Danno non patrimoniale: il Giudice che non si attiene ai criteri tabellari deve dare adeguata motivazione

Danno non patrimoniale: il Giudice che non si attiene ai criteri tabellari deve dare adeguata motivazione

La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 21245 del 20 ottobre 2016, torna sul tema della validità del Tabelle di liquidazione del danno non patrimoniale come parametro di giudizio.

Giovedi 27 Ottobre 2016

La Corte d’appello di Roma, nell'ambito di un giudizio instaurato dagli eredi di B.M., deceduta a seguito di investimento da parte dell'autocarro di proprietà di una società mentre a piedi attraversava la strada, in parziale riforma della decisione di primo grado accertava in diversa misura il concorso causale della vittima e del conducente del mezzo nella determinazione del sinistro e rideterminava l’ammontare del danno non patrimoniale spettante "jure proprio" alle figlie della vittima, sulla base dei medesimi criteri equitativi adottati dal primo giudice.

Le eredi della vittima del sinistro stradale impugnavano la sentenza di appello deducendo violazione dell'art. 1226 c.c. sulla base delle seguenti considerazioni:

  • nel periodo intercorso tra la spedizione della causa a sentenza alla udienza di precisazione in primo grado, e comunque tra la pubblicazione della sentenza di prime cure in data 12.7.2006 e la scadenza del termine di impugnazione, era intervenuta la modifica dei criteri tabellari per la liquidazione del danno non patrimoniale, con l’introduzione della innovazione del "sistema punto", più rappresentativo della molteplicità delle situazioni considerate e, dunque, maggiormente idoneo a perseguire lo scopo della tendenziale uniformità nella valutazione dal danno volta a realizzare una migliore corrispondenza tra la entità del pregiudizio e la commisurazione del ristoro per equivalente;

  • in ragiore di detta modifica, inoltre, era venuta meno la previsione di una riduzione dell’importo risarcitorio – stabilito una tantum per il caso di morte, nelle precedenti Tabelle - per assenza di convivenza tra superstiti e vittima;

  • la Corte territoriale, quindi, avrebbe dovuto rideterminare l’importo risarcitorio liquidato dal primo giudice per il danno non patrimoniale, alla stregua dei nuovi criteri tabellari (editi nell’anno 2007), nella specie più favorevoli ai danneggiati, e più aderenti alla effettività del danno risarcibile.

    La Suprema Corte accoglie il ricorso e richiama quanto già evidenziato in precedenti pronunce:

  • le "Tabelle" non possono essere ricomprese tra le fonti dell’ordinamento, e non rivestono natura normativa neppure come elementi richiamati "ab externo" ad integrare la fattispecie normativa che regola l’esercizio del potere equitativo del Giudice di merito

  • pertanto si esclude che la modifica delle stesse nel corso del giudizio possa operare come "jus superveniens" che il Giudice è obbligato ad applicare anche quando il nuovo diritto sia sopravvenuto nelle more tra la camera di consiglio e la pubblicazione della sentenza

  • tuttavia, precisa la Cassazione, le Tabelle costituiscono un utile parametro di verifica della legittimità dell'attività di giudizio, in quanto consentono - avuto riguardo alle caratteristiche di omogeneità ed uniformità di trattamento di situazioni tipo che i criteri tabellari esprimono- di valutare detta attività sotto il profilo della congruità e rispondenza della liquidazione equitativa al principio generale per cui al soggetto leso deve attribuirsi l'integrale ristoro del danno, assumendo a riferimento indici "standard" (intendendosi tali quegli elementi di valutazione del pregiudizio che sono ritenuti socialmente rilevanti per giungere ad un ristoro del danno -non altrimenti dimostrabile con esatta precisione nel "quantum"- inteso come "giusto" secondo il comune apprezzamento che emerge dal contesto storico-sociale nel quale tali criteri di liquidazione sono chiamati ad operare), correlati a qualità e condizioni soggettive ed oggettive dei soggetti lesi, rispetto ai quali una deviazione non motivata appare sintomatica del vizio di legittimità di violazione dell'art. 1226 c.c.

  • pertanto il Giudice che non si sia attenuto ai criteri tabellari, qualora non fornisca motivata giustificazione di tale scelta in relazione al caso concreto, non assolve all'obbligo che gli è richiesto di ristorare integralmente il danno non patrimoniale, e che non può essere disatteso in base al semplice rilievo della correttezza della liquidazione operata dal giudice di prime cure in quanto conforme ai criteri tabellari "vigenti" in primo grado, non venendo in questione, nel caso in esame, la regola "ternpus regit actum", ma dovendo invece procedersi all'accertamento di un diritto (al risarcimento del danno) avente titolo in un rapporto giuridico che, finché pende il giudizio, non può ritenersi esaurito e che non ha "ancora" trovato il dovuto integrale ristoro nella liquidazione in via equitativa effettuata alla stregua di criteri divenuti obsoleti nelle more del giudizio di merito;

  • peraltro è ravvisabile una mera "emendatio", e non una "mutatio libelli" nel caso in cui il danneggiato che abbia introdotto il giudizio richiedendo in domanda il risarcimento del danno in base alle allora vigenti Tabelle, alla udienza di precisazione delle conclusioni richieda invece che la liquidazione del danno venga disposta tenendo conto dei nuovi criteri tabellari "medio tempore" adottati dall’Ufficio giudiziario, sempre che, evidentemente, attraverso tale mutamento non si introducano nel giudizio fatti nuovi o nuovi temi di indagine

Sentenza n. 21245 del 20 ottobre 2016

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