La Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione con l'ordinanza interlocutoria n. 1990 del 29 gennaio 2020 ha rimesso alle Sezioni Unite la questione se le critiche alla consulenza tecnica possano essere sollevate per la prima volta in comparsa conclusionale.
Mercoledi 5 Febbraio 2020 |
Il caso: A.S e A.M. convenivano in giudizio G. e R. P. e, premesso di avere acquistato dalle convenute una casa di civile abitazione, lamentavano che le medesime avevano "dolosamente" loro nascosto l'assenza del certificato di abitabilità dell'immobile, così inducendoli ad acquistare l'immobile a un prezzo superiore al suo valore; chiedevano perciò che le convenute fossero condannate al risarcimento del danno corrispondente alla differenza tra l'importo pagato e il reale valore del bene o al risarcimento di tutte le spese da sostenere per la realizzazione delle opere di urbanizzazione in sanatoria.
Il Tribunale accoglieva la domanda di risarcimento del danno.
Le convenute appellavano la sentenza di primo grado, lamentando la mancata considerazione da parte del giudice, che si era limitato ad acriticamente recepire le conclusioni del consulente d'ufficio, dei rilievi formulati dalle convenute in sede di comparsa conclusionale e memoria di replica circa la quantificazione del danno operata dal consulente del giudice; la Corte d'Appello rigettava l'impugnazione.
Le convenute ricorrono quindi in Cassazione denunciando "violazione e falsa applicazione degli artt. 88, 101, 189 e 190 c.p.c., nonché omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti", per non avere la Corte d'appello "rilevato l'erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui non ha tenuto conto delle osservazioni contenute nella comparsa conclusionale", con cui erano state "analiticamente esposte le ragioni per cui la perizia espletata in primo grado avrebbe dovuto ritenersi inattendibile”.
DECISIONE: I motivi pongono la questione della facoltà per la parte di contestare i risultati della consulenza tecnica d'ufficio per la prima volta in comparsa conclusionale e, in via subordinata, se tali contestazioni, una volta considerate tardive in primo grado, possano essere proposte in appello, sottraendosi, come la consulenza tecnica di parte, alle preclusioni di cui all'art. 345 c.p.c.
La questione non trova una soluzione univoca nella giurisprudenza di questa Corte:
A) Un primo orientamento esprime un principio, definito consolidato (Cass. 4448/2014), per cui le osservazioni critiche alla consulenza tecnica d'ufficio non possono essere formulate in comparsa conclusionale - e pertanto se ivi contenute non possono essere esaminate dal giudice - perché in tal modo esse rimarrebbero sottratte al contraddittorio e al dibattito processuale, per cui le contestazioni vanno "sollevate nella prima udienza successiva al deposito della relazione, risultando comunque tardiva la loro deduzione svolta soltanto in sede di comparsa conclusionale;
B) un secondo orientamento, minoritario, ritiene al contrario che con la comparsa conclusionale la parte può svolgere nuove ragioni di dissenso e contestazione, avverso le valutazioni e conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, trattandosi di nuovi argomenti su fatti già acquisiti alla causa, che non ampliano l'ambito oggettivo della controversia ( es.:Cass. 14457/2006);
Argomenti a favore e contro il secondo orientamento.
L'orientamento dominante, cui ha aderito la sentenza impugnata, è stato di recente sottoposto a revisione critica da una pronuncia ampia e argomentata della prima sezione di questa Corte (Cass., 26 luglio 2016, n. 15418), che, dopo aver ricordato la presenza dei due orientamenti, ha anzitutto richiamato il principio, espresso dalle sezioni unite di questa Corte, secondo cui "una consulenza di parte deve essere considerata un mero atto difensivo, la cui produzione non può ricondursi in alcun modo al divieto di cui all'art. 345 c.p.c., e la cui allegazione al procedimento deve ritenersi regolata dalle norme che disciplinano tali atti", in quanto "la natura tecnica del documento non vale infatti ad alterarne la natura, che resta quella di atto difensivo" (Cass., sez. un., 13902/2013); da ciò discenderebbe che i rilievi critici all'operato dell'esperto del giudice non incontrano barriera preclusiva, né in appello né in primo grado;
D) pertanto le contestazioni che riguardano il contenuto della consulenza costituiscono mere argomentazioni difensive che la parte può per la prima volta inserire nella comparsa conclusionale; né si avrebbe in tal modo violazione del principio del contraddittorio, in quanto la controparte ha la possibilità di rispondere alle contestazioni con la memoria di replica;
E) la posizione espressa dalla pronuncia n. 15418/2016 presenta però profili problematici:
anzitutto circa la compatibilità con il meccanismo disegnato nei novellati artt. 191 e 195 c.p.c., ove il legislatore, con l'obiettivo di rendere più celere l'espletamento del mezzo istruttorio ha previsto che il giudice fissi tre termini (il primo entro cui il consulente deve trasmettere la propria relazione alle parti costituite, il secondo entro cui le parti comunicano al consulente le proprie osservazioni sulla relazione, sollecitandone eventuali integrazioni o chiarimenti, il terzo entro il quale il consulente deve depositare in cancelleria la propria relazione, le osservazioni delle parti e una sintetica valutazione sulle stesse), con una formazione progressiva del mezzo, che vede la collaborazione tra giudice, esperto, parti e loro consulenti;
tale meccanismo, sia pure imperniato su termini ordinatori, pare difficilmente compatibile con la possibilità di nulla eccepire sino alla comparsa conclusionale.
Pertanto, il Collegio ritiene opportuno rimettere all'attenzione delle Sezioni Unite i seguenti profili:
- se le critiche alla consulenza tecnica possano essere sollevate per la prima volta in comparsa conclusionale;
- in caso di risposta positiva, se l'ammissibilità dei rilievi sia subordinata a una valutazione caso per caso del giudice, se la soluzione valga solo per i processi per cui non trovano applicazione i riformati artt. 191 e 195 c.p.c. ovvero anche per i procedimenti instaurati dopo l'entrata in vigore della legge n. 69/2009 e se vi siano conseguenze per la parte, sotto il profilo dell'attribuzione delle spese del giudizio o sotto altri profili;
- in caso di risposta negativa, se ciò vada ricondotto all'applicazione del disposto di cui all'art. 157, comma 2 c.p.c. alla generalità dei vizi attinenti la consulenza tecnica, quale categoria comprensiva anche dei vizi che attengono al contenuto dell'atto, ovvero quale conseguenza della mancata partecipazione della parte alla formazione della consulenza, così come stabilito dal giudice con la fissazione dei termini di cui all'art. 195 c.p.c., e, in quest'ultimo caso, se ciò valga solo per i procedimenti cui si applicano i riformati artt. 191 o 195 c.p.c. ovvero anche per i processi ove il giudice abbia fissato, sulla base dei suoi generali poteri di organizzazione e direzione del processo ex art. 175 c.p.c., un termine per il deposito di osservazioni;
- infine, se l'inammissibilità in primo grado comporti o meno l'inammissibilità nel giudizio di appello della (ri)proposizione dei rilievi formulati in comparsa conclusionale.