Dog-sitter aggredito dal cane che accudisce: la responsabilità del proprietario

Martedi 4 Febbraio 2025

Tizio -iscritto ad un corso per educatore/addestratore cinofilo- lavora come dog-sitter dei due cani di razza rottweiler di proprietà di Caio. Ogni giorno, dopo la pausa pranzo, si reca presso l’abitazione di Caio (avendone le chiavi) per dar da mangiare ai due cani e accompagnarli fuori per i bisogni.

Succede che Tizio viene aggredito proprio da uno dei due cani che doveva accudire. Chiede il risarcimento dei danni subiti a causa dell’aggressione a Caio il quale, condannato in primo grado dal Tribunale, ricorre in appello.

Non pochi gli spunti in diritto degni di evidenza.

Secondo la prospettiva di Caio, il dog setter sarebbe utilizzatore e quindi unico responsabile dei danni provocati dal cane utilizzato. Di contro si oppone il fatto che Tizio non gestiva autonomamente e in vista del perseguimento di un interesse proprio il cane di proprietà di Caio. E dunque, secondo tale prospettazione, la responsabilità era ascrivibile ex art. 2052 c.c. in capo a Caio in base alla relazione di proprietà esistente fra il medesimo e l'animale.

Sempre secondo la prospettiva di Caio il dog sitter, in quanto esperto di animali e frequentatore di corsi per l'addestramento, avrebbe dovuto percepire e valutare con maggior cognizione di causa il comportamento del cane nella immediatezza dell'aggressione (in particolare un riferito atteggiamento indisponente del cane rilevato dallo stesso Tizio nella giornata dell'aggressione e precedentemente alla stessa).

Vediamo come la Corte di appello milanese si approccia alla vicenda.

Primo. Una mera condotta colposa della vittima non integra il caso fortuito laddove la condotta non presenti caratteri di imprevedibilità ed eccezionalità tali da interrompere il nesso causale tra il fatto dell'animale e il danno, così da degradare la condizione della cosa al rango di mera occasione dell'evento. Caso fortuito il cui onere è, ricordiamolo, sulle spalle del danneggiante Caio.

Secondo. L'aggressione di cui è causa -mai contestata da Caio in primo grado e in appello - è stata pacificamente cagionata dal rottweiler di Caio proprietario dell'animale e come tale responsabile ex art. 2052.

Terzo. Tizio si trovava all'interno dell'abitazione di Caio autorizzato dal medesimo. Uno dei due cani gli avvicinava lentamente come per essere accarezzato e repentinamente -e senza che fosse possibile porre qualsiasi rimedio o riparo alla sua azione- saltava letteralmente addosso al dog sitter. Ebbene tale circostanza non può leggersi come concorso di colpa dello stesso dog sitter secondo l’asserito comportamento anomalo del cane che -a dire di Caio -avrebbe dovuto mettere in allarme Tizio proprio perché dog sitter.

Ci dice la Corte che in primo luogo il comportamento insofferente dell'animale non è stato provato da chi ne aveva l’onere (Caio). In secondo luogo non appare ragionevole pensare che la vittima potesse prevedere un atteggiamento dell'animale repentino e quindi di per sé imprevedibile. Tizio all’epoca dell’aggressione non poteva considerarsi esperto educatore/addestratore cinofilo essendo iscritto ad un corso frequentato alcune lezioni e interrotto proprio a seguito dell'aggressione. Ergo non solo non può riscontrarsi nel comportamento di Tizio un fatto tale da interrompere il nesso di causalità (caso fortuito) ma non si può neppure ipotizzare una concausa rilevante ex art. 1227.

La Corte di Appello di Milano conferma la sentenza di primo grado (sentenza n. 130/2023).

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