più volte precisato in altri arresti giurisprudenziali di legittimità, il ricorso alle formalità di notificazione previste dall'art. 143 c.p.c. per le persone irreperibili non può essere affidato alle mere risultanze di una certificazione anagrafica, ma presuppone sempre e comunque che, nel luogo di ultima residenza nota, siano compiute effettive ricerche e che di esse l'ufficiale giudiziario dia espresso conto (nella specie, la S.C. ha ritenuto la invalidità di una notificazione ex art. 143 c.p.c. la cui relata recava la mera indicazione di "vane ricerche eseguite sul posto" dall'ufficiale giudiziario, senza la specificazione delle concrete attività a tal fine compiute) (Cass. civ., sez. III, 16 dicembre 2021, n. 40467). Il ricorso alle formalità di notificazione di cui all'art. 143 c.p.c., per le persone irreperibili, non può essere affidato alle mere risultanze di una certificazione anagrafica, ma presuppone sempre e comunque che, nel luogo di ultima residenza nota, siano compiute effettive ricerche e che di esse l'ufficiale giudiziario dia espresso conto (Cass. civ., sez. VI-L, 28 novembre 2016, n. 24107).

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