Lunedi 23 Novembre 2015 |
Due sorelle, in qualità di eredi legittimari del padre, deceduto ab intestato, citavano in giudizio gli altri fratelli per sentir dichiarare che l'atto pubblico con il quale il padre aveva venduto anni addietro ad uno dei figli ( e alla di lui moglie) un terreno agricolo con annessi fabbricati (unico bene costituente il suo patrimonio) era simulato e quindi privo di effetti, in quanto dissimulante una donazione indiretta; chiedevano quindi che la donazione venisse quindi ridotta fino alla reintegrazione della quota di legittima e che fosse quindi dichiarata l'apertura della successione del "de cuius", procedendosi alla conseguente divisione della massa ereditaria.
Si costituivano in giudizio solo i convenuti beneficiari dell'atto di disposizione de quo, contestando la simulazione: il Tribunale adito, in accoglimento della domanda, con sentenza non definitiva, accertava la simulazione dell'atto impugnato, disponeva la richiesta riduzione della donazione e dispose la prosecuzione del giudizio di divisione ereditaria.
La Corte di Appello (a seguito di vari giudizi di rinvio per presunte nullità) nel merito conferma la decisione di primo grado, e pertanto i soccombenti propongono ricorso per Cassazione, che la Suprema Corte rigetta: in tale sede ribadisce alcuni principi importanti in materia di lesione di legittima e di tutela dei legittimari pretermessi.
A) In primo luogo I ricorrenti eccepiscono che le attrici non potevano agire in riduzione per non aver preventivamente accettato l'eredità con beneficio di inventario ex art. 564 c.c, : la Corte di Cassazione, disattendendo tali argomentazioni, riafferma il seguente orientamento ormai consolidato in giurisprudenza:
il legittimario totalmente pretermesso (nella specie, in caso di successione ab intestato, per aver il de cuius disposto in vita dell'intero suo patrimonio), il quale proponga domanda di simulazione relativa di una compravendita, preordinata all'eventuale successivo esercizio dell'azione di riduzione, agisce in qualità di terzo e non nella veste di erede, qualità che egli acquista solo in conseguenza del positivo esercizio della medesima azione di riduzione;
il legittimario totalmente pretermesso non è chiamato alla successione per il solo fatto della morte del de cuius, potendo acquistare i suoi diritti solo dopo l'esperimento delle azioni di riduzione o di annullamento del testamento, ovvero dopo il riconoscimento dei suoi diritti da parte dell'istituito;
la condizione della preventiva accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario, stabilita dal primo comma dell'art. 564 c.c per l'esercizio dell'azione di riduzione, vale soltanto per il legittimario che abbia in pari tempo la qualità di erede (per disposizione testamentaria o per delazione ab intestato), ma non anche per il legittimario totalmente pretermesso dal testatore.
Nel caso di specie, le attrici sono legittimarie pretermesse in quanto il de cuius ha disposto dell'unico bene facente parte del suo patrimonio.
B) In secondo luogo, i ricorrenti lamentano che i giudici di merito erroneamente hanno ritenuto che le attrici avessero assolto al loro onere probatorio ed erroneamente hanno ritenuto provato il mancato pagamento del prezzo di vendita sulla base di presunzioni.
Per la Corte anche il secondo profilo della censura non può trovare accoglimento.
Sul punto, ricorda la Cassazione:
1) il legittimario pretermesso dall'eredità, che impugna - a tutela del proprio diritto alla reintegrazione della quota di legittima - la compravendita immobiliare compiuta dal de cuius in quanto dissimulante una donazione, agisce in qualità di terzo, sicché, nei suoi confronti, non può attribuirsi valore vincolante alla dichiarazione relativa al versamento del prezzo, pur contenuta nel rogito notarile, potendo, invece, trarsi elementi di valutazione circa il carattere fittizio del contratto dalla circostanza che il compratore, su cui grava l'onere di provare il pagamento del prezzo, non abbia fornito la relativa dimostrazione.
2) l'erede legittimario che chieda la dichiarazione di simulazione di una vendita fatta dal de cuius assume la qualità di terzo rispetto ai contraenti, e pertanto egli può avvalersi di qualunque mezzo di prova, anche della prova testimoniale o della prova presuntiva, non valendo nei suoi confronti i limiti di prova previsti dall'art. 1417 cod. civ. per le parti del contratto.