Diritto al cognome del figlio riconosciuto giudizialmente

Diritto al cognome del figlio riconosciuto giudizialmente

La Corte di Cassazione (Cass. civ., sez. I, 05.06.2024, n. 15654) si è recentemente espressa su una questione che involge la pronuncia della Corte Costituzionale n. 131/2022 in materia di diritto al cognome, chiarendo che tale sentenza riguarda solo l’ipotesi di contemporaneo riconoscimento del figlio da parte dei genitori non coniugati, non estendendosi alla fattispecie di decisione giudiziale di attribuzione del cognome.

Venerdi 21 Giugno 2024

La pronuncia in commento cassa con rinvio il decreto della Corte di Appello di Ancona che ha respinto il reclamo contro la pronuncia del Tribunale di Fermo, che aveva rigettato la richiesta di una madre di attribuzione al figlio minore del solo cognome paterno, a seguito di riconoscimento giudiziale di paternità.

In particolare, i Giudici di appello hanno emesso il provvedimento facendo automatica applicazione dei principi espressi dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 131/2022, che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 262 comma 1 c.c. nella parte in cui prevede che il figlio assume il cognome del padre, anziché stabilire che il figlio assume il cognome dei genitori, nell’ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l’accordo per attribuire il cognome di uno soltanto al momento del riconoscimento.

In verità, tale ultimo principio vige unicamente nella sola ipotesi di riconoscimento contestuale operato dai due genitori di figlio nato fuori dal matrimonio.

Diversamente, il caso sottoposto all’attenzione della Suprema Corte concerne la decisione giudiziale di attribuzione del cognome al minore non riconosciuto simultaneamente da entrambi i genitori.

Dunque, la Corte di Appello ha errato nel ritenere applicabili i principi dettati per una fattispecie diversa rispetto a quella rientrante nell’alveo dell’art. 262 commi 3 e 4 c.c.

Tali ultime disposizioni, infatti, presuppongono il principio per cui il diritto al nome rappresenta uno dei diritti fondamentali dell’individuo, connotato da copertura costituzionale assoluta e, pertanto, l’individuazione del cognome del minore non deve caratterizzarsi per un automatismo applicativo.

Viceversa, la decisione è rimessa al prudente apprezzamento del Giudice che deve tenere conto delle specifiche esigenze del minore, in relazione al suo ambiente di vita (contesto e relazioni sociali, situazione familiare allargata per la presenza di fratelli di discendenza paterna, preferenza espressa dal figlio ascoltato in giudizio).

La stessa lettera della norma depone per tale interpretazione: l’art. 262 comma 2 c.c. stabilisce che il figlio, a seguito del riconoscimento giudiziale di paternità, “può” assumere il cognome del padre aggiungendolo o sostituendolo a quello della madre, escludendo così qualsiasi applicazione attribuzione automatica.

Nel caso specifico del minore, ai sensi dell’art. 262 comma 4 c.c., al Giudice è demandata la scelta relativa all’assunzione del cognome del genitore, atteso il difetto di capacità dell’infradiciottenne, al quale è riconosciuto il diritto di esprimere la propria preferenza qualora abbia compiuto 12 anni o anche se di età inferiore, purché risulti capace di discernimento.

Si rammenta, al riguardo, la sentenza n. 297/1996  con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità del comma 4 nella parte in cui non prevede che il figlio naturale, nell’assumere il cognome del genitore che lo ha riconosciuto, possa ottenere dal Giudice il riconoscimento del diritto a mantenere, anteponendolo o, a sua scelta, aggiungendolo a questo, il cognome precedentemente attribuitogli con atto formalmente legittimo, ove tale cognome sia divenuto autonomo segno distintivo della sua identità personale.

In generale, la decisione sull’attribuzione del cognome al figlio nato fuori dal matrimonio e non riconosciuto contestualmente dai genitori spetta al Giudice di merito, ma – nel caso in commento – la Corte di Appello ha totalmente omesso qualsiasi valutazione sull’interesse del minore che, peraltro, aveva anche espresso la propria preferenza per il solo cognome paterno, applicando impropriamente il criterio automatico previsto per la prole nata da genitori non coniugati e riconosciuta da entrambi sin dalla nascita.

La pronuncia in commento risulta di particolare interesse per il concreto rilievo attribuito al best interest del minore, che diviene criterio orientativo della decisione dei Giudici anche in materia di tutela del suo diritto all’identità personale, giusta la volontà del legislatore che ha voluto eliminare qualsiasi forma di discriminazione tra figli legittimi e figli nati fuori dal matrimonio.

Allegato:

Cassazione civile ordinanza 15654 2024

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