Una sentenza particolarmente interessante quella del Tribunale di Torino, n. 4543 del 2021. Per il contesto e le modalità di svolgimento affatto rare.
Mercoledi 26 Febbraio 2025 |
Tizia e Caia conducono congiuntamente in locazione una abitazione indipendente a due piani, circondata da ampio terreno recintato. Sempre Tizia e Caia condividono una forte passione per i cani declinato in particolare nell’impegno di entrambe per il salvataggio e l’affido degli animali abbandonati, smarriti, maltrattati.
Questa amicizia si incrina a causa di un’aggressione mortale da parte di un cane di Caia in danno di un cane di Tizia, che pure viene aggredita.
Tizia appellandosi all’art.2052 c.c. chiede la rifusione dei danni conseguenti ai morsi ricevuti dal cane di Caia, individuato in un pittbull e dalla stessa Tizia nel mentre tentava di sottrarre la propria cagnolina (poi deceduta) all’aggressione.
Caia ritiene invece che l’aggressione sia dipesa da una condotta colposa di Tizia che non solo avrebbe insistito per trasferirsi subito insieme alla convenuta nella villetta senza però intraprendere un percorso di graduale inserimento degli animali, ma avrebbe disatteso (la sera dell’aggressione) il consiglio di evitare l’incontro dei due gruppi di cani in giardino posto che tra i cani era in atto “un’antica disputa” per aggiudicarsi il possesso di un osso.
Si svolge dunque un processo civile avanti il Tribunale di Torino dove viene accertato che effettivamente l’aggressione ai danni di Tizia e di una sua cagnolina vi sia stata. Quello che difettava, quello cioè che mancava, era l’individuazione della identità del cane o dei cani responsabili dell’aggressione e quindi anche delle lesioni. Incerta appariva la riferibilità all’una o altra parte della decisione di liberare tutti i sette cani insieme in cortile.
Si evidenzia come fossero note prima del sinistro avvisaglie di difficoltà relazionali tra i cani dei due “branchi” come anche di un episodio di aggressività con gli umani.
Tutte queste condizioni porta al rigetto da parte del Tribunale della domanda di Tizia dal momento che non era stata raggiunta la prova che il cane responsabile dell’aggressione fosse il pitbull indicato da Tizia o comunque altro cane riconducibile a Caia. Infatti, si legge in sentenza, la sera del fatto Tizia e Caia erano sole in casa. Non vi sono testimoni che abbiano assistito all’aggressione dei cani ai danni di Tizia e della sua cagnolina.
Al momento dell’incidente nel cortile erano liberi sei cani di media-grossa taglia appartenenti a due distinti “branchi” non compatibili tra loro e tutti potenziali autori dell’aggressione. Va poi considerato che i morsi furono inferti a Tizia mentre quest’ultima tentava di difendere la sua cagnolina dall’aggressione dei cani, situazione che notoriamente espone il paciere al rischio del “morso amico”. Non solo. Tizia nell’immediatezza del fatto dichiara ai sanitari del P.S. di avere subito “aggressione da parte di cane randagio”. Perché non intendeva “incriminare” ed esporre a potenziale rischio di soppressione uno o più cani dei due “branchi” o forse perché non era sicura dell’identità del cane responsabile delle morsicature patite?
Va sottolineato, e di tanto occorrerebbe che chi ne avesse interesse ne facesse tesoro, quanto conclude il Tribunale che, rigettata la domanda di Tizia: chiosa scrivendo che le lesioni da morsicatura effettivamente patite da Tizia in situazione confusa e concitata (ad alto tasso emozionale) sono maturate in un contesto di custodia condivisa degli animali e sono frutto di reciproci errori di valutazione sulla compatibilità dei due “branchi” e sulle capacità delle parti di gestirne le relative problematiche.
Parole sante.