La Corte di Cassazione con la sentenza n. 763/2017 chiarisce in quale caso non opera la prescrizione presuntiva per i compensi degli avvocati.
Venerdi 20 Gennaio 2017 |
Un avvocato otteneva dal Giudice di pace un decreto ingiuntivo per l'importo di euro 4.420,60 quale compenso per l' attività di patrocinio prestata nei confronti di un Ente nell'ambito di una controversia civile; l'Ente proponeva opposizione a D.I. eccependo la intervenuta prescrizione presuntiva triennale del credito.
Il GdP revocava il decreto ed accoglieva i parte la domanda, rideterminando il credito in € 2.807,39 oltre accessori e spese di lite: il Gdp evidenziava l'esistenza in atti di una nota protocollata dell'Ente intimato, sottoscritta dal presidente, che menzionava l'esistenza del credito: tale nota doveva essere qualificata come riconoscimento del debito, da cui doveva farsi decorrere la prescrizione ordinaria decennale, non ancora maturata.
Peraltro, per il GdP tale nota costituiva prova del fatto che il compenso non era stato ancora pagato, e ciò ostava alla proponibilità. dell'eccezione di prescrizione presuntiva eccepita dall'attore opponente.
L'Ente proponeva appello avanti al Tribunale, che, in totale riforma della sentenza di primo grado, accoglieva l'opposizione e revocava il decreto ingiuntivo; per il Tribunale, infatti
- l'art. 2959 c.c. dispone che l'eccezione di prescrizione presuntiva deve essere rigettata quando colui che la propone ammette in giudizio che l'obbligazione non è stata estinta;
- tale circostanza non si è verificata nel caso di specie, posto che la mancata allegazione dell'avvenuto pagamento da parte dell’Ente non ha alcun rilievo rispetto alla proposta eccezione di prescrizione;
- peraltro, la nota dell'Ente non riveste i caratteri del riconoscimento di debito, sottolineando che non vi è prova che la stessa si riferisca alla vicenda di cui è causa ed alla prestazione svolta con riferimento proprio all'incarico in ragione del quale il pagamento è stato richiesto.
Il legale propone quindi ricorso per Cassazione, deducendo violazione degli artt. 2956 e 2959 c.c.: il Tribunale infatti ha errato nel ritenere applicabile la prescrizione presuntiva di cui all'art. 2956, n. 2), c.c.poiché l'Ente - obbligato peraltro a emettere quietanza- avendo contestato anche l'ammontare dell'importo preteso, avrebbe nella sostanza ammesso che l'obbligazione non era stata estinta.
La Cassazione rigetta il ricorso del legale, ritenendo infondati i motivi di doglianza: sul punto precisa che:
- le prescrizioni presuntive, trovando ragione unicamente nei rapporti che si svolgono senza formalità, dove il pagamento suole avvenire senza dilazione, non operano se il credito trae origine da contratto stipulato in forma scritta;
- delle stesse, comunque, si può avvalere anche un soggetto obbligato a tenere le scritture contabili, non interferendo tale disciplina con quella dei requisiti di forma dei contratti;
- nel caso di specie non sussiste un contratto di mandato in forma scritta, né tantomeno vi era un obbligo di concluderlo in tale forma, avendo l'Ente natura di persona giuridica privata;
- correttamente il Tribunale ha ritenuto pienamente applicabile la disciplina della prescrizione presuntiva, non ostandovi la circostanza che il predetto ente morale sia tenuto a depositare un proprio bilancio.