Con l’ordinanza 23305/2022, pubblicata il 26 luglio 2022, la Corte di Cassazione si è pronunciata sul diritto all’assegno sociale da parte del coniuge che, in sede di separazione, accetta dall’ex coniuge un contributo al mantenimento basso.
Giovedi 18 Agosto 2022 |
IL CASO: La vicenda esaminata trae origine dal ricorso promosso da un uomo contro il provvedimento con il quale l’INPS aveva rigettato la domanda dallo stesso depositata tesa ad ottenere il riconoscimento all’assegno sociale.
Il ricorso veniva accolto dal Tribunale. Di diverso avviso la Corte di Appello la quale, pronunciandosi sul gravame interposto dall’INPS avverso la sentenza di primo grado, rigettava la domanda dell’originario ricorrente, riformando la sentenza di primo grado ed escludendo il diritto di quest’ultimo alla prestazione previdenziale.
I giudici della Corte territoriale ritenevano non sussistente lo stato di bisogno, requisito necessario per la concessione del beneficio richiesto dal ricorrente in quanto, quest’ultimo, in sede di separazione consensuale, aveva accettato dall’ex moglie un assegno di mantenimento non adeguato. La somma concordata era di appena 150,00 euro a fronte di una pensione percepita dalla moglie di euro 950,00 mensili. Con tale comportamento, secondo i giudici di appello, il ricorrente aveva creato le condizioni per trasferire sull’INPS e, quindi, sulla collettività l’obbligo di mantenimento gravante su altri soggetti.
Pertanto, l’originario ricorrente investiva della questione la Corte di Cassazione deducendo, con un unico motivo, la violazione e la falsa applicazione nonché l’errata interpretazione della legge n. 335 del 1995 art. 3, comma 6, nella parte in cui la Corte di Appello aveva affermato che il comportamento dell’interessato –che non ha richiesto al coniuge l’integrazione dell’assegno di mantenimento – non poteva che essere interpretato come riconoscimento del proprio stato di autosufficienza economica o comunque come ammissione di insussistenza delle condizioni di cui alla l. n. 335 del 1995, cit. art. 3, comma 6.
LA DECISIONE: Il ricorso è stato ritenuto fondato dalla Corte di Cassazione la quale lo ha accolto con rinvio della causa alla Corte di Appello di provenienza, in diversa composizione, osservando che la sentenza impugnata ha errato nella parte in cui, in assenza di qualsiasi previsione di legge, ha ritenuto che la semplice mancanza di richiesta dell’assegno di mantenimento al coniuge separato equivalga ad assenza dello stato bisogno dando luogo al riconoscimento del proprio stato di autosufficienza economica.
In questo modo, secondo la Cassazione, la sentenza impugnata ha introdotto nell’ordinamento l’ulteriore requisito dell’obbligo del richiedente l’assegno sociale di rivolgersi previamente al proprio coniuge separato, con effetti inderogabilmente ablativi del diritto all’assegno sociale, in caso di inottemperanza; pur nella accertata sussistenza dei requisiti esplicitamente dettati allo scopo dalla legge, ma senza che la stessa disciplina contenga alcuna indicazione in tale direzione.
Infatti, hanno continuato gli Ermellini «non vi è né nella lettera né nella ratio dell'art. 3, comma 6, l. n. 335/1995, alcuna indicazione circa il fatto che lo stato di bisogno, per essere normativamente rilevante, debba essere anche incolpevole: al contrario, la condizione legittimante per l'accesso alla prestazione assistenziale rileva nella sua mera oggettività».
La previsione secondo cui il reddito rilevante ai fini del diritto all’assegno «è costituito dall'ammontare dei redditi [. ..] conseguibili nell’anno solare di riferimento», hanno concluso, dev’essere infatti interpretata in stretta connessione con quella immediatamente successiva, secondo cui, l’assegno «è erogato con carattere di provvisorietà sulla base della dichiarazione rilasciata dal richiedente ed è conguagliato [...] sulla base della dichiarazione dei redditi effettivamente percepiti», nel senso che l’ assistito deve semplicemente formulare una prognosi riguardante i redditi percepibili in relazione allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della domanda, fermo restando che la corresponsione effettiva dell’assegno dovrà essere parametrata a ciò che di tali redditi risulti “ effettivamente percepito”».