Avvocati: come provare il conferimento dell'incarico per l'attività stragiudiziale

Avvocati: come provare il conferimento dell'incarico per l'attività stragiudiziale

Il conferimento dell’incarico al legale per lo svolgimento di attività stragiudiziale può essere provato per testimoni?

A questa domanda ha fornito risposta affermativa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 29614/2018, pubblicata il 16 novembre scorso.

Mercoledi 21 Novembre 2018

IL CASO: La vicenda esaminata dai Giudici di legittimità prende spunto dal provvedimento con il quale nell’ambito di una procedura fallimentare, il Giudice Delegato non aveva ammesso al passivo il credito fatto valere da un avvocato per prestazioni stragiudiziali svolte in favore della società fallita ritenendo la carenza di legittimazione attiva del professionista, in quanto la società fallita aveva stipulato un contratto con uno studio legale associato.

Avverso il provvedimento di esclusione il professionista proponeva opposizione che veniva rigettata. Pertanto, avverso il decreto di rigetto il professionista interponeva ricorso per Cassazione, deducendo, fra l’altro, la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2721 e 2724 codice civile, 244 c.p.c., 98 e 99 della legge fallimentare, sostenendo che il giudice di merito aveva errato nel ritenere che la certezza del conferimento dell’incarico non potesse essere fornita con la prova testimoniale quando al contrario per la prova del conferimento di mandato professionale per l’espletamento di attività stragiudiziale e il suo contenuto non era necessaria la forma scritta ma la stessa poteva essere fornita con tutti i mezzi consentiti dall’ordinamento e quindi anche in via testimoniale, salvo le limitazioni derivanti dalla natura e dall’oggetto del negozio stesso.

LA DECISIONE: Con la decisione in commento, gli Ermellini hanno affermato che la certezza della data del conferimento dell’incarico può essere dimostrata anche attraverso la prova testimoniale.

Come chiarito dalla stessa Corte di Cassazione in altri arresti giurisprudenziali, hanno continuato i giudici di legittimità, il mandato professionale per l’espletamento di attività di consulenza e, comunque, di attività stragiudiziale non deve essere provato necessariamente con la forma scritta, ad substantiam ovvero ad probationem, in quanto può essere conferito in qualsiasi forma idonea a manifestare il consenso delle parti. In sede di verifica dello stato passivo di una procedura fallimentare, il giudice delegato, tenuto conto della qualità delle parti, della natura del contratto e di ogni altra circostanza, può ammettere l’interessato a provare, anche con testimoni, sia il contratto che il suo contenuto.

Inoltre, secondo i giudici della Suprema Corte di Cassazione, l’inopponibilità , per difetto di data certa ex articolo 2704 c.c., non riguarda il negozio, ma la data della scrittura prodotta. Da ciò ne consegue che il negozio e la sua stipulazione in data anteriore al fallimento possono essere oggetto di prova, prescindendo dal documento, con tutti gli altri mezzi consentiti dall’ordinamento, salve le limitazioni derivanti dalla natura e dell’oggetto del negozio stesso.

Nessun ostacolo può derivare all’ammissione della suddetta prova con testimoni, il disposto dell’articolo 2233, comma 3, codice civile, il quale prevede la forma scritta per i patti che stabiliscono i compensi professionali degli avvocati, in quanto questa prescrizione riguarda non l’esistenza del mandato professionale, ma la sola misura del compenso, da determinarsi, in caso di mancato ricorso alla forma necessaria per la validità della pattuizione, secondo i criteri previsti dall’articolo 2233 c.c.

Sulla scorta delle suddette osservazioni, la Corte di Cassazione ha accolto il motivo del ricorso con rinvio della causa al Tribunale in diversa composizione il quale dovrà esaminare i fatti di causa tenendo conto di quanto statuito con la decisione in commento.

Allegato:

Cassazione civile Sez. I Sentenza n. 29614 del 16/11/2018

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