Separazione e divorzio: il rito camerale in appello e nuovi mezzi di prova.

Il rito camerale previsto per l'appello avverso le sentenze di divorzio e di separazione personale esclude la piena applicabilita' delle norme che regolano il processo ordinario.

In tal senso si è espressa la Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 27234 del 30 novembre 2020.

Mercoledi 2 Dicembre 2020

Il caso:La Corte d'appello di Firenze riformava parzialmente la decisione di primo grado, che aveva dichiarato lo scioglimento del matrimonio, contratto tra i coniugi Mevio e Caia, fissando un assegno a favore della moglie, a carico del marito, di Euro 200,00 mensili, in considerazione della natura alimentare dello stesso e delle diverse condizioni reddituali e patrimoniali degli ex coniugi.

I giudici di appello, nel revocare l'assegno divorzile in favore della ex moglie, per quanto riguarda la situazione economica della stessa, osservavano che:

a) Caia ha meno anni di quelli indicati erroneamente dal Tribunale, con conseguente piu' significativa capacita' ed energia lavorativa;

b) ha svolto in passato diverse attivita' lavorative presso vari esercizi commerciali, inizialmente non dichiarate e poi ammesse dalla stessa, e non ha prodotto le relative buste paga, malgrado ordine del giudice, con conseguente sua non credibilita' in punto della dedotta condizione di disoccupata;

c) dispone di un suo patrimonio immobiliare, essendo proprietaria di un appartamento, non inabitabile come dalla stessa affermato, nonche' della quota di un terzo di due immobili ;

d) risulterebbe convivere con altro uomo.

Di conseguenza, ad avviso della Corte distrettuale, sussisteva un sostanziale "equilibrio" tra la condizione patrimoniale e la capacita' di reddito della moglie e quelle del marito, con conseguente non debenza dell'assegno di divorzio a favore della prima.

Caia ricorre in Cassazione, lamentando:

- la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, articoli 2702 c.c. e segg. e articolo 257 bis c.p.c., avendo la Corte d'appello basato la decisione su documenti nuovi, prodotti da Mevio solo in appello (un rapporto di indagine di un Istituto di Investigazioni e Ricerche del maggio 2015) tempestivamente contestati dalla ricorrente;

- la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, dell'articolo 345 c.p.c., dovendo ritenersi inammissibili i documenti nuovi prodotti dall'appellante.

Per gli Ermellini le censure sono infondate: sul punto la Corte osserva che:

a) il rito camerale previsto per l'appello avverso le sentenze di divorzio e di separazione personale, essendo caratterizzato dalla sommarieta' della cognizione e dalla semplicita' delle forme, esclude la piena applicabilita' delle norme che regolano il processo ordinario;

b) viene quindi ritenuta ammissibile anche una produzione documentale al di fuori degli stretti limiti dettati dall'articolo 345 c.p.c., purche' sia garantito il diritto dell'altra parte ad interloquire sulla tardiva produzione documentale e quindi il principio del contraddittorio;

c) nel caso in esame, Caia ha potuto ampiamente controdedurre alla produzione documentale nel corso del giudizio di appello; inoltre, la documentazione prodotta da Mevio atteneva anche a fatti maturati dopo la pronuncia di primo grado, con conseguente ammissibilita' della prova documentale anche sotto tale profilo.

Viene quindi enunciato il seguente principio di diritto: "Nel giudizio divorzile in appello, che si svolge, ai sensi della L. n. 898 del 1970, articolo 4, comma 15, secondo il rito camerale, di per se' caratterizzato dalla sommarieta' della cognizione e dalla semplicita' delle forme, va esclusa la piena applicabilita' delle norme che regolano il processo ordinario ed e' quindi ammissibile l'acquisizione di nuovi mezzi di prova, in specie documenti, a condizione che sia assicurato un pieno e completo contraddittorio tra le parti".

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