La Corte di Cassazione, con l’allegata Ordinanza n. 7502 del 25 Marzo 2020, in accoglimento del ricorso di un Comune siciliano, ha cassato con rinvio una sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia che aveva riconosciuto l’esenzione ICI in favore di un immobile nel quale una cooperativa aveva la propria sede ed esercitava l’attività di servizi sociali ed assistenziali (trasporto di soggetti portatori di handicap e servizio di assistenza domiciliare per anziani e disabili).
Giovedi 2 Aprile 2020 |
Sul punto, la Corte di legittimità – richiamata la normativa di cui all'art. 7, comma 1, Iett. i), del D.lgs. n. 504 del 1992, al fine di beneficiare dell'esenzione dell'ICI - ha così motivato:
Considerato che la CTR non si è attenuta a suddetti principi laddove per un verso, e con riferimento al cd. Requisito soggettivo necessario per ottenere l’esenzione dell'ICI, non ha spiegato per quale motivo, in concreto, una produzione d'affari (circostanza che non ha trovato smentita da parte della società cooperativa), non sarebbe sintomatica dello svolgimento di un'attività commerciale e per un altro verso, e con riferimento al cd. requisito oggettivo, non ha gravato la contribuente dell'onere della prova dello svolgimento, all’interno dell'immobile oggetto della controversia, di una attività non commerciale.
Appare evidente, quindi, come non sia sufficiente, ai fini dell’esenzione dell’imposta, la mera qualifica formale dell’attività svolta, ma occorra che il contribuente dimostri – secondo gli ordinari principi in tema di riparto dell’onere della prova – di svolgere, in concreto, attività che rientri tra quelle esenti.
Invero, già in precedenza la Corte di Cassazione non ha mancato di evidenziare che «la sussistenza del requisito oggettivo – che in base ai principi generali è onere del contribuente dimostrare – non può essere desunta esclusivamente sulla base di documenti che attestino “a priori” il tipo di attività cui l’immobile è destinato, occorrendo invece verificare che tale attività, pur rientrante tra quelle esenti, non sia svolta, in concreto, con le modalità di un’attività commerciale» (Cass. n. 5485 del 2008).
Per utilizzare un parallelismo, può farsi riferimento a quella giurisprudenza (Cassazione civile, I Sez., Sentenza n. 18723/2018) che – ai fini del riconoscimento del privilegio spettante all’imprenditore artigiano – ha statuito come non sia sufficiente l’iscrizione all'albo degli artigiani dovendo ciò concorrere con gli altri presupposti previsti dalla l. n. 443/1985. In particolare, la Corte ha precisato che l'iscrizione si configura come coelemento della fattispecie acquisitiva della qualifica soggettiva, elemento necessario ma non sufficiente per definire l'impresa come artigiana, dovendo pertanto concorrere con gli altri requisiti di cui agli artt. 3 e 4, la cui sussistenza va dimostrata dal creditore e conseguentemente verificata in concreto dal giudice ai fini del riconoscimento del privilegio.
Altresì, occorre rilevare come – al fine di provare che l’attività svolta rientri tra quelle che beneficiano dell’esenzione – non sia sufficiente invocare eventuali circolari amministrative, che hanno mera valenza interna e non possono influire sulla qualificazione giuridica dell’attività, che resta demandata al giudice (in tali termini, Cass. 11 Aprile 2019 n. 10124, in materia di enti ecclesiastici).