Il danno non patrimoniale per perdita dell'animale d'affezione

Mi rendo perfettamente conto che qualificare una sentenza come meravigliosa potrebbe essere considerata una terminologia atecnica e agiuridica. Ma il Tribunale di Prato più chiaro e illuminante non poteva essere verso un tema, quello del danno non patrimoniale per perdita dell’animale d’affezione, che merita il rispetto che il giudice toscano ha evidenziato. La sentenza è la n.51 del 25 gennaio 2025.

Mercoledi 12 Febbraio 2025

Esiste un prima e un dopo. Il prima è la vita trascorsa insieme ad un animale. Il dopo è la nostra vita senza più quell’animale. Quando il dopo arriva porta dolore, sofferenza, patimento, turbamento. Stati d’animo che ciascuno vivrà da solo, senza poterli condividere con qualcuno che non sia uno stretto familiare, finanche con la paura di condividerli, di non essere capito, di essere giudicato. Anche giuridicamente. Un animale d’affezione è ormai da tutti considerato parte della famiglia in cui trascorre la sua esistenza.

Perchè mai la morte di un animale non dovrebbe avere anche conseguenze giuridicamente valutabili considerato il ruolo fondamentale che l’animale ha avuto nella vita di una certa famiglia o di una determinata persona? Rivendichiamo benessere e tutela in vita per gli animali, la loro dignità, la loro senzienza, il loro essere protagonisti della vita e durante la vita (la loro e la nostra) ma siamo incapaci di attribuire un valore alla loro morte. Lo è stato, capace, il Tribunale di Prato. In una triste vicenda che ha visto sfortunato protagonista una cucciola di Samoiedo morta all’interno di una pensione dove era stata collocata per una breve vacanza della sua famiglia umana.

La famiglia della cagnolina cita in giudizio i ritenuti responsabili domandando sia i danni patrimoniali che quelli non patrimoniali. In particolare viene lamentata la perdita dell’animale d’affezione quale violazione del diritto inviolabile ex art. 2 Cost. al rapporto uomo/animale, che costituisce un’attività realizzatrice della persona umana. E viene domandato che nella liquidazione del danno non patrimoniale si tenga conto delle circostanze dell’evento e del fatto che la cagnolina avesse manifestato malessere da giorni senza essere stata assistita; anzi era stata lasciata morire sola, dopo giorni di sofferenza, senza che alla stessa fossero stati garantiti alcuna cura o intervento veterinario, nella più palese e terribile indifferenza dei convenuti e del profondo legame affettivo con tutti i familiari.

Per motivi di brevità e anche di opportunità sorvolo sugli aspetti del danno patrimoniale come richiesto e come liquidato. Mi limito a ricordare che la figura contrattuale richiamata è quella del deposito con i rispettivi carichi probatori divisi tra depositante e depositario. Soddisfatti dal primo e non dal secondo nella vicenda in commento. Viene infatti riconosciuta una responsabilità contrattuale in capo alla pensione.

Mi soffermo invece sulla riconosciuta responsabilità extracontrattuale emersa in base al quadro fattuale delineatosi in istruttoria. In base alla regola probatoria tipica della causalità civile del «più probabile che non» è stato considerato provato il nesso causale tra la condotta del “depositario” e l’evento dannoso: la cagnolina stava bene quando è stata consegnata al convenuto e siccome quest’ultimo si era chiaramente accorto che quella appariva visibilmente sofferente, si può presumere che un tempestivo intervento, con idonee cure veterinarie, ne avrebbe evitato la morte, avvenuta, presumibilmente, per disidratazione.

Di seguito mi permetto riassumere i passaggi più significativi di questa preziosa sentenza che sorvola su almeno quindici e forse più anni di assoluta incomprensione del danno non patrimoniale per la perdita o lesione dell’animale d’affezione. Il Tribunale di Prato, ancora una volta richiama (sono citati in sentenza i precedenti illuminati) il principio per cui tale perdita possa determinare la lesione di un interesse della persona alla conservazione della propria sfera relazionale-affettiva, costituzionalmente tutelata attraverso l’articolo 2 della nostra carta fondante costituendo il rapporto tra padrone e animale d’affezione occasione di completamento e sviluppo della personalità individuale. E dunque laddove allegato e provato anche nei necessari requisiti di gravità, il danno non patrimoniale da perdita o lesione dell'animale d'affezione può e deve essere risarcito.

Tutto ciò significa che il danneggiato ha l’onere di provare di avere subito un effettivo pregiudizio in termini di sofferenza patita in dipendenza della perdita dell'animale d’affezione che da sola non costituisce attribuzione del danno.

Tale onere nel caso scrutinato è stato assolto. Le fotografie allegate all’atto introduttivo del giudizio dimostrano che la cagnolina era considerata un membro della famiglia e come tale veniva trattata; giocava con i bambini degli attori ed era sempre presente nelle gite fuori porta finanche accolta nel letto dei genitori e dei di loro figli. L’esistenza di questo legame e le circostanze del decesso della cagnolina fanno presumere che da tale evento siano derivati a carico dei genitori prima (qui in parte di attori) e dei loro figli poi una forte sofferenza e un profondo patema d’animo.

Anche le iniziative assunte dopo la scoperta della morte della cagnolina (presentazione di una denuncia-querela a fini penali) dimostrano l’attaccamento della famiglia alla cagnolina e la forte sofferenza patita in conseguenza del tragico evento.

Non trova invece accoglimento -poichè non allegato- il richiesto danno alla salute, inteso come conseguenza di una lesione alla propria integrità psicofisica. Parimenti non accolta la c.t.u. medico-legale richiesta che sarebbe inammissibile perché esplorativa.

Degna di menzione ai fini della quantificazione del danno è l’età della cagnolina al momento del prematuro decesso. Circa 5 anni e 10 mesi rispetto alla notoria vita media dei cani (10/15 anni a seconda della taglia e della razza). Parimenti considerata l’età e il legame con la cagnolina da parte di ciascun attore (i due genitori -di cui uno proprietario della cagnolina - e i di loro figli dagli stessi rappresentati).

Tutto ciò premesso la proprietaria del cane s è vista riconoscere un danno non patrimoniale liquidato in via equitativa in € 6.000, 00. Il danno non patrimoniale degli altri attori (altro genitore e i due figli) può invece essere liquidato, equitativamente, in € 4.000, 00 per ciascuno.

La storia dell’evoluzione del danno non patrimoniale è una storia lunga, in continua evoluzione che complica non poco la vita a chi si occupa di questioni riferibili agli animali nelle aule di giustizia. Questa sentenza, come altre, rappresenta un passo avanti non sottovalutatile e degno di nota. Una luce offuscata dal fatto che tali pronunce rimangono livello di giudici di merito permanendo l’incertezza del punto di vista della e nella Cassazione. La verità, piaccia o non piaccia, è che oggi il diritto positivo oggi continua a dirci che gli animali sono cose e che nonostante la disciplina pubblicistica che appresta loro tutela, gli animali non sono titolari di diritti. Ecco allora che come accade nel gioco dell’oca, può capitare che quando si arrivi alla casella della Corte di Cassazione, ci si ritrovi in un solo colpo ricacciati indietro di qualche casella. Qualche volta finanche al via.

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