Colpa medica: Asl responsabile per il medico di famiglia.

Colpa medica: Asl responsabile per il medico di famiglia.
Una sentenza della Suprema Corte introduce un nuovo principio di diritto in materia di responsabilità derivante da errore medico.
Lunedi 13 Aprile 2015

La III Sezione civile della Corte di Cassazione, con una innovativa sentenza, la n. 6243 del 27/03/2015, inaugurando un nuovo orientamento giurisprudenziale, affronta la tematica della responsabilità medica nella specifica ipotesi in cui l'errore sia commesso dal medico di base.

Il caso è quello di due coniugi, A e B., che citano in giudizio l'Azienda Regionale Usl di Chivasso e il loro medico di famiglia, perchè fosse accertata la responsabilità di quest'ultimo, il quale, benchè chiamato con urgenza fin dal mattino in quanto l'uomo presentava sintomi di ischemia cerebrale, era intervenuto con molto ritardo, soltanto nel pomeriggio, e a causa del suo comportamento negligente, accompagnato da cure del tutto inadeguate, B. era rimasto paralizzato nella parte sinistra del corpo e necessitava di assistenza e cure continue; chiedevano quindi la condanna in solido sia del medico che della ASL al risarcimento di tutti i danni patiti dall'uomo.

In primo grado, il Tribunale, accertata la responsabilità del medico di base per intempestività della visita domiciliare, mancato rilievo delle "gravi condizioni" del paziente e omessa urgente sua ospedalizzazione, condannava entrambi i convenuti al risarcimento dei danni; questa sentenza in appello viene in parte riformata, non riconoscendo la Corte territoriale alcuna responsabilità dell' Asl ex art. 1218 c.c. In quanto“...non può ritenersi concluso un contratto tra ASL e paziente nel momento in cui quest'ultimo chiede la prestazione al suo medico di base, non essendovi alcun contatto, o diretto rapporto, tra la prima ed il secondo (come invece sussiste tra struttura ospedaliera e paziente ivi ricoverato, che beneficia di prestazione sia alberghiera, che professionale)...anche la teoria del "contatto sociale", pur ammettendo l'implicita accettazione del contratto tra struttura ospedaliera e paziente, presuppone quanto meno la "conoscenza che la struttura ha del fatto che il paziente vi viene ricoverato".

La questione viene portata all'attenzione della Corte di Cassazione, che, disattendendo il ragionamento seguito dai giudici di appello, attraverso una analisi puntuale della normativa in materia, conclude nel senso che “l'impianto normativo consente di affermare che l'assistenza medicogenerica è prestazione curativa che l'utente del S.S.N. ha diritto di ricevere secondo il livello stabilito dal piano sanitario nazionale e, in questi termini, la ASL ha l'obbligo di erogare.

Si delinea quindi in capo all' ASL un'obbligazione ex lege di prestare l'assistenza medico-generica che viene adempiuta avvalendosi del personale medico dipendente o in regime di convenzionamento; tale obbligazione non deriva da "contratto" (nè, ovviamente, da fatto illecito), ma trova la sua fonte tra quelle contemplate dall'art. 1173 cod. civ. (ossia, in "atto e fatto idoneo a produrle") e la relativa disciplina è quella, se non altrimenti specificamente derogata, di cui al titolo 1 ("Delle obbligazioni in generale") del libro quarto del codice civile e cioè dettata dagli artt. 1173 e ss. cod. civ..

Si tratta, dunque, di obbligazione qaoad effectum contrattuale, per cui, segnatamente nella sua fase patologica, vengono in rilievo le disposizioni di cui agli artt. 1218 c.c. e ss..

Questo è il principio di diritto enunciato dalla Corte: "L'ASL è responsabile civilmente, ai sensi dell'art. 1228 cod. civ., del fatto illecito che il medico, con essa convenzionato per l'assistenza medico-generica, abbia commesso in esecuzione della prestazione curativa, ove resa nei limiti in cui la stessa è assicurata e garantita dal S.S.N. in base ai livelli stabiliti secondo la legge".



Testo completo della sentenza

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