Ho sempre sostenuto che l’art. 2052 c.c. pur apparentemente chiaro, nasconde non poche insidie.
Lo dimostra la vicenda decisa dal Tribunale di Cuneo con la sentenza n.534/2021. Tizia recandosi presso un certo centro cinofilo per riprendere il proprio cane (Bingo, nome di fantasia) affidato sin dalla mattina a Caio, educatore-addestratore cinofilo, viene azzannata al polpaccio da un cane meticcio (Zorro, pure nome di fantasia), di proprietà di Sempronio, cane che si trovava, insieme al suo compagno umano, all’interno del recinto di lavoro, ovviamente libero e privo di museruola e guinzaglio.
Riportando lesioni importanti, Tizia cita in giudizio Caio (ai sensi dell’art. 2043 cc) e Sempronio ex art. 2052 cc.. Il primo perché negligente e imprudente nella gestione dell’animale Zorro; il secondo quale proprietario proprio di Zorro. E’ necessario, per comprendere il fatto, contestualizzarlo. Secondo le ricostruzioni emerse dai testimoni escussi, Tizia entra nel recinto dove vi sono liberi altri cani e alcuni tra i loro proprietari. I cani stavano socializzando correndo all’interno dello spazio recintato. Caio, l’educatore, va incontro a Tizia e i cani presenti all’interno del recinto iniziano ad essere più agitati. I rispettivi proprietari cercano di interagire ciascuno con il proprio cane nel tentativo di calmarlo. Improvvisamente avviene l’aggressione da parte di Zorro in danno di Tizia.
Per il Tribunale la domanda risarcitoria di Tizia è fondata. Quel che qui interessa è analizzare su quale presupposto giuridico. Che è, per il giudicante piemontese, quello della responsabilità per danno cagionato da animale, prevista dall'art. 2052 c.c.. Che ricordo essere una responsabilità oggettiva, fondata sulla mera relazione di proprietà o di uso intercorrente con l’animale e sul nesso di causalità fra l’azione dell'animale e l’evento lesivo, “prescindendosi dalla verifica di un coefficiente di imputazione soggettiva di tipo doloso o colposo in capo all'autore dell’illecito". Responsabili sono in via alternativa (e non concorrente) il proprietario o chi “si serve dell’animale”.
A dir del Tribunale Caio nello svolgimento della sua attività di educatore cinofilo diviene utilizzatore del cane di proprietà di Sempronio poiché dal momento in cui il cane gli è stato affidato, il dovere di controllo e di vigilanza dell’animale è stato trasferito dal proprietario del cane interamente in capo all’educatore il quale lo gestisce in modo indipendente ed in funzione del perseguimento di un interesse proprio (fine di lucro), del tutto distinto rispetto a quello del proprietario verso il quale alcun addebito può essere mosso.
Per il Tribunale l’aggressione a Tizia è riconducibile unicamente a Caio (educatore cinofilo) posto che l'animale danneggiante (Zorro) si trovava sotto il suo governo al momento del fatto, senza necessità di indagare l’esistenza di eventuali profili di negligenza/imperizia. E l’educatore cinofilo non avrebbe fornito alcuna prova in ordine alla ricorrenza, nel caso di specie, di un caso fortuito, limitandosi ad eccepire genericamente l’esclusiva responsabilità del proprietario del cane (Sempronio) e che Tizia avvicinandosi agli animali sarebbe venuta volontariamente e consapevolmente a trovarsi in una situazione per essa pericolosa.
Un cenno al tema danni subiti da Tizia.
Con riferimento ai danni non patrimoniali la CTU conferma esiti cicatriziali conseguenti al morso; modeste ripercussioni funzionali all’arto inferiore destro, disturbi di natura psichiatrica caratterizzati da un transitorio disturbo post traumatico da stress durato circa sei mesi e da un disturbo dell’adattamento a carattere persistente, da cui sono derivati esiti invalidanti permanenti quantificabili, in termini di danno biologico (comprensivo del danno fisico, estetico e psichico), in misura del 14-15% (quattordici-quindici per cento).
La liquidazione di tali danni non patrimoniali secondo le tabelle milanesi porta a riconoscere a Tizia la somma di € 40.662,00 oltre a € 5.940,00 per il periodo di invalidità temporanea. Quanto alla richiesta personalizzazione il Tribunale ritiene che Tizia non abbia dimostrato di aver subito un pregiudizio in termini relazionali e di sofferenza soggettiva superiore a quello normalmente scaturente in casi analoghi. Un cenno alla domanda di manleva dell’educatore in confronti della propria compagnia di assicurazione, che viene accolta.