Cassazione: Sentenza 29-03-2012, n. 5108

Affidamento, Affiliazione ed Assistenza dei Minori - Separazione dei Coniugi - Provvedimenti riguardo ai Figli.
Cassazione: Sentenza 29-03-2012, n. 5108
Martedi 22 Maggio 2012

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Roma, in modifica del regime di affidamento condiviso stabilito in sede di separazione personale, disponeva, con decreto del 9.01.2009, anche in base all'esito della disposta CTU, l'affidamento in via esclusiva alla madre di R.G., figlia legittima di R.M. e S.S. (ricorrente), a quest'ultima attribuendo anche l'esercizio esclusivo della potestà genitoriale e regolando il diritto paterno di frequentazione della minore, revocava inoltre l'assegnazione alla R. della casa coniugale, in ragione del suo previsto trasferimento a (...omissis...), ove risiedeva la sua famiglia di origine, compensando le spese processuali.

Con decreto del 17.09-13.10.2009, la Corte di appello di Roma respingeva il reclamo del R. e compensava le relative spese processuali. La Corte territoriale osservava e riteneva:

- che non potevano trovare accoglimento le doglianze mosse dal R. al provvedimento impugnato, in quanto il Tribunale lo aveva assunto dopo una approfondita istruttoria ed a seguito delle risultanze della disposta c.t.u.;

- che in ordine all'affidamento condiviso, regime al momento applicato, il consulente aveva:

a) evidenziato che stava comportando una serie di pressioni e tensioni eccessive e controproducenti sulla minore, in quanto i genitori non parlandosi tra loro decidevano autonomamente le attività della figlia, costretta a fare due turni a scuola, due diverse attività sportive e "persino due diete alimentari", tutto ciò vissuto molto male dalla minore, in quanto fonte di confusione e di alterazione della sua condizione psicologica;

b) sottolineato, quindi, sostanzialmente la nocività, stante la mancanza di comunicazione tra i due genitori, del perdurare dell'affidamento condiviso;

c) auspicato il ristabilimento di spazi di comunicazione attualmente inesistenti tra i genitori, al fine di evitare un " ipercoinvolgimento" della figlia nelle loro controversie, ingeneranti in lei turbamento, confusione ed alterazione dei suoi comportamenti;

d) evidenziate la necessità e l'urgenza che le decisioni riguardanti la minore venissero prese da uno solo dei genitori, ossia la madre, perchè pure con i riferiti suoi limiti,, poteva svolgere meglio questa funzione, dal momento che G. voleva continuare a vivere con lei, che, a differenza del padre, era in grado di assicurarle un ambiente gradito ed accogliente. In precedenza il CTU aveva, infatti, riferito il disagio della figlia durante gli incontri con il padre, privo di abitazione e costretto all'ospitalità di parenti ed amici, preferendo invece la minore, dopo una giornata di scuola e l'espletamento di attività sportiva, ritornare nella propria casa e non "andare ancora in giro";

e) evidenziato ancora che il rapporto della figlia con il padre risentiva dei comportamenti di questi di scarsa flessibilità e di ostilità nei confronti della madre, al pari degli incontri con i nonni paterni, e che conflittuali si presentavano altresì i rapporti con le cuginette dal lato paterno;

f) evidenziato inoltre che la minore aveva un rapporto più disteso con la madre, con cui si sentiva bene, serena ed accolta, che si trovava bene anche con il compagno della stessa e che non aveva nessun tipo di problema o difficoltà a trasferirsi a (OMISSIS) dai nonni materni, dalla zia e dai cugini;

g) escluso nell'attuale situazione la possibilità di continuare il regime di affidamento condiviso, perchè nocivo alla minore e possibile fonte di future patologie per la stessa, in quanto generante ansia, confusione e tensione;

h) sottolineato la necessità di un cammino di mediazione familiare, nonchè di un percorso terapeutico per la minore, per favorirne uno sviluppo armonico e completo della personalità;

i) evidenziato la necessità di scelte urgenti da parte del giudice per evitare ulteriori danni alla minore, scelte da adottarsi nelle more del "ristabilimento del dialogo genitoriale. che, quindi, doveva condividersi quanto aveva statuito il Tribunale sia in ordine all'affidamento esclusivo della minore alla madre, sia in ordine all'esclusivo esercizio da parte della stessa della potestà genitoriale, perchè allo stato costituivano l'unica strada percorribile nell'interesse della minore che andavano confermati gli assetti economici, stante l'esiguità del contributo al mantenimento della minore G., stabilito tra le parti a carico del padre (Euro 150,00 mensili, oltre il 50% delle spese straordinarie, mediche, sportive, parascolastiche previamente concordate e documentate).

Avverso questo decreto il R. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi e notificato il 26.11.2010 alla S., che ha resistito con controricorso notificato il 7.1.2011. Entrambe le parti hanno depositato memoria.


Motivi della decisione

Preliminarmente va ritenuta l'irricevibilità degli atti che la S. ha allegato alla memoria, estranei all'ambito di quelli di cui è consentito il deposito in questa sede (art. 372 c.p.c.); a tale rilievo consegue anche l'assorbimento dell'eccezione svolta dalla medesima parte, d'inammissibilità del ricorso per rinuncia implicita del R.. A sostegno del ricorso il R. denunzia:

1. "Violazione e falsa applicazione dell'art. 155 c.c., commi 1, 2, 3 (come sostituito dalla L. 8 febbraio 2006, n. 54, art. 1, comma 1)".

Sostiene:

- che sono stati del tutto disattesi i principi interpretativi del nuovo art. 155 c.c.;

che l'affidamento ad uno solo dei genitori può essere disposto solo quando il giudice ritenga, con provvedimento motivato, che l'affidamento all'altro sia contrario all'interesse del minore, risultando nei confronti del genitore escluso una sua condizione di manifesta carenza o di inidoneità educativa e comunque tale da rendere quell'affidamento in concreto pregiudizievole per il minore;

deve trattarsi quindi di una condizione specifica e negativa del genitore escluso: la sola conflittualità tra i genitori, condizione questa che riguarda entrambi, non può tradursi in giudizio di inidoneità di uno dei due e quindi non può certo fornire utili indicazioni sul genitore da scegliere... tra i due litiganti; ciò tanto più quando siano stati espressi pareri pressochè uguali sulla idoneità di ciascun genitore;

che l'affidamento esclusivo darà veste di legittimità a immancabili atti di prevaricazione del genitore affidatario legittimato all'esercizio esclusivo della potestà genitoriale, sicchè finirà con l'accrescersi e potrà, questa volta sì, divenire irreversibile la conflittualità con gravissimo pregiudizio per il minore sul quale inevitabilmente ricadranno le conseguenze;

- che a lui non si rimprovera alcunchè rispetto all'idoneità allo svolgimento delle funzioni genitoriali;

2. "Violazione dell'art. 155 sexies, comma 2".

Si duole che la Corte,, abbia illegittimamente escluso l'affido condiviso e disposto l'affido esclusivo della figlia alla S., senza avvalersi della possibilità di rinviare la decisione per tentare una mediazione, come previsto dall'art. 155 sexies c.c., comma 2, e ciò nonostante il consenso da lui formalmente dato ed il fatto che il CTU, proprio in relazione alle condizioni psichiche di G., pregiudicate dalla mancanza di comunicazione tra i genitori, avesse testualmente affermato la fondamentalità di un percorso di mediazione familiare. Il primo motivo del ricorso non è fondato.

In tema di separazione personale, la regola prioritaria dell'affidamento condiviso dei figli ad entrambi i genitori, prevista dall'art. 155 cod. civ., è, ai sensi dell'art. 155 bis c.c., comma 1, derogabile solo ove la sua applicazione risulti contraria all'interesse del minore, interesse che costituisce esclusivo criterio di valutazione in rapporto alle diverse e specifiche connotazioni dei singoli casi dedotti in sede giudiziaria.

La mera conflittualità esistente tra i coniugi, che spesso connota i procedimenti separatizi, non preclude il ricorso a tale regime preferenziale solo se si mantenga nei limiti di un tollerabile disagio per la prole; assume, invece, connotati ostativi alla relativa applicazione ove si esprima in forme atte ad alterare e a porre in serio pericolo l'equilibrio e lo sviluppo psicofisico dei figli e, dunque, tali da pregiudicare il loro superiore interesse.

Nella specie, i giudici d'appello, nel procedimento di modifica delle condizioni della separazione personale delle parti, hanno argomentatamente sostituito il regime di affidamento condiviso della figlia delle parti con quello di affidamento esclusivo della minore alla madre, attenendosi al dettato normativo, ineccepibilmente inteso alla luce delle regole e dei principi in precedenza evidenziati.

Hanno in particolare rilevato che dall'espletata istruttoria, e segnatamente dall'esito della CTU, era emerso che l'affidamento condiviso si era dimostrato nocivo alla minore e possibile fonte di future patologie per la stessa, in quanto generante ansia, confusione e tensione, e, dunque, irreprensibilmente concluso per la sussistenza di condizioni pregiudizievoli al suo interesse, atte a legittimare l'avversata decisione, chiarendo anche le ragioni, rimaste incontestate, per l'affidamento della figlia alla madre.

Del pari privo di pregio si rivela il secondo motivo di ricorso, inerente al mancato esercizio da parte dei giudici di merito, del potere, previsto dall'art. 155 sexies c.c., comma 2, di rinviare la decisione per consentire ai coniugi di tentare una mediazione finalizzata al raggiungimento di un accordo. La questione involta dalla censura non risulta prospettata e dibattuta nelle fasi di merito, sicchè ne è precluso il primo esame in questa sede; in ogni caso la citata norma attribuisce al giudice un potere discrezionale esercitabile per ragioni di opportunità, ragioni la cui ricorrenza risulta nella specie evidentemente esclusa dalla rilevata urgenza di provvedere per evitare anche che, nelle more del ristabilimento del dialogo genitoriale, la minore potesse subire ulteriori danni.

Conclusivamente il ricorso deve essere respinto, con condanna del soccombente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il R. a rimborsare alla S. le spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 2.500,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge. Ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, comma 5, in caso di diffusione della presente sentenza si devono omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.

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