Edilizia residenziale pubblica: la coabitazione per lavoro non è consorzio familiare

Edilizia residenziale pubblica: la coabitazione per lavoro non è consorzio familiare

Non ha diritto all’alloggio di edilizia residenziale pubblico (c.d. casa popolare) la badante convivente con l’assegnatario al momento della morte di quest’ultimo. La mera coabitazione per esigenze lavorative, non dà luogo ad un consorzio familiare, e non legittima l’equiparazione del dipendente ai membri della famiglia.

Venerdi 27 Ottobre 2017

Questo è quanto statuito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 24665 del 19 ottobre scorso.

IL CASO: Nella vicenda sottoposta all’esame dei giudici di legittimità una signora che svolgeva l’attività di badante in favore di una signora, poi deceduta, conveniva in giudizio il comune che le aveva intimato di rilasciare l’immobile assegnato alla signora da questa assistita in quanto detenuto senza titolo, chiedendo che venisse dichiarata la nullità dell’avviso di rilascio notificatole dal Comune. La badante sosteneva di aver fissato nel suddetto alloggio la residenza circa un anno prima della morte della signora assistita, di essere rimasta nella detenzione dell’alloggio e di aver provveduto al pagamento del canone di locazione e alle spese di manutenzione ordinaria. Pertanto, secondo la badante si configurava la conclusione di un nuovo contratto di locazione per facta concludentia. La domanda veniva rigettata sia dal Tribunale che dalla Corte di Appello in sede di gravame. Pertanto, la badante proponeva ricorso per Cassazione sulla scorta di un solo motivo, deducendo la violazione dell’articolo 12 della legge regionale Liguria 29 giugno 2004 n. 10, secondo la quale nel caso di morte dell’assegnataria di un alloggio di edilizia economica e residenziale pubblica, subentrano nel diritto di godimento, tra gli altri, “il convivente di fatto“. Secondo la ricorrente, poiché la suddetta norma non contiene ulteriori precisazioni, l’espressione “convivente di fatto” dovrebbe ritenersi comprensiva sia delle ipotesi di convivenza more uxorio, sia delle ipotesi di convivenza fra persone dello stesso sesso, come appunto nel caso di un anziano non autosufficiente e della sua badante.

LA DECISIONE: La Corte di Cassazione con l’ordinanza in commento ha ritenuto il motivo infondato e nel rigettare il ricorso ha evidenziato che:

  1. dal punto di vista letterale, l’espressione “convivente di fatto” compare in una pluralità di testi normativi, sempre quale sinonimo di “convivente more uxorio”: ad esempio, tra gli altri, nell’art. 11 del d. lgs. 25.5.2017 n. 92, in tema di controllo dell’attività di compravendita di oro; nell’art. 1 del d. lgs. 21.11.2007 n. 231, in materia di contrasto al riciclaggio dei proventi di illeciti; ovvero nell’art. 19 della 1. 29.12.1990 n. 408, in materia di imposte sui redditi;

  2. La stessa legge 76/2016 (legge sulle unioni civili) definisce conviventi di fatto “due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile”: tale definizione  rende evidente che il rapporto di servizio o di lavoro domestico esula dal novero delle convivenze di fatto;

  3. l’art. 12 L. reg. Liguria n. 10/2014, nell’elencare gli aventi diritto a subentrare nel diritto di godimento dell’alloggio, inserisce il “convivente di fatto” subito dopo il coniuge, e subito prima dei figli: il che rende evidente l’assimilazione, nella intenzione del legislatore, della convivenza di fatto al rapporto di coniugio.

  4. la ratio delle norme sul diritto dei familiari dell’assegnatario dell’ alloggio di edilizia residenziale pubblico a permanere nel godimento dell’immobile, dopo la morte dell’assegnatario, è la solidarietà familiare ed il diritto alla casa. Tale ratio è insussistente rispetto al coabitante per ragioni di lavoro, di servizio o di ospitalità.

  5. la mera coabitazione per esigenze lavorative, infatti, non dà luogo ad un consorzio familiare, e non legittima l’equiparazione del dipendente ai membri della famiglia.

Allegato:

Cass. civile Sez. VI - 3 Ordinanza del 19/10/2017 n.24665

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