Con l’ordinanza n. 2764/2020, pubblicata il 6 febbraio 2020, la Corte di Cassazione si è pronunciata sui casi in cui è ammissibile la produzione nel giudizio di appello di nuovi documenti, ribadendo il seguente principio di diritto: "Nel giudizio di appello, la nuova formulazione dell'art. 345 c.p.c., comma 3, quale risulta dalla novella di cui al D.L. n. 83 del 2012, convertito con modificazioni con la L. n. 134 del 2012, applicabile nel caso in cui la sentenza conclusiva del giudizio di primo grado sia stata pubblicata dal giorno 11 settembre 2012 in poi - pone il divieto assoluto di ammissione di nuovi mezzi di prova e di produzione di nuovi documenti, a prescindere dalla circostanza che abbiano o meno quel carattere di "indispensabilità" che, invece, costituiva criterio selettivo nella versione precedente della medesima nonna, fatto comunque salvo che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile".
IL CASO: Nella vicenda esaminata dalla Suprema Corte, una società proponeva opposizione avverso un decreto ingiuntivo emesso sulla scorta di alcune fatture. L’opposizione veniva rigettata dal Tribunale e la sentenza di primo grado veniva confermata dalla Corte di Appello in sede di gravame.
Quest’ultima non aveva ammesso l’acquisizione nel giudizio di una quietanza di pagamento che l’opponente aveva prodotto.
Avverso la sentenza di appello veniva, pertanto, interposto ricorso per Cassazione da parte della società opponente la quale deduceva la violazione e la falsa applicazione dell'art. 345 c.p.c., nonchè dei principi del giusto processo, evidenziando che la Corte di Appello, non ammettendo nel giudizio davanti a se l'acquisizione della quietanza di pagamento, che era stata rinvenuta successivamente al giudizio di primo grado a seguito di ristrutturazione dei locali della suddetta società, aveva omesso di ricercare la verità sostanziale, ai sensi dell'art. 111 Cost..
LA DECISIONE: Con l’ordinanza in commento, la Corte di Cassazione, ribadendo il suddetto principio di diritto, ha rigettato il ricorso, evidenziando che:
Con la modifica del testo dell’art. 345 c.p.c., comma 3, che ha soppresso nel testo precedente le parole "(...salvo) che il collegio non li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa ovvero...", è venuta meno l'ipotesi della indispensabilità della prova e l'unico caso in cui la produzione documentale in appello è tuttora ammissibile è costituito da una "causa non imputabile" alla parte, ossia dal caso fortuito o dalla forza maggiore, di cui deve esserne fornita la prova;
La nuova previsione dell’art. 345 c.p.c., comma 3, appare sintonica con l'accentuazione della natura del giudizio d'appello come mera revisio prioris instantiae anzichè come iudicium novum, che sta alla base della coeva riforma dell'art. 342 c.p.c.;
la naturale propensione del processo all'accertamento della verità dei fatti va coniugata con il regime delle preclusioni, che sono numerose nel rito civile;
pertanto, la soppressione dell'ipotesi della "prova indispensabile", quale eccezione al divieto della produzione documentale in appello, si traduce semplicemente nell'accentuazione dell'onere, già certamente immanente, di tempestiva attivazione del convenuto, in attuazione di un principio di lealtà processuale che impone di dedurre immediatamente tutte le possibili difese.