Con l'ordinanza n. 22515/2021 la Corte di Cassazione torna ad occuparsi del tenore di vita quale criterio da applicare alla quantificazione dell'assegno di mantenimento del figlio minore.
Mercoledi 1 Settembre 2021 |
Il caso: Il Tribunale di Pordenone, dato atto della declaratoria di cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto tra Tizio e Caia, pronunciata con sentenza parziale dello stesso Tribunale, adottati gli opportuni provvedimenti relativi all'affidamento e alla collocazione della figlia minore, poneva a carico di Tizio l'onere di contribuire al mantenimento della bambina con un assegno mensile di € 3.500,00, da versare alla madre in forma tracciabile, rivalutabile annualmente secondo gli indici Istat, nonché di farsi carico del 100% delle spese straordinarie mediche e scolastiche e del 70% di quelle ludico-ricreative.
Tizio proponeva appello e la Corte distrettuale, in parziale riforma della sentenza di primo grado, riduceva il contributo mensile dovuto dal padre per il mantenimento della figlia minore ad € 1.750, rivalutabile annualmente secondo indici Istat, ponendo integralmente a carico del padre le spese di carattere straordinario di qualunque genere.
Per la Corte distrettuale l'importo di € 3.500 mensili a titolo di mantenimento ordinario, rimasto invariato dal 2014, anno di pronuncia della sentenza di separazione, fosse eccessivo per le necessità di una bambina di10 anni in base alle presumibili spese che la madre doveva affrontare.
Caia, ritenendo la motivazione della Corte del tutto priva di argomentazioni logiche, ricorre in Cassazione, che, nell'accogliere il motivo del ricorso, osserva quanto segue:
a) La Corte d'appello ha motivato la statuizione censurata affermando che la somma di € 3.500 mensili posta a carico del padre per il mantenimento della figlia minore “è "sicuramente eccessiva rispetto alla presumibile spesa che Caia si trova ad affrontare mensilmente per il mantenimento ordinario di una bambina di 10 anni, che non appare caratterizzato da particolari e sostenute esigenze di vita quotidiana; inoltre deve considerarsi la non insignificante capacità reddituale della stessa Caia - avvocato libero professionista e sindaco di una piccola cittadina- che senz'altro le consente di contribuire ulteriormente al mantenimento della figlia”;
b) ma il dovere di mantenere, istruire ed educare la prole, stabilito dall'art. 147 cod. civ., obbliga i coniugi a far fronte aduna molteplicità di esigenze dei figli, non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma estese all'aspetto abitativo, scolastico,sportivo, sanitario, sociale, all'assistenza morale e materiale,alla opportuna predisposizione - fino a quando la loro età lo richieda - di una stabile organizzazione domestica, adeguata a rispondere a tutte le necessità di cura e di educazione;
c) tale principio trova conferma nel nuovo testo dell'art. 155 cod. civ., il quale, nell'imporre a ciascuno dei coniugi l'obbligo di provvedere al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito, individua, quali elementi da tenere in conto nella determinazione dell'assegno, oltre alle esigenze del figlio, il tenore di vita dallo stesso goduto in costanza di convivenza, secondo uno standard di soddisfacimento correlato a quello economico e sociale della famiglia, e le risorse economiche dei genitori, nonché i tempi di permanenza presso ciascuno di essi e la valenza economica dei compiti domestici e di cura da loro assunti;
d) dal tenore testuale della motivazione della sentenza impugnata sopra riportato non è dato evincere quali elementi specifici e concreti siano stati posti a base del convincimento espresso dalla Corte d'appello, né si rinviene disamina, e neppure menzione, di tutti i parametri di rilevanza enucleati dalla giurisprudenza di questa Corte, sìcché non è consentito alcun controllo sull'esattezza e la logicità del ragionamento decisorio.