In un giudizio di separazione personale il Tribunale riconosce alla ex moglie un assegno di mantenimento di € 1.000,00 mensili; in grado di appello la Corte territoriale conferma la sentenza di primo grado, ma in Cassazione gli Ermellini cassano con rinvio la sentenza di appello, aderendo alle censure sollevate dal marito, in ordine alla misura del mantenimento.
Sul punto, infatti, la Corte di appello, nel determinare i redditi del marito, non aveva chiarito se la pensione di € 2.500,00 era al lordo o al netto.
La Corte di appello, in sede di giudizio di rinvio, riconferma la sentenza di primo grado, ritenendo che la comparazione dei redditi dei coniugi (2.323,00 del marito e € 403,00 della moglie, afflitta da gravi patologie che richiedono cure continue) giustificava l'entità dell'assegno come determinata in primo grado.
Per i giudici di appello a nulla rileva, poi, la circostanza che, nel frattempo, in sede di giudizio di divorzio la moglie abbia rinunciato alla domanda di assegno divorzile.
Ricorre in Cassazione l'ex marito, mentre la donna, costituendosi, deduce la inammissibilità del ricorso per difetto di interesse all'impugnazione quanto alla misura dell'assegno di mantenimento, al quale l'ex marito non è comunque più tenuto con decorrenza dal passaggio in giudicato della sentenza di divorzio, che ha escluso qualsiasi obbligo di contribuzione al mantenimento della ex moglie.
la Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 23409/2015, nel respingere il ricorso in quanto inammissibile per difetto di interesse, anche in ordine alla ripetibilità o meno delle somme percepite dalla ex moglie dalla sentenza di separazione a quella di divorzio, coglie l'occasione per ribadire, sul punto, che «in tema di separazione personale, la decisione che nega il diritto del coniuge al mantenimento o ne riduce la misura non comporta la ripetibilità delle maggiori somme corrisposte in forza di precedenti provvedimenti non definitivi, qualora, per la loro non elevata entità, tali somme siano state comunque destinate ad assicurare il mantenimento del coniuge fino all'eventuale esclusione del diritto stesso o al suo affievolimento in un obbligo di natura solo alimentare, e debba presumersi, proprio in virtù della modestia del loro importo, che le stesse siano state consumate per fini di sostentamento personale».
Pertanto, gli Ermellini, alla luce della uniforme giurisprudenza di legittimità, concludono sia per la irripetibilità delle somme corrisposte dal ricorrente al coniuge dalla sentenza di separazione personale fino alla successiva pronuncia di divorzio, sia di quelle percepite dalla medesima controricorrente in forza del provvedimento presidenziale.